Capitolo trenta

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Bakugou's pov

Mi avvicinai ad uno dei tanti mocciosi problematici che c'erano in giro per la palestra. Era un nanetto dalla pelle scura e con i capelli blu, ed indossava la divisa della scuola elementare.
Se ne stava in disparte rispetto agli altri, non parlava con nessuno e stava tranquillamente giocando con un megazord di plastica. Gli muoveva gli arti e lo agitava in aria, presumibilmente simulando una qualche battaglia contro il cattivo di turno.
–Ehi cos-...– mi bloccai. Forse chiamarlo "coso" non era una grande idea, se la mia intenzione era farmelo amico. –Ehi ragazzino!– esclamai allora. –Che fai?
–Gioco– rispose lui, secco, senza alzare gli occhi dal suo giocattolo.

–Posso giocare con te?– chiesi allora, aspettandomi una risposta positiva.
–No– disse invece. –Levati, vecchiaccio.
Spalancai gli occhi, offeso. –Come mi hai chiamato?!
–Vecchiaccio!– ripeté il bambino, e poi mi fece la linguaccia.
–Piccolo stronzo..!– mormorai, prima di prenderlo per le spalle e girarlo verso di me per parlargli faccia a faccia. –Io ho solo sedici anni!
–E io cinque, vecchiaccio!
Ero lì lì per tirargli un pugno, ma sentii la mano di qualcuno prendere la mia e bloccarla. Alzai lo sguardo e vidi il bastardo a metà che mi fissava con un sopracciglio più inarcato dell'altro ed una bimbetta con due codini viola e gli occhi gialli sulle sue spalle.
–Ma che stai facendo?– domandò, sconvolto. –Picchi i bambini?
–No!– esclamai.
–Sì!– ribatté il moccioso che ce l'aveva con me, e solo allora mi ricordai che lo stavo ancora tenendo per la maglietta. –Ci stava provando!

Todocoso sospirò, per poi sbattersi una mano sulla fronte, disperato. La piccoletta che aveva dietro continuò a fissarmi senza dire niente. –Bakugou... chiedi scusa al bambino.
–Ha cominciato lui!– protestai, mollandolo così bruscamente che per poco non perse l'equilibrio. –Mi ha detto che sono vecchio.
–È un bambino, è normale che te lo dica!– sbottò il mio compagno di classe. –Chiedigli scusa.
–No.
–Chiedimi scusa, vecchiaccio!
I miei occhi erano già diventati due mezze lune, e mi sentii quasi più arrabbiato di quando quello là mi aveva lasciato vincere il torneo dello U.A.
Cosoroki mi tirò uno scappellotto, facendo attenzione a non far cadere la bambina dalla sua schiena. 
–Chiedi scusa.
Sbuffai. –Scusa, moccioso.
Il nano mi fece la linguaccia e se ne andò dai suoi amichetti.

Lo guardammo allontanarsi e sghignazzare insieme agli altri nani, ma all'ennesima smorfia rivolta a me mi voltai dall'altra parte e sospirai.
–Non sono cosa di stare con i bambini– sbottai, sedendomi a terra a gambe incrociate.
–Nemmeno io– disse l'altro ragazzo, seduto accanto a me. –Per ora sto simpatico solo a lei, e penso sia perché si è presa una cotta per me.
Guardai la bambina che teneva sulle spalle e le rivolsi un ghigno. –Mi dispiace piccoletta, il tuo amico è dell'altra sponda.
Lei non rispose e si nascose dietro la testa di Todoroki, lasciando visibili solo i codini e le braccine strette intorno al collo dell'aspirante eroe. Avevo come l'impressione che metà della mia classe avrebbe pagato per essere quella bambina, in quel momento.
–Le ho detto che sono impegnato ma non vuole mollarmi– disse il ragazzo.
–E certo, mica è scema– commentai senza pensare. Dopo aver realizzato che cosa avessi appena detto, mi sarei voluto tirare una testata da solo. Beh, Eijiro aveva il brutto vizio di fare battutine, ma nemmeno io scherzavo.
Todoroki comunque non sembrò farci caso, e cercò di parlare con la bambina e convincerla a farla scendere con scarsissimi risultati.

*****

Uscimmo da quel posto pieno di bambini solo di sera, dopo che i genitori di questi ultimi se li vennero a prendere e la mamma di quella fissata con il mio compagno di classe scollò la figlia dalla schiena del ragazzo.
Aizawa ci raggiunse, ma invece di riaccompagniarci ai dormitori della scuola ci disse di andare da soli perché lui aveva una qualche riunione di eroi a cui prendere urgentemente parte. Noi annuimmo, stanchi e stremati, e salimmo sul primo autobus che ci passò davanti, senza nemmeno controllare dove stessimo effettivamente andando.
Cinque minuti dopo, ripreso fiato e notato che la strada fuori dal finestrino non sembrava affatto quella giusta, tirai una gomitata al bastardo a metà.

–Coglionazzo– lo chiamai. –Dove cazzo stiamo andando esattamente?
Lui si trovava in uno stato di dormiveglia; sbatté gli occhi, guardò fuori e mormorò qualcosa che sembrava una mezza imprecazione. Stare con me probabilmente non gli faceva granché bene, dato che il suo linguaggio stava via via diventando sempre più volgare. Avevo l'impressione che fosse colpa mia, ma non me ne poteva fottere di meno.
–Non a scuola, direi– rispose.
–E dove?– dissi, vedendo che stavamo giungendo in zone della città dove praticamente non ero mai o quasi mai andato. –Qui abbiamo addirittura superato il fiume!
–Ah– fece lui. –Va be', stiamo finendo a casa mia praticamente. Ti va di cenare da me?
–Non è contro le regole?
–Sì, ma io sono raccomandato– rispose con un'alzata di spalle. –Mal che vada dico a mio padre di parlare con il prof.
–Tutto questo è veramente ingiusto– commentai a mo' di insulto.
–Lo so– rispose, per poi sbadigliare. –Ci stai?
Il mio stomaco brontolò. –Okay– accettai, e solo perché avevo fame.
–Avviso mia sorella– disse lui, poi cercò un numero in rubrica e avviò una telefonata.
–Io avviso Deku ed Eijiro, allora.
Mi fece segno di okay con la mano, e qui di scrissi due messaggi ai due ragazzi in questione.

La conversazione con Deku fu questa:

"Coso sto andando a casa del tuo ragazzo, dillo al resto della classe"

"Che cazzo ci stai andando a fare?"

Ridacchiai.

"Sei geloso?"

"Non sono geloso"
"Ma che devi andare a fare da Shouto adesso?"

"Ma saranno cazzi miei?"

"In realtà sono letteralmente cazzi miei, quindi parla"
"O ti strozzo"

Sbuffai divertito per quella battutaccia. Anche su di lui la mia influenza stava agendo alquanto male.

"Niente pirla, è vicino e abbiamo fame"
"Andiamo a cenare"

"Ah okay"
"Dillo subito la prossima volta..."

"Lmao no mi togli tutto il divertimento"

E poi quella con Kirishima:

"Ehi bellezza, dato che io e Todoapatico abbiamo fame stiamo andando a cenare a casa sua"

"Okay"
"Torni per la notte?"
"Ho voglia di fare una cosa"
*inserire sticker ammiccante*

"Se mi dici così tornerei anche se si mettesse a nevicare"
*inserire altro sticker ammiccante*
"Che vuoi fare?"

"Battaglia di cuscini!"
*inserire sticker con un gatto*

"-.-"
"Davvero?"

"Sì, che pensavi?"

"Una battaglia di spade laser, onestamente"

"Ahahahah ci starebbe, sono un grandissimo fan di Star Wars!"

Questo non aveva capito proprio niente dalla vita. Avevo voglia di rispondergli "E io di Bj Alex", ma ritenni che non fosse il caso.

"Ora scusami ma devo andare"
"Mi sta chiamando Fat"

Aggiunse, e poi comparì l'ultimo accesso sulla chat di WhatsApp.
In quel momento Todoroki finì di parlare al telefono con quella che presumibilmente era sua sorella e mi invitò a scendere dall'autobus.
–Siamo arrivati– disse, e poi mi trascinò giù.

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Siamo a 2k piango T.T

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ Kiribakuحيث تعيش القصص. اكتشف الآن