Capitolo sessantaquattro

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Bakugou's pov

Essere me è una cosa strana, e auguro a tutti voi che mi state ascoltando di non essere mai come me. Un attimo ti ritrovi a chiacchierare del più e del meno con il tuo broccoloso migliore amico davanti a una cioccolata calda e l'attimo dopo lo lanci fuori dalla porta come se fossi una catapulta. Non kinnatemi, ragazzi, lo dico per il vostro bene. Anzi, mi dispiace moltissimo per tutti coloro che si rispecchiano in me. 
Letteralmente, dopo aver visto Kirishima presi Deku per un orecchio o per i capelli -non ci feci nemmeno caso, lo afferrai e basta senza pensare- e lo buttai fuori dalla porta senza curarmi di non fargli male. Non so dove atterrò, ma comunque era un punto compreso tra il corridoio, le scale e il giardino. Tutto dipendeva da quanta fortuna avesse e da se la finestra fosse stata lasciata aperta dal cileno amico di quel coglione elettrico.

Passando invece dalle cose inutili a quelle molto più interessanti e sostanziose, permisi subito ad  ̶𝐄̶𝐢̶𝐣̶𝐢̶𝐫̶𝐨̶ Kirishima-kun di entrare in quella che, fino a poco tempo prima, avrei definito essere la nostra stanza.
Da quando avevamo rotto, all'interno della stessa non era cambiato nulla o quasi. Il cambiamento più evidente forse era la mia nuova lampada colorata a forma di Baji Keisuke sul comodino, ma oltre a quella era tutto immutato. Anche il generico disordine era sempre lo stesso.
–Baji– osservò, appena vide la mia nuova lampada. –Adoro.
–Anche io.
–Posso accenderlo?
–Ovvio.
Kirishima impostò la lampada su una deliziosa tonalità aranciata che, calda e accogliente, probabilmente sarebbe servita a mitigare una possibile conversazione burrascosa.
Ora c'era l'atmosfera giusta per parlare. Si ringrazia Baji per la gentile collaborazione. 

Attesi in silenzio che Kirishima si sedesse sul mio materasso, smettesse di fare gli occhi a cuoricino a Baji e si preparasse per dirmi qualunque cosa fosse venuto a dire.
–Io qua non ci volevo venire– iniziò con evidentissima schiettezza. Mi ricordò tanto gli inizi dei video scusa degli youtuber in voga nel duemila diciassette, e se siete abbastanza vecchi da ricordarvelo di certo concorderete con me. 
–Non ci volevo venire perché io non sono come Todoroki– continuò. –Non ho intenzione di perdonarti. Tu non sei Midoriya e io non sono Todoroki.
Annuii. Lo sapevo e lo capivo. –Non vorrei mai essere Midoriya– confermai.
–Ciò significa che vorresti io fossi Todoroki?
Alzai gli occhi al cielo. –Per carità di Dio, non ricominciare. 
Già che mi parlasse era un gran passo avanti; per arrivare al perdono, anche se ero innocente, avrei avuto da sudare diverse centinaia di camicie, ma non nutrivo speranze per questa possibilità. Quello schifoso odorino dolciastro mi avrebbe ammazzato prima che potessi riuscirci. 

Il ragazzo dai capelli rossi ci accigliò ma non mi contraddisse. –Comunque– proseguì, il tono ancora freddo e distaccato. Si sentiva non fosse naturale e che si stesse sforzando per fare così, il che mi rincuorò, anche se di poco. Se doveva concentrarsi per trattarmi male, allora ciò significava che non era più genuinamente arrabbiato con me. Voleva solo convincersi di esserlo, dato che a me non convinceva affatto. 
–Sono tutt'orecchi– lo spronai. Stavo morendo dalla voglia di scoprire cosa avesse da dirmi. 
Kirishima strinse le labbra, pensando a cosa dovesse dire in seguito. Forse non lo sapeva neanche lui.
–Non voglio darti un'altra possibilità– ripetè il concetto, come se non facesse già abbastanza male averlo realizzato indirettamente. Sentirselo dire direttamente fu come ricevere un altro schiaffo. –Non per ora, quanto meno. 
–Ma..?– lo tentai, sapendo e sperando che nel suo discorso ci fosse qualche cosa di più. Non potevo credere che fosse venuto a dirmi solo "ahah continui a farmi schifo fanculo".  

Alzò le spalle. –Mi hanno consigliato di venire a sentire quello che hai da dire. 
–Partendo dall'inizio?
–Direi di sì. 
Io annui. –Sono disposto a farlo, ma tu mi dovrai credere– gli dissi. –Se no non ha senso. 
Non potevo comunque parlare del One For All. Già Deku stava rischiando tantissimo con Todoroki; io, che non ero nemmeno il diretto interessato, non avevo il diritto di divulgare un segreto così importante a persone che, per quanto fidatissime, non c'entravano comunque niente. 
–Lo so– rispose. 
–Lo farai?– domandai, poco speranzoso. Se anche avessi detto tutto, non potendo spiegare il passaggio fondamentale, Kirishima non avrebbe mai smesso di covare dubbi nei miei confronti. Sì che con il fatto che Midoriya e Todoroki fossero tornati insieme allora forse si sarebbe convinto  che quel dannato tradimento non c'era stato, ma non avrei comunque recuperato la sua fiducia. 
–Non lo so– fu infatti ciò che disse subito dopo. –Vorrei provarci, ma dipende.

Annuii piano, accettando la risposta. Sapevo che non potesse essere altrimenti, oppure ci saremmo ritrovati in una situazione molto diversa da quella attuale.
–Allora io vado– dichiarai, chiedendo in realtà il permesso con lo sguardo di poter iniziare. 
–Non ti interrompo.
–Da dove inizio?
–Dall'inizio– ordinò. –Da quando ci siamo conosciuti. 
–Vuoi sapere proprio tutto, eh?
–Sì. 
–Okay. 
Sospirai. Sarebbe stata lunga e molto, molto dura. Feci un monologo di quasi un'ora nel corso del quale non lo guardai mai neanche in faccia. Sono un codardo quando si parla di esprimere e raccontare emozioni, ma questo era risaputo. 

–La prima volta che ti ho visto ho pensato tu fossi pesante e appiccicoso– iniziai. –Uno un po' troppo fissato. Non mi lasciavi solo un minuto. 
–Lo prendo come un insulto. 
–Non lo è. 
–Lo sembra. 
–Scusa. 
–Vai avanti. 
Andai avanti. 
–Però poi ti conobbi meglio e cambiai del tutto idea– spiegai con un sorriso. –Tu sei sempre stato dolce, e mi riempivi di attenzioni che non meritavo e sapevo non meritare. Mi hai reso felice. Dopo meno di un mese, mi ero già innamorato di te. 
Sentii le mie guance scaldarsi e diventare più rossicce. Non ebbi la forza per alzare lo sguardo su di lui e verificare che reazione avesse avuto; tuttavia, conoscendolo, suppongo sia arrossito a sua volta. 
–Tra me e Deku non c'è mai stato e non ci sarà mai niente di quello che tu hai pensato... cioè... ew, no– cambiai il fulcro del nostro discorso, sapendo che forse questo gli sarebbe interessato di più. –Siamo cresciuti insieme e per anni l'ho trattato malissimo. Fino a qualche mese fa, non avrebbe neanche dovuto parlarmi o, per meglio dire, a parti invertite io non gli avrei né rivolto la parola né avrei tentato di fare pace. Sono stato tremendo con lui. Non mi merito la sua amicizia, per com'è ora, dopo tutto quello che gli ho fatto passare. Però... sai che gran egoista sono, no? Ho fatto finta di niente e siamo amici lo stesso.  
Ci fu una breve pausa di silenzio. 

–Il cosa io abbia fatto a Deku penso lo sappia anche tu– chiarii; se possibile, avrei preferito evitare l'argomento. Per quanto mi meritassi i miei sensi di colpa, parlarne mi faceva sentire male ogni volta. –Cioè, ormai è di dominio pubblico. 
–Perché hai smesso di odiarlo?– chiese lui, infrangendo la promessa fatta sul non intromettersi nel monologo. 
Scossi la testa. –Non l'ho mai odiato– dichiarai. –Deku... Deku per me è una specie di fratello. Un fratellino minore, no? Il piccoletto che devi portarti sempre dietro, proteggerlo e poi realizzare che, per quanto sia un broccolo inutile, scarso e frignone, abbia qualcosa che tu non hai. 
–Io non ho mai odiato Deku– ripetei con forza, in modo che il messaggio passasse con più chiarezza. –Io odiavo il modo in cui lui mi faceva sentire.
Odiavo come, sebbene tutti mi dicessero che fossi il migliore, io in confronto a lui sentivo avessi qualcosa in meno. 
–Che significa?– chiese.
–Lui... lui era... anzi, è...– borbottai, ma non trovai le parole giuste. –Non lo so. Non te lo so spiegare. 

–Deku è il mio migliore amico, ma è anche la persona che sento più distante e diversa da me in tutto il mondo– dichiarai. –Siamo due perfetti opposti, non potremmo mai attrarci. 
–La scienza dice il contrario– obiettò lui.
–E io dico che non sono un elettrone– sbottai, ritenendomi quasi offeso da quella provocazione. –Non potrei mai stare con qualcuno con cui non ho niente in comune. Non saprei nemmeno di che parlare. 

Kirishima, finalmente, chiuse la bocca e si mise a pensare in silenzio. Fece un po' alla maniera di Deku, chiudendosi su se stesso e concentrandosi tantissimo. Mentre che lui rifletteva sulle sue idee e strane scelte di vita, io mi presi la libertà di alzarmi e mettermi a sistemare la stanza. Era a soqquadro e di certo, riordinando, non avrei dato fastidio a Kirishima.

Dopo un tempo che a me parve infinito, il ragazzo dai capelli rossi mi pose un'ultima domanda. In base a come avrebbe preso la risposta, avrei potuto mettere tutto a posto o non aver risolto assolutamente niente. 

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuWhere stories live. Discover now