Capitolo ventinove

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TRANSIZIONE
*Tempo che per pigrizia non sono certa di sapere quanto sia ma nel dubbio facciamo forse circa più o meno due settimane dopo*

Kirishima's pov

–Tu sei troppo buono con i villain che arrestiamo, secondo me– mi disse Fat Gum, subito dopo aver catturato un tizio che aveva cercato di rapinare un negozio di bigiotteria. Eravamo saliti in macchina e lo stavamo trasportando verso la centrale di polizia più vicina. Il povero villain malcapitato era un tizio a cui sembravano essere capitate tutte le disgrazie del mondo, ma dato che non ero il protagonista di uno shonen non mi aveva raccontato tutta la storia della sua vita. Ma proprio dato perché aveva l'aria di essere un disgraziato, non riuscii a trattarlo male come molti altri eroi fanno con i villain.
–Tu dici?– domandai, incerto, rivolto sia all'eroe che mi aveva assunto come tirocinante che al tizio ammanettato seduto accanto a me. Mi faceva molta pena. Non sembrava cattivo, solo povero e disperato.
–Sì– disse Fat. –Decisamente.
Anche Amajiki senpai annuì con vigore, seppur senza dire una sola parola.
Il criminale imitò il mio senpai.
–Ma come mai? Dove sbaglio?– chiesi.
–Figliolo, quando mi hai ammanettato mi hai chiesto scusa– obiettò il villain in questione, seduto sul sedile di fianco a me. –In trent'anni non mi era ancora capitato, e sono stato arrestato almeno sette volte!
–Non vorrei farle covare rancore nei miei confronti– mi difesi. –Lei stava solo facendo il suo lavoro, ma il mio consiste nell'impedire a lei di svolgere le sue attività in pace.

–Rubare non è un lavoro, Riot!– mi richiamò un Fat Gum esasperatissimo, poco prima di girare a destra. –Te l'ho già detto!
–Per me sì– fece il villain, prendendola palesemente sul personale.
–Ma per lui sì– ripetei, rafforzando la mia teoria su me che come lavoro davo fastidio ai criminali. –Chi sono io per dirgli il contrario?
–Ma stai veramente dando corda al villain?– fece Fat Gum, sconvolto.
–Almeno non mi sta trattando di merda come al solito– sbottò quel tizio.
–In che senso scusa?– fece l'eroe.

Il suddetto villain alzò le spalle, fingendosi indispettito. –Se voi eroi faceste tutti come questo ragazzo forse farsi arrestare sarebbe un'esperienza più piacevole.
Indicai quell'uomo come a dargli ragione. –Sarebbe più piacevole!
–Ma che cazzo di ragionamento è?!– Fat Gum non sapeva più se ridere o piangere.
Amajiki senpai soffocò a stento una risata, ma non commentò. Da quando c'ero io, quel ragazzo se la stava spassando in una maniera assurda; non ero ancora certo se ridesse perché mi trovava simpatico o se perché gli sembrassi un coglione, ma in entrambi i casi si stava divertendo un mondo.

Mollammo il villain alla centrale di polizia non molto dopo quel discorso.
–Arrivederla!– gli dissi, ed il villain ricambiò il saluto con la mano mentre due agenti ci raggiungevano.
–Stammi bene, ragazzino!– mi augurò, per poi essere scortato dentro da quei due uomini in divisa. –Quando esco ruberò una pizza per te!
–Che villan ben educato!– commentai, commosso.
Fat Gum sembrava star cercando uno spigolo dove sbattere la testa.
Amajiki era vicino al soffocarsi da solo con le sue stesse risate. –È stato fantastico– si complimentò quando riuscì a smettere di ridere.
Gli sorrisi, felice di aver finalmente sentito la sua voce. –Grazie, senpai!
–E tu da quando parli?– gli domandò Fat, il viso di chi per quella giornata ha già visto abbastanza cose assurde.

Amajiki senpai arrossì, abbassò il capo e rimase in silenzio. Evidentemente tre parole al giorno erano ben più che sufficienti per lui, ed io non ero nessuno per imporgli di parlare di più, anzi, apprezzai quel complimento con gioia. Erano un paio di giorni che lavoravo con loro e non gli avevo ancora sentito dire nient'altro oltre a schiamazzi, quindi quella piccola frase mi fece sentire speciale.

*****

Bakugou's pov

Davanti a me c'era una marea di mocciosi, Todoapatico e qualche altra inutile comparsa di cui non sapevo il nome.
Ci dissero che dovevamo badare ai bambini e farli contenti.
–Stanno scherzando– sbottai, incredulo. Non riuscivo a credere che il mio compito per la licenza provvisoria fosse davvero quello. –Non... non sono qui per fare da babysitter!
–Invece mi sa di sì– mi comunicò il bastardo a metà. –Vogliono che "entriamo nel cuore dei bambini".
–Nel senso che li apro in due e gli ficco una mano nel petto per ammazzarli?– chiesi.
–Io non mi ricordo bene il capitolo, la pagina di Wikipedia con la sintesi del capitolo del manga originale non lo specifica, ma penso di no– rispose Todoroki. –Penso che dobbiamo farceli amici.

–Ma porca puttana, io non sopporto manco te e devo giocare con i poppanti di merda!– imprecai, e in mezzo secondo sentii uno schiaffo colpirmi il retro del collo.
–Via, Bakugou, più garbato!– mi riprese Todoquellocheè. –Non c'è bisogno di turpiloquiare!
–CHEEEEEE?
–NON DIRE PAROLACCE!– tradusse allora. –Ci sono i bambini!
–Ma che me ne fotte dei bambini!– sbottai. –Non devo fare la maestra, ma l'eroe!
Il tizio a metà si bloccò a pensare, e nel frattempo i mocciosi aggredirono il babbazzo dell'altra scuola strillando e urlando che volevano volare. Io sbadigliai. Probabilmente non avrei passato la prova, però... però Kirishima credeva che avrei potuto farcela.
Eijiro era convinto che avrei preso la licenza, e non volevo deludere le sue aspettative.
Mi voltai verso i bambini.
Avevo come l'impressione che da quell'esperienza a dir poco traumatica qualcuno (e non so dire se io o i mocciosi) non ne sarebbe uscito vivo, ma se anche fossi morto il mio cadavere avrebbe ricevuto il pezzo di carta tanto agoniato.
"E va bene, Katsuki" mi dissi. "È il momento di fare qualcosa"

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora