Capitolo ventitré

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Bakugou's pov

Ci vollero due giorni per finire di sistemare camera mia e di Kirishima. Non so se fu un caso o venne fatto di proposito, ma fummo messi in due stanze una di fianco all'altra. Ne ero ovviamente più che felice, ma ciò non aveva davvero importanza.
Kirishima era solito abitare da me, quindi in realtà una stanza bastava per due. Passava nell'altra solo quando aveva bisogno di studiare da solo, e ciò capitava raramente; di solito, tipo adesso, aveva bisogno del mio aiuto.

–Quindi– fece il ragazzo dai capelli rossi guardando il suo foglio di carta, per poi bloccarsi. Stava fissando una disequazione fratta di secondo grado e non sapeva più che fare.
Alzai gli occhi al cielo. Gli avevo spiegato le formule giusto dieci minuti prima.
–Metti a sistema– gli consigliai, senza alzare gli occhi dal mio quaderno. Avevo alti esercizi a cui prestare attenzione.
–Metti a che?– domandò, confuso.
–Nella parentesi quella grande. E poi ti fai i conti.
–Aaaaah!– ebbe tipo un'illuminazione. –Giusto! Sei un genio, Katsuki!
Questa volta, a bloccarmi fui io. Non mi aveva ancora mai chiamato per nome e basta, senza onorifici o altro.
Gli rivolsi uno sguardo sorpreso e mi accorsi che lui mi stava fissando; credo che aspettasse una mia reazione.
Gli rivolsi un mezzo sorriso. –Grazie, Eijiro.

*****

Quella sera, a cena, accadde qualcosa che mi diede fin troppo sui nervi: era finito il peperoncino.
–QUINDI IO SECONDO TE E LE ALTRE COMPARSE MI DEVO MANGIARE IL RISO AL CURRY NON PICCANTE– sbottai contro la tizia tutta rosa, facendole notare che razza di proposta indecente mi stesse facendo.
–MA NON È COLPA MIA SE L'HAI FINITO TU A PRANZO!– e mi indicò a dir poco scazzata, come se la mancanza del peperoncino dipendesse solo da me.
–E PERCHÉ NESSUNO L'HA COMPRATO?!– mi rivolsi invece al gruppo classe; la metà di loro sembrò voler scappare e l'altra voler tirarmi un pugno.
–FORSE PERCHÉ LO MANGI SOLAMENTE TU?!– rispose un Deku fin troppo alterato. –NON SIAMO TUA MADRE, KACCHAN, PENSA A TE STESSO DA SOLO E NON ROMPERE!

Mi alzai in piedi, pronto a picchiarlo, ma la mano di Kirishima mi afferrò il polso e mi ritirò verso il basso.
–Non ne vale la pena– mi disse, cercando di calmarmi. –Domani lo compro io, okay?
Alzai gli occhi al cielo. –Va bene– sbottai, per poi rassegnarmi a mangiare il mio povero riso per nulla piccante.
–Però più tardi gliene dico quattro, a quel nerd di merda– dichiarai circa sei secondi dopo, dato che ovviamente far sbollire la mia rabbia era circa impossibile.
–Ma non è il tuo migliore amico?– obiettò Eijiro.
–Resta comunque un nerd di merda che userei volentieri come sacco da boxe– risposi. –E che magari poi si spezza.
–Guarda che ti sento, Kacchan– aggiunse Deku, seduto di fronte a me.
–Bakugou-kun, se fai male a Izuku io ti farò andare in ibernazione– il bastardo a metà si aggiunse alla conversazione, minacciandoli con calma. –Evita.
–Oh, non ti permettere– lo riprese Kirishima, lanciandogli un'occhiataccia. –Non è che perché sei alto, ricco, stra-figo e famoso allora hai il diritto di fare qualcosa a Katsuki!
–Ah, com'è 'sto fatto?!– dissi io. –A lui dici che è stra-figo e a me mai niente?!
–Senti– Deku partì in quarta. –È già la seconda volta che fai complimenti al mio ragazzo. Vedi di finirla che alla terza ti arriva un ceffone.

Tutta la classe si voltò verso di noi, sconvolta.
–E tu da quando dici cose così cattive, Midoriya?– domandò la versione umanoide di Pikachu, una mano portata sul petto a mo' di diva. Solo allora notai che si era portato dietro il fidanzatino, ed anche quella specie di zombie viola ci fissava confuso.
–Infatti...– la tipa che andava dietro a Deku era ugualmente sconvolta ed aveva gli occhi spalancati.
–Da quando c'è bisogno–il nerd mi sembrò a disagio, ma non si tirò indietro. –Voglio dire, Kacchan è mio amico ma deve imparare che il rispetto...
Non lo ascoltai, ma notai che dopo ogni parola diventava sempre più rosso. Si era voltato verso di me, ma ero così impegnato ad ignorarlo che non gli prestai la minima attenzione.
–Parla, parla, che da broccolo stai diventando una fragola– gli dissi, probabilmente interrompendo un discorso al quale avrei dovuto prestare attenzione.

Deku mi sembrò sull'orlo di una crisi isterica. –Kaminari– disse al compagno seduto al suo fianco. –Kaminari, ti prego, digli qualcosa.
–Emh...– nemmeno il biondino probabilmente aveva seguito il discorso. –Toshi..? Hai idee?
–Non stavo ascoltando ma sono in fortissimo disaccordo– garantì quello con una certa nonchalance. –Però è vero che nel riso serviva qualcosa di piccante.
–VISTO?!– feci io, soddisfatto.
Merdeku, Todoricco, Kirishima e il resto della classe si schiaffeggiò la faccia. La presi come una vittoria.

Durante la nostra discussione, qualcuno bussò alla porta, non consentendo più a nessuno di ribattere né sul tema peperoncino né su ogni altra tematica che stesse trattando Deku senza essere cagati da nessuno.
Yaoyoppai si alzò da tavola ed andò ad aprire; si trattava di Aizawa sensei, il quale fece capolino dall'ingresso.
Era lo stesso di sempre; aveva la stessa aria da barbone depresso e probabilmente aveva appena finito di allenarsi. Con sé portava, stretti in mano, un fascio di fogli stampati così di recente che profumavano ancora d'inchiostro.
–In classe oggi ho dimenticato di dirvi che ci sono di nuovo i tirocini– spiegò stancamente. –C'è tutto scritto qui su questi fogli. Se avete domande, fatemele domani dopo aver letto e...– il suo sguardo si posò sul nostro intruso che probabilmente sarebbe diventato abituale. –...perché Shinsou è qua?
–Per cena– rispose il ragazzo di Kaminari. –Non posso?
Il sensei sembrò rifletterci. –No, non penso ci siano regole al riguardo.
Il tipo con le occhiaie alzò le spalle e lasciò perdere Aizawa, dedicando invece la sua attenzione alla sua porzione di riso.

So cosa ci state chiedendo, ed un po' ammetto che me lo sto domandando anche io. Bakugou, ma perché ce lo stai raccontando? Che c'è di interessante in questa cena?
E ammetto che avete ragione, è inutile, ma mi serviva per farvi capire meglio. Tra poco vi parlerò non tanto dei tirocini ma di ciò che venne subito dopo; ma prima, io e Kirishima abbiamo evidentemente un problemino su cui discutere.

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin