Capitolo quarantotto

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Kirishima's pov

Io, Natsuo ed Amajiki-kun ci riunimmo in una saletta con un paio di divani comodi per testare se nella memoria del ragazzo elfico fosse emerso qualche nuovo dettaglio. Quel pomeriggio sarebbero anche passati sua madre e probabilmente il senpai Togata, ma per quest'ultimo dipendeva da quanto in fretta avessero finito di visitarlo. Ci era giunta notizia che avesse perduto il quirk, quindi era ora sotto costante osservazione e faceva controlli su controlli. Immaginavo dovesse essere sfinito.
Quella mattina mi sforzai di rivolgere ad Amajiki un sorriso tranquillo, e di non stressarlo più del necessario. Quel povero ragazzo aveva già abbastanza problemi per aggiungerci pure i miei.

–Allora, dopo aver appurato che non hai dimenticato la matematica– disse il Todoroki dai capelli bianchi, continuando in realtà una conversazione iniziata molto prima. –Passiamo a parlare un po' della tua infanzia, ti va? Ti ricordi che scuola hai frequentato?
Amajiki scosse la testa.
–Qualche compagno di classe?– lo spronò.
Amajiki scosse di nuovo la testa.
–Qualche cotta? Una ragazza? Qualcosa di simile?– lo tentò.
Questa volta non scosse subito la testa, e rimase a pensarci per un po'. Si mordicchiò le labbra, come se stesse decidendo se rivelare o meno qualche informazione.

–Stanotte ho sognato una persona– disse infine. –Non me la ricordo bene. Non saprei nemmeno dire se era un maschio o una femmina, ma...
Si grattò il capo, imbarazzato. –Ecco, penso che sia speciale. Non so perché. Sentivo come se mi mancasse la sua presenza, ultimamente. Ma non so se è una cotta, vero amore o una semplice amicizia. Non saprei dirlo.
–Ricordi qualcosa di questa persona?– chiesi, incuriosito. Mi aspettavo la descrizione di Togata o Hado, e ci avrei scommesso anche dei soldi che avesse sognato uno di loro due.
–Non lo so– disse Amajiki. –Aveva i capelli chiari, credo.
–Biondi? Corti?
Annuì.
–Era alto?
Alzò le spalle. –Forse. Credo. Eravamo seduti, nel mio sogno.
–Gli occhi di che colore erano?– domandò Natsuo-kun.
–Emh...– fu la risposta di Amajiki. –Chiari pure quelli, sull'azzurro.
–Probabilmente è Togata– ragionai ad alta voce; il fratello di Todoroki parve essere d'accordo con me. D'altronde, per quale altro biondino oltre Togata Amajiki poteva provare qualcosa?
(Nikita suggerisce: chi sa, sa; chi non sa, che si legga la shinkami o viva nella beata ignoranza. Nei commenti non spoilerate.)

–Mirio, il tuo migliore amico– spiegai. –Siete cresciuti insieme.
–Non lo so– disse per l'ennesima volta, gli occhi bassi. Si fissava i pollici; era molto triste. Doveva essere dura dimenticarsi delle persone a cui si vuole bene.
–Che stavate facendo nel tuo sogno?– proseguì Natsuo, dopo aver appuntato qualcosa sul suo quaderno dedicato al caso di Amajiki.
Il ragazzo arrossì un po', ma dato che tenne lo sguardo basso si notò poco. Scosse la testa. –Non sono certo di ricordarmelo. Sicuramente abbiamo parlato, ma non so di cosa.
Vedendo che lo stesse mettendo a disagio, il più grande fra noi ordinò di fare una pausa.
Amajiki senpai era visibilmente  molto stanco, aveva bisogno di cambiare un po' aria prima di continuare.

–Che ne direste di andare a fare una passeggiata?– propose; fummo entrambi d'accordo.
–Ci prendiamo qualcosa al bar e poi continuiamo?– proposi.
Le risposte furono molto positive.
–Andate a sistemarvi, io vado a farvi fare i permessi– disse ancora il ragazzo dai capelli bianchi. –Ci vediamo giù all'ingresso fra un quarto d'ora.

Natsuo si alzò e se ne andò per primo, mentre io ed Amajiki ce la prendemmo più comoda. Lo accompagnai fino alla porta della sua stanza, ma prima di voltarmi e fare letteralmente tre metri fino alla mia esitai. Non sapevo se Kats-... se quello stronzo fosse ancora lì, e l'ultima cosa che volevo quel giorno era incontrarlo di nuovo.
Presi un respiro profondo per farmi coraggio, e mi voltai.

C'era Todoroki-kun appoggiato con le spalle alla mia porta. Aveva lo sguardo perso nel telefono e le cuffie nelle orecchie. Scorreva lentamente il pollice sullo schermo, e ogni tanto schiacciava velocemente due volte. L'istinto mi suggerì che stesse sprecando il proprio tempo su TikTok. Avrei voluto non disturbarlo, ma la sua presenza mi impediva di entrare ed io di certo non potevo andare in giro con le Crocs ai piedi. Okay che le trovo comode, ma a volte la comodità deve piegarsi allo stile, oppure si va in giro vestiti come i tedeschi. (Chiedo scusa ad eventuali lettori germanici, vi voglio bene ma non avete stile.)

Gli andai incontro, chiedendomi perché con tutti i posti del mondo si fosse messo a guardare TikTok lì davanti all'uscio.
Mi notò subito, quando mi avvicinai. Del resto, sapeva di star stazionano davanti alla mia porta.
–Permesso...– mormorai, cercando di passare.
Todoroki mi posò una mano su una spalla, fermandomi gentilmente ma cin decisione. –Non entrare adesso, Kirishima-kun.
Sbattei le palpebre, confuso. –Ma è camera mia– obiettai.
–Sì ma non ci entrare– insistette.
–Ma mi devo prendere un paio di scarpe.
–Te le prendo io.
Continuai a sbattere le palpebre, sempre più stranito. –Che sta succedendo in camera mia?
Todoroki alzò le spalle. –Non lo so con precisione nemmeno io.
Vi fu un attimo di silenzio durante il quale fissai i suoi occhi bicolore in attesa di risposte.
–Todoroki-kun, che sta succedendo in camera mia?– domandai.
Non parlò subito.

–Bakugou spesso e volentieri viene a rompere il cazzo a me e a Izuku per parlare dei fatti suoi o semplicemente per passarsi il tempo ad insultarci– ed iniziò a raccontare tutto, senza effettivamente rivelare una sola informazione utile. –Oggi non si è presentato e ci siamo preoccupati, quindi siamo passati a vedere cosa fosse successo.
–Ci ha raccontato di stamattina– proseguì. –Mi dispiace molto.
–Bakugou è uno stronzo, ma tu non hai risposto alla mia domanda– dichiarai. –Che sta succedendo? Perché non posso entrare?
–Ho lasciato lui e Izuku a parlare da soli– disse. –Ora lo starà consolando, suppongo, anche se non riesco proprio a immaginarmi la scena.

Rimasi impalato dalla sorpresa e dal dispiacere; realizzai che Todoroki, proprio come me, probabilmente non sapeva niente di quello che quei due erano soliti fare. Cacciai uno sguardo alla porta, mi chiesi cosa davvero quei due pezzi di merda si stessero dicendo al momento. Poi il mio sguardo tornò su quello di Todoroki.
–Senti...– mormorai, e mi gratti il capo con disagio. –Penso tu debba sapere perché l'ho mollato.
Il ragazzo scosse appena la testa. –In realtà non potrebbe fregarmene di meno– ammise.
–No, no– garantii. –Ti riguarda.
Il ragazzo dai capelli a metà alzò il sopracciglio bianco, stranito. –Come fa a riguardarmi?
–Beh... ho delle brutte notizie per te– risposi, e poi, a fatica, gli rivelai tutte le mie ipotesi ed intuizioni. Gli raccontai tutto, ma proprio tutto quello che avevo capito sul conto dei nostri ragazzi.
Todoroki non ne fu felice.
Anzi, fu un mezzo disastro.

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang