Capitolo diciotto

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Kirishima's pov

Tornai a casa praticamente saltellando, la testa così tra le nuvole che mi feci investire da Aizawa in bicicletta.
–Oh Dio, Kirishima, stai bene?!– mi chiese il mio professore, scendendo dalla bici e tenendomi una mano. Aveva gli occhi di fuori; probabilmente temeva di avermi fatto male, ma stavo così bene che nessun dolore avrebbe potuto rovinarmi il pomeriggio.
–Una meraviglia, sensei!– esclamai, saltando in piedi alla velocità della luce. Ignorai la sua faccia stupefatta e forse un po' stralunata, per poi aggiungere: –Oggi è il giorno migliore della mia vita, non si preoccupi!
–Okay, ma stai bene?!– domandò, allarmato, per poi indicare i miei jeans da cui per qualche motivo sentivo entrare molta più aria del solito. –Ti sta sanguinando il ginocchio!
–Che bello strappo!– risposi euforico, ammirando il mio vecchio paio di pantaloni ora molto più alla moda di prima. –Grazie, sensei! È fantastico, ne ho sempre voluto uno così!
–Ma se ti ho investito! Sicuro che sia tutto apposto?– obiettò l'uomo dai capelli lunghi, ma non diedi peso alle sue parole.
–Vado di fretta, arrivederci e grazie ancora!– lo salutai, per poi dirigermi di nuovo di corsa verso casa mia.
Mamma e mamma sarebbero state entusiaste di sapere la bella notizia!

Da lontano, sentii che Aizawa brobottava qualcosa mentre risaliva a cavallo della sua bicicletta e si allontanava scampanellando. Probabilmente si trattava di un qualche tipo di insulto rivolto a me o a come gli avessi praticamente tagliato la strada, ma ero ormai troppo avanti per poterlo sentire. Sarebbe stata una storia simpatica da raccontare al pub, prima o poi.
Entrai dal cancello e poi dal portone del palazzo e salii le scale tutte d'un fiato. Arrivai davanti alla porta di casa stanco morto, ma avevo prodotto così tanta adrenalina che a mala pen riuscivo a sentire la stanchezza.
Cercai le chiavi senza trovarle e quindi poi suonai al campanello, ma nessuno venne ad aprire.
Rimasi un attimo a fissare lo spioncino della porta.
Suonai di nuovo ma ebbi lo stesso risultato.
Dovevano essere uscite.
–Cazzo– realizzai. –Sono chiuso fuori.

*****

–Scusi se mi sono presentato qui all'improvviso– dissi alla madre di Mina subito dopo che mi accolse in casa. –Non vorrei disturbare.
–Ma dai, figurati!– esclamò la signora, una donna rosa proprio come sua figlia. –È sempre un piacere ricevere le tue visite, Kirishima-kun!
Rivolse uno sguardo preoccupato al mio ginocchio insanguinato, per poi domandarmi cosa mi fosse capitato.
–Non lo so bene nemmeno io– ammisi. –Sono stato investito da un ciclista.
–Che storia– commentò Mina, che intanto si stava facendo le unghie seduta al tavolo della cucina.
–Non hai sentito la parte migliore– le garantii. –Da oggi alle tre, è successo di tutto e di più.
–Spara– mi esortò, magicamente molto più interessata a me che al suo smalto verde acqua.

Prima di sparare le ultime novità, mamma Ashido mi obbligò a farmi dare una controllatina al ginocchio. Si era sbucciato, ma niente di che.
Lo pulì, lo disinfettò e poi lo avvolse dentro una candida benda.
Adoravo quella signora, anche se non la vedevo praticamente mai. Era sempre molto gentile. Ci preparò persino della spremuta d'arancia freschissima, la mise in due bicchieri e ce li consegnò.
–Andate– disse a me e a sua figlia. –A quanto pare ci sono cose di cui dovete parlare.
La ringraziai e poi Mina mi prese per un braccio e mi tirò in camera sua.
–Che novità ci sono?– mi chiese lei.
–Da dove inizio?
–Dall'inizio, mi sembra ovvio– rispose. –Che è successo alle tre?
–Midoriya mi ha chiesto di uscire perché mi doveva dire qualcosa su Bakugou– iniziai a raccontare, già ridendo sotto i baffi. –E l'ho trovato vestito di tutto punto per un appuntamento.
Mina spalancò gli occhi. –Con te?!– esclamò, stupita.
–Ma che con me, con Todoroki-kun!– rivelai, e per poco non scoppiai a ridere per l'espressione che assunse il viso della ragazza che avevo di fronte.
–Oh Dio– mormorò, le mani portate a coprirsi la bocca. –Todoroki..?!
–Non è la parte bella– la bloccai subito.

–Poi Midoriya mi ha parlato– andai avanti con la storia, saltellando dalla gioia e rimbalzando sul suo materasso.
Mina mi prese le mani e si mise a saltellare insieme a me. –E..?
–Mi ha detto che Bakugou non è etero!– esclamai, euforico, saltellando ancora di più. –E che secondo lui sono carino!
–Secondo Midoriya o secondo Bakugou?!– chiese lei, dato che la mia frase era stata costruita un po' malino.
–Secondo Bakugou!– specificai, e lei cacciò uno di quei tipici urletti da fangirl che ti spaccano le orecchie.
–Lo sapevo io!– dichiarò con un sorrisetto. –E poi?! Prosegui, veloce!
–Poi sono svenuto addosso a Todoroki.
–...– rimase a bocca spalancata per uno o due secondi, un po' confusa. –In che senso?
–Ho avuto un mancamento– spiegai. –Mi sono risvegliato sulle gambe di Todoroki.
–MA CHE CULO!– esclamò, invidiosa. –Io al posto tuo svenivo di nuovo!
–Pensi che io no?– ribattei. –Se non avessi avuto niente da fare sarei svenuto anche per altre cinque ore, altroché.
Mi diede una pacca sulla spalla e si asciugò una lacrimuccia. –Bravo ragazzo– mi disse, orgogliosa. –Era questa la parte migliore?
–Nope– risposi.
Mi tirò uno schiaffetto amichevole. –E dimmela, che aspetti?!

–Poi sono andato da Bakugou perchè, beh, era decisamente il caso di andare a parlargli– raccontai. –Così sono andato a casa sua e mi ha fatto salire nella sua stanza.
Decisi di fermarmi un attimo per metterci un po' di suspence.
–E..?– chiese.
–E gli ho parlato– dissi. –Mi ha chiesto se ero io il ragazzo a cui piaceva e gli ho risposto di sì.
–Okay, ma dopo? Cosa ti ha detto?– mi spronò, ormai impaziente di sapere la fine della storia.
–Niente.
Le sue palpebre rosa sbatterono un paio di volte. –Niente?
–Niente– confermai.
–Come niente?– fece lei, delusa da quella risposta.
–Beh, sai, era difficile parlare mentre avevo le sue labbra sulle mie– rivelai, per poi scoppiare a ridere.
–Vi siete baciati?!– realizzò.
–Due volte!– aggiunsi.
–DUE VOLTE?!– e dopo questa battuta fu come se fosse impazzita. Si mise a saltellare e si ritrovò magicamente in piedi sul suo letto.
–Adesso stiamo insieme– conclusi, ma proprio mentre stavo dicendo quelle ultime parole sentimmo un sonoro crack provenire da sotto i nostri piedi ed una delle doghe del letto si spezzò in due. 


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Spazio me

Oggi è il mio compleanno :)

Nikita

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuWo Geschichten leben. Entdecke jetzt