Capitolo cinquantadue

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Kirishima's pov

Passare i pomeriggi facendo finta di essere il ragazzo di Amajiki mentre cercavo di capire chi effettivamente fosse la sua crush era un passatempo molto divertente, soprattutto considerando il fatto che si era già diffusa qualche voce di corridoio su me e lui.
Qualche ragazza -o ragazzo, ma di solito sono le donne ad aver più predisposizione per le maldicenze- doveva averci visto insieme e detto ciò alle amiche. E le amiche dovevano averlo detto alle amiche e alle amiche delle amiche e via così verso l'infinito e oltre, diffondendo la credenza che io e lui ci stessimo frequentando. Questi giri a me facevano un po' venire mal di testa, ma così erano.

Cercando di non lasciare troppi indizi che potessero confermare o ribaltare la notizia, iniziai a setacciare scuola alla ricerca della crush del mio presunto ragazzo.
Fu molto divertente.

Chiesi a davvero molta gente se ne sapessero qualcosa ma le risposte più frequenti erano "Aspe, non sei tu?", "Ma che ne so io" e "Amajiki Tamaki sarebbe..?". Oltre a queste, un'altra molto gettonata era la classicissima "Boh, chiedi a Hado senpai o Togata senpai" accompagnato da un "Loro lo sapranno".
Dato che ero pressoché certo che la suddetta crush fosse per l'appunto Mirio-kun, volli evitare di andarlo a chiedere direttamente a lui. Amajiki si era ravveduto dal raccontare al proprio amico di ricordare di aver una crush per qualcuno che non sapeva chi fosse ed io, onde evitare di intristire il senpai in caso lui non lo ricambiasse o fosse eterosessuale, preferii tenerlo come ultima spiaggia. Mi sarei rivolto a lui solo alla fine, dopo aver messo in mezzo il resto della popolazione scolastica.

Ad un certo punto, girando per la mensa e domandandomi a chi potessi fare l'interrogatorio successivo, il mio metallico amico Tetsutetsu Tetsutetsu mi si fiondò addosso.
–Ehilà, Kirishima!– esclamò, tutto contento, abbracciandomi e dandomi qualche pacca sulle spalle. –Come va la vita, bro? Ho saputo che sei stato in ospedale, ma ormai vedo che stai bene.
–Tutto apposto bro... diciamo– risposi in automatico con un sorriso. Ero sinceramente molto felice di vederlo.
Notai che fosse insieme ai suoi amici della B, Kendo-san e quel pazzoide di Monoma. Gli ricordi un cenno di saluto. 
–Perché? Che succede?– mi chiese, curioso.
–Nah, niente– liquidai tutto in fretta. –Lunga storia. Con Bakugou.
–Ah, sì... avevo sentito qualche cosa al riguardo. Mi dispiace.
Alzai le spalle. –Capita– dissi. –È andata così.
–Vabbè, ti siedi con noi a fare qualche chiacchiera?– mi invitò, trascinandomi al tavolo dov'erano già seduti, litigando allegramente, gli altri due.

La pace, nella mensa, dal momento in cui presi posto accanto a loro, durò circa dieci minuti. Passati quelli a spiegare ai ragazzi cosa stessi così disperatamente chiedendo a letteralmente ogni cosa che respirava a scuola, mi ritrovai a scuotere Monoma per il colletto della camicia. 
Perché mai, vi chiederete?
"Ah ma dai, io lo so" mi aveva risposto poco prima, sghignazzando in quella maniera antipatica che gli veniva così tanto bene. 

–DIMMELOOOOO– gli intimai, in un modo che certe persone potrebbero considerare leggermente violento.
–Lol no– rispose, evidentemente divertito.
–Ti prego– insistetti.
–No.
–Cosa vuoi? Ti passo i compiti?– tentai. –Tutte le materie, pure quelle brutte..!
Monoma restò ben fermo sulla sua posizione, testardo come solo uno che odiava l'altra classe per nessun motivo poteva essere. –Non te lo dirò, è inutile.  

Kendo e Tetsutetsu ci stavano guardando un po' perplessi, ma scelsero di non intervenire. Continuarono piuttosto la loro chiacchierata senza di noi.
–Nemmeno chimica? Tu odi chimica, no, Monoma-kun?– tentai.
–Grazie per l'offerta, ma me la passa già Shinsou-kun. Dopo tutto il gran casino che ho fatto per convincerlo, non ho bisogno di chiedere a te. 
–Da quando sei amico di Shinsou-kun?
–Me l'ha presentato Kaminari qualche tempo fa. 
Storsi le sopracciglia. –E tu perché conosci Kaminari?
–Oh, è una lunga storia, basta per una fanfiction che dura il doppio di questa– ridacchiò con qualche difficoltà, più o meno strozzato dalla mia stretta. Si sistemò i vestiti, allargò il colletto e si lisciò la camicia.  
–Che fanfiction?– un po' confuso, mollai la presa su di lui e lo lasciai respirare liberamente.
–Quella in cui sono co-protagonista– rispose, dopo aver preso qualche grossa boccata d'aria.
–Lmao, gira e rigira resti sempre un personaggio secondario– scherzai, ma avevo anche un po' intenzione di offenderlo.
Com'era prevedibile, Monoma si offese leggermente. –Ma tua madre personaggio secondario, brutto pezzo di-..!
–Quale delle due?
Storse un sopracciglio. –Hai due madri?
–Sì.
–Allora quella da cui sei uscito!– esclamò, e poi si voltò dall'altra parte, contrariato. –Lei sì che è una comparsa.

All'udire quella frase, il mio povero cuoricino infranto perse un paio di battiti. –Non parlare come Bakugou– gli ordinai. –Non con me.

Rimase un po' in silenzio, osservandomi, e fortunatamente scelse di far finta di essere una persona decente e assecondò la mia richiesta. –Perché ti interessa così tanto di Amajiki? Sei geloso?
–Tutt'altro– dissi. –Ho solo bisogno di parlare alla sua crush.
–Per dire?
–Non sono fatti tuoi.
Si voltò dall'altra parte facendo il finto offeso, infastidendomi di proposito. 

–Dai, ti prego– lo richiamai. –Dimmi chi è la crush di Amajiki.
–No.
–Perché no?!– mi lagnai, un po' infantile. –Ce l'hai con me?
–Ce l'ho con la A.
–Kaminari è nella A, e due minuti fa hai detto che siete amici!
–Kaminari è l'eccezione che conferma la regola.
–Lo dici come se avesse senso.
–Ha senso.
–No, non ce l'ha.
–Sì invece. Nell'altra fanfiction, almeno.
–Senti, okay, come dici tu. Mi dici chi è la crush di Amajiki?
–Ma perché ti interessa? Non hai mai pensato che magari se nessuno sa chi è la crush di Amajiki allora magari Amajiki senpai non vuole dirlo in giro? MAgari vuole che sia uan cosa privata?
–Mi dici almeno se è chi penso che sia?
Annuì.
Io gli dissi chi pensavo che fosse.
–Okay, bel tentativo, ma la risposta è no.
–NO?!
–No.
–Nel senso, come no?!
–No nel senso no. Quanti significati di no conosci?
–Come lo sai?
Monoma sorrise. –Ho i miei metodi. 
–Daaaaaai!
–No!

Alzai gli occhi al cielo; prima di passare alla tortura, avevo un ultimo modo da provare. 
Mi infilai una mano in tasca, estraendone il portafogli. –Quanto vuoi?– gli chiesi. 
Al vedere dei soldi, sugli occhi azzurri di Monoma comparve il simboletto dello yen ed ebbi quasi l'impressione di sentire il rumore di un registratore di casa rimbombare nella sua testa. –Dieci mila yen e ti racconto pure quello che non volevi sapere. A patto che tu tenga la bocca chiusa, s'intende. 
–Andata– accettai; lui mi strinse la mano con un ghigno.    

Quella che seguì fu una conversazione molto lunga. Monoma intascò i suoi soldi e fu di parola. In effetti, tutto quel che mi disse non lo volevo davvero sapere.

Il coraggio che ci vuole per essere gentili‐ KiribakuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora