Capitolo ventotto

399 52 5
                                    

Kirishima's pov

Insegnare cosa fosse e come funzionasse la cooperazione a Katsuki e Todoroki-kun fu l'impresa più complessa e disperata di tutta la mia vita, e probabilmente avrebbe mantenuto il primato fino alla fine dei miei giorni. Nessun villain mi avrebbe mai messo in difficoltà quanto loro due quel pomeriggio.
Quei due ragazzi... non voglio dire che fossero del tutto negati, ma non erano nati per lavorare in gruppo. O almeno, non erano stati abituati.
Il biondino esplosivo agiva fin troppo d'istinto, senza pensare nemmeno una volta a cosa stesse facendo e con l'unico scopo di spaccare tutto senza avvisare prima l'altro e pretendendo che questo capisse le sue intenzioni senza spiegargliele. Todoroki faceva esattamente lo stesso, ma urlava molto meno e quindi sembrava vittima della situazione, ma non lo era affatto.
E, come se non bastasse, finivano sempre e costantemente a litigare tra di loro.

Io e Midoriya-kun ci scambiammo un'occhiata e sospirammo. Io, dal canto mio, avevo gettato la spugna ancor prima di iniziare, e lui sembrava averci rinunciato in quell'esatto momento: Bakugou e Todoroki si stavano picchiando fra loro e non avevamo nemmeno compreso il motivo all'origine di quella faida.
Midoriya si mise le mani tra i capelli, mentre io avevo intenzione di trovare uno spigolo e sbatterci la testa contro fino a sanguinare. 
–Ragazzi, siete nella stessa squadra!– gli ricordò il ragazzino più basso, avvicinandosi a loro con l'aria di volergli fare la paternale. –Non litigate tra di voi! È inutile!
Li interruppe giusto un attimo prima che Katsuki prendesse Todoroki per i capelli e gli tirasse un pugno, salvando così il bel faccino asimmetrico del figlio di Endeavor.
–Ma se questo coglione fa di testa sua..!– protestò Bakugou, per poi mollare la presa sull'altro ragazzo. 
–Disse il coglione che fa tutto di testa sua– borbottò Todoroki, indispettito.
Io e Deku sospirammo nuovamente. Per quel giorno era meglio finirla là, oppure si sarebbero ammazzati.

Ci dividemmo ed io mi preoccupai di medicare le ferite di Bakugou; Midoriya pensò a Todoroki-kun.
Non si erano fatti niente di così grave da richiedere l'intervento di Recovery Girl, ma erano entrambi pieni di graffi, lividi e qualche piccola bruciatura. Inoltre, erano stanchi morti.

–Come sono andato?– mi chiese Katsuki quando, rimasti da soli con cotone ed acqua ossigenata, riprese un po' di fiato per parlare. Era emozionato come un bambino.
–Emh...– mormorai. –Leggermente meglio di ieri, forse.
"No, affatto" pensai invece, ma forse era meglio motivarlo un po' così che si impegnasse di più.
–Davvero?– Bakugou mi sembrò felice, ed i suoi occhi parvero brillare.
Non potevo dire di no a quella faccina da cucciolo, per quanto fosse un'emerita bugia.

–Davvero– confermai. Gli rivolsi un mezzo sorriso e non riuscii a trattenermi dal fargli una carezza sul viso; a quel contatto, anche le sue labbra si volsero all'insù.
–Ma avete ancora molto da imparare, voi due. Non andate affatto d'accordo– aggiunsi, riportando entrambi con i piedi per terra.
Katsuki alzò le spalle. –Non posso andare d'accordo con uno che ci ha fatto litigare in quel modo, Eijiro– obiettò, onesto.
Quell'affermazione era così tenera ed insensata... mi sarei messo a sclerare, se avessi potuto.
In realtà il problema con Todoroki era sempre stato tutto nella testa di Bakugou, ma non volli peggiorare la situazione e non lo dissi ad alta voce. La sera prima mi aveva spiegato che s'era reso conto di essere stato fin troppo geloso di Todoroki per nessun motivo, e dato che mi aveva chiesto scusa non volevo fare la seconda e farlo incazzare ancora. Un evento del genere non sarebbe capitato prima della prossima strana congiunzione astrale, e secondo l'app dell'oroscopo di Mina mancavano ancora mesi.

–Beh, ormai è andata– dissi, inumidendo un batuffolo di cotone con l'acqua ossigenata e passargliela poi su un paio di graffi che aveva lungo le braccia. –Non ci pensare più.
–È difficile– disse.
–Lo so– convenni, lo sguardo rivolto alle sue ferite. –Ma, ti prego, provaci.
–Non lo sopporto– borbottò Bakugou.
–Non devi diventarci amico, devi solo riuscire a lavorarci insieme– continuai, sperando di convincerlo. –Per la licenza da eroe, dai. Ce la puoi fare.
–Sì, ma...– Katsuki si morse un labbro, come se volesse dire qualcosa ma non avesse il coraggio di aprir bocca.
Alzai gli occhi su di lui. –Ma?– lo invitai a gentilmente a continuare la frase.

Il ragazzo scosse la testa. –Niente.
"Niente, eh? E va bene" mi rassegnai. "Se non vuole parlare, non lo costringerò".
–Okay– conclusi, abbassai il capo e finii di disinfettare le varie ferite e mettere qualche fasciatura su quelle più gravi in perfetto silenzio. Sentivo persino gli uccellini cinguettare sugli alberi in giardino.
Era strano stare così in pace insieme a Katsuki, ma in qualche modo era anche piacevole. Apprezzai quell'attimo di quiete fino all'ultimo, dato che probabilmente non ne avrei avuti altri a breve.
Però c'era qualcosa di strano, e ciò spezzava un po' l'atmosfera perfetta.
Bakugou era nervoso. Cioè, era sempre nervoso, ma oggi era un nervoso diverso dal solito. Era più teso del normale, e a giudicare dall'odore di caramella nell'aria, stava anche sudando freddo.
–Sei in ansia per gli esami di recupero?– chiesi, tentando di indovinare il suo problema. –Sei teso.
Lui annuì, ma dubitavo che il problema fosse quello. O forse era anche quello, ma di certo stava pensando a qualche altra cosa.
–Li supererai, tranquillo– continuai. –Non ho dubbi.

Si strinse nelle spalle come se fosse un bimbo spaventato. Era così dolce, quando voleva. –E se non ce la faccio?
–Se non ce la fai, non è successo niente– risposi con semplicità. –Ci riuscirai l'anno prossimo o quello dopo ancora. Hai tutta la vita per farcela, Katsuki.
–E se resto troppo indietro?– continuò.
–Sei tra i primi della classe– obiettai. –Sono gli altri ad essere indietro rispetto a te, in caso.
–Ma se..?
–Katsuki– lo interruppi, tagliando in due il filo del suo discorso. –Tu ce la farai di certo.
–Ne sei sicuro?– fece lui, ancora così insicuro da essere quasi tenero.
–Io ho poche certezze nella vita– gli dissi. –E una di queste è che se tu vuoi qualcosa, tu la ottieni. Non perdi mai, tu, no?
Bakugou sorrise, un po' rincuorato. –Giusto... io non perdo mai– mormorò. –Grazie.

Restammo di nuovo in silenzio per un po', e questa volta il silenzio fu ancor più piacevole di prima. Persino gli uccelli avevano smesso di cinguettare, e l'unico rumore udibile erano delle voci lontane di studenti che passavano la bella giornata nel parco di scuola.
Guardai Katsuki negli occhi. Stava andando tutto così bene che quasi non mi sembrava vero.
Bakugou, senza dire una parola, appoggiò dolcemente la sua mano sulla mia; io, come fosse il gesto più naturale del mondo, intrecciai le mie dita con le sue e, dopo un breve sguardo d'intesa, lo baciai.

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang