Capitolo quaranta

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Bakugou's pov

Scivolai fuori dalla porta della nostra stanza come se fossi un ombra, e mi infilai in una di quelle accanto.
Accesi la luce, e sul letto davanti a me mi ritrovai di fronte ad un spettacolo tanto carino quanto vomitevole: Todoroki e Deku addormentati nello stesso letto, abbracciati.
–CAZZONI SVEGLIATEVI– urlai, non potendo contemplare quella scena per troppo tempo senza finire col pensare "ma perché loro dormono così ed io ed Eijiro no? Cazzo, l'ho detto io che non mi vuole più...".

Todoroki si pigliò un colpo, tanto che vidi il suo sopracciglio rosso andare letteralmente a fuoco. Deku, altrettanto spaventato, cacciò un urlo e si nascose dietro le lenzuola e la spalla del suo fidanzatino.
–Che cazzo ci fai tu qui?!– sbottò il figlio di Endeavor.
–E perché ci hai svegliati?– piagnucolò Deku, la faccia di chi già sa cosa aspettarsi.
–Allora, a te non rispondo perché tanto devo parlare con Deku– dissi al primo, per poi rivolgermi al mio amico d'infanzia. –E vi ho svegliati perché se sono sveglio io non vedo perché voi dobbiate dormire.
–Belle le citazioni ad Aldo, Giovanni e Giacomo a mezzanotte e quarantanove minuti, Kacchan– borbottò il broccolo, controllando l'orologio. –Che vuoi?
–Kirishima– annunciai, come ormai era mio solito fare quando avevo dubbi esistenziali su di lui.
Nella stanza la calma durò circa un secondo, poi esplosero entrambi.
–No, io mi rifiuto– fece Deku; Todoroki, dal canto suo, disse qualcosa tipo: –** ***** ** ****** ******* ****** ** ******* * * ** ****** ********!!
Non posso riportarvi le parole esatte, ma sappiate che Todoroki probabilmente aveva origini venete.

–Ne parliamo domani, ti giuro, ma lasciaci dormire in pace– tentò il più alto dei due, ma con scarsi risultati; io non mi lasciai corrompere né dalle preghiere di Deku né dal fascino del suo ragazzo.
E così, con la minaccia di un'altra zuffa all'una del mattino, io e gli altri due ci ritrovammo per l'ennesima volta a parlare dei miei problemi sentimentali.
Non so spiegare bene il motivo, forse era perché ormai lo definivo mio amico, ma avevo fatto l'abitudine anche a parlare con Todoroki. Ascoltavo e davo retta, tra i mille insulti al minuto che mi rivolgeva, anche ai suoi consigli. Ma non diteglielo, non voglio che sappia che lo penso davvero.

–Forza, siediti– il bastardo a metà mi invitò a sedermi ai piedi del loro letto, battendo una mano sul materasso.
Io aggrottai le sopracciglia, fingendomi mezzo offeso per quell'ordine gentile, ma presi posto proprio dove mi era stato invitato. Tolsi le ciabatte ed incrociai le gambe, ritrovandomi la coppietta dai colori del Messico di fronte.
–Allora– Deku sospirò. –Ci eravamo lasciati a te che sei geloso di Amajiki anche se oltre a respirare non ha mai fatto niente.
–Esatto– confermai con un cenno del capo.
–E ora è successo qualcosa di nuovo?– chiese Svizzera-man. Sì, userò davvero ogni Paese con la bandiera bianca e rossa che mi viene in mente finché non li finirò.
–Assolutamente un cazzo– risposi.
I due fidanzati sbatterono le palpebre numerose volte in un breve arco di tempo. Non erano più sconvolti, probabilmente si erano abituati, ma sentirselo dire doveva fare strano.

–È che ho realizzato una cosa– ripresi il discorso, capendo che quei due da soli non ci sarebbero mai e poi mai potuti arrivare. –Vedete, è da qualche settimana che Eijiro ed io abbiamo poco tempo per stare insieme.
Deku mi lanciò un'occhiata carica di significato che, per me che sapevo del One For All, era facile da leggere: "C'entro io ed i miei allenamenti, vero, Kacchan?". Diamine, riuscivo persino a sentire il suono della sua voce nella testa mentre me lo chiedeva!
Annuii appena, in modo che l'altro non se ne accorgesse; il broccolo emise un sospiro altrettanto velato.
Guardai fuori dalla finestra. Se fossimo stati in campagna avremmo visto una stellata meravigliosa ma lì, in mezzo alla città, persino gli astri più luminosi erano stati soffocati dalle luci artificiali. Mi ritrovai così a guardare, attraverso l'alone dei lampioni, una singola e timida stellina che, con tutte le sue forze, cercava di farsi notare.
–Mi rendo conto di averlo trascurato un po', ad Eiji– ammisi, parlando con la stellina. –Mentre con quel suo senpai deve aver trascorso ore, giornate, forse settimane intere. Devono aver legato tanto, o non avrebbe chiesto di lui appena si è svegliato. O almeno è quello che ho pensato.

I due ragazzi rimasero in silenzio, pensando a cosa dovessero dire. Riuscivo quasi a sentire il ronzio dei loro cervelli che processavano le informazioni ed elaboravano una risposta adatta. Ma, purtroppo per loro, il cervello umano non diventerà mai abbastanza veloce da battere un buon computer. E, a dir la verità, forse nemmeno una macchina avrebbe risolto tutto.
–Io mi rendo anche conto che non... che non...– indugiai, guardando Todoroki. –Non...
Non riuscivo ancora a parlare delle mie insicurezze, davanti a lui, e con mia sorpresa quel ragazzo lo capì.
–Vado in bagno– annunciò, e sparì subito fuori dalla porta.
Rimasi solo con Deku, l'unico essere umano davanti al quale avessi il coraggio di essere debole. Escludendo Eijiro, ovviamente.
Il ragazzo attese con pazienza che riprendessi a parlare.
–Mi rendo conto che come ragazzo non sono un granché... sono violento, geloso, irascibile– continuai. –Tu lo sai meglio di chiunque altro.
Deku alzò le spalle. –Ti direi una bugia, se dicessi di no, Kacchan. E lo sai.
–Infatti– confermai, un po' affranto. –Non mi sorprenderei se Kirishima volesse cambiarmi con qualcuno di meglio.
Il mio amico mi si avvicinò in silenzio. Aveva un'espressione molto triste in volto.
–Hai altre qualità, oltre queste– mi ricordò, cercando di tirarmi su di morale. –Sei abile, determinato e molto molto fedele. E gli vuoi bene, anche se ogni tanto sei un po' pesante. Sono certo che Kirishima lo sa.
–Ma quanto possono valere queste due cose quando, di contro, a volte devi vergognarti anche solo di fare un giro con me?– ribattei. –Faccio cagare, Deku. Devo essere insopportabile, come ragazzo.
Mi ero già arreso alla fine di tutto, e mi ero persino dimenticato di non aver mai nemmeno verificato se a Kirishima, effettivamente, quel tizio piacesse o meno.

E poi venimmo interrotti da un casino allucinante proveniente dal corridoio.

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuWhere stories live. Discover now