Capitolo 3. Stranieri

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<È il massimo che si riesce ad andare.> commentò Arthur quando apparirono vicino al muretto che delimitava la proprietà dei Vargas.

<Allora qualcuno si è messo a fare magie.> notò Franco, scavalcando il muretto.
<Ah, è quella casa in cui eravamo andati a trovare Lovino-!> realizzò Antonio.

<Buongiorno 'Tonio!> sospirò Francis, scavalcando il muretto come gli altri.
<Eh, me l'ero dimenticato.> si giustificò lo spagnolo, grattandosi la nuca, sorridendo imbarazzato.

<È una tua dote naturale.> commentò Henrique.
Il prussiano interruppe la discussione sul nascere con: <Non è il momento di scatenare una guerra iberica, ok?>

<È sempre un buon momento.> bofonchiò Fernandez.
<Per uno impulsivo come te sicuro.> roteò gli occhi Lisboa.
Antonio digrignò i denti ma non rispose.

<Che succede?> chiese candidamente Franco a Canada.
Dopo qualche secondo in cui il piccoletto lo guardava confuso Matthew domandò stupito: <Ah, stai parlando con me?>

<Ci stavo provando.> rispose Franco.
<Oh, di solito tutti mi ignorano.> commentò il canadese.
<Capisco benissimo, gliel'assicuro.> asserì la regione, che incalzò: <Saprebbe dirmi come mai sembrano pronti ad ammazzarsi l'un l'altro?>

<Sono fratelli ma, a differenza per esempio mia e di Al, non vanno d'accordo.> rispose il nord americano.
Franco annuì, comprendendo.

<Andiamo all'ingresso, su! È laggiù!> esclamò come suo solito Alfred, indicando la porta.
<Capitan Ovvio alla riscossa.> criticò Ivan.

Mentre l'americano avanzava, una leggera nebbia e un vento sferzante li avvolse, mentre dei passi risuonarono, pesanti, attorno a loro.

Era impossibile decretare da dove provenissero con certezza.
Yao si mise subito in guardia, il suo magico (in tutti i sensi) wok in mano, pronto a sferrare un calcio o una padellata.

Kiku fece similmente, la katana apparsa al suo fianco, per ora ancora riposta nella sua fodera, ma pronta ad essere usata.

<Chissà quando smetterà di girarci intorno ed attaccarci.> ponderò Ivan, il suo fidato tubo di metallo del dolore stretto in mano.

Franco cercava invece di identificarlo. Era un suo fratello, lo percepiva dall'odore, ma quella nebbia soffocava le altre fragranze.

I passi si avvicinavano, rimbombavano attorno a loro, nonostante fossero all'aperto.
I secondi si dilatavano, mentre tutte le nazioni erano pronte a sferrare un attacco.

Una voce innaturale, riecheggiante, vecchia come il tempo, tuonò: <Chi viene a disturbarmi?>
<Rita!> esclamò Franco, finalmente riconoscendo l'odore.

Un istante dopo, il terreno sotto di loro tremò.
Fu l'istinto a salvarli. Scattarono in varie direzioni, scampando ad una voragine nel terreno che si creò dove pochi istanti prima erano fermi.
La frattura venne richiusa in fretta, il vento in un crescendo fischiante presagiva guai.

La figura trapassò la fitta nebbia e puntò Antonio, colui che si ritrovò più vicino.
<Morite, stranieri!> ordinò Rita, agitando il bastone come un'arma.

Era vestita con abiti tradizionali, ricchi e pieni di fregi e dettagli dorati, luccicanti, come i tanti gioielli addosso.
In contrasto, indossava anche il pesante gabbanu dei pastori.

Lo strumento magico, brillante di un'aura rossa scura, sibilò nell'aria accanto lo spagnolo.

Questi era riuscito a schivare in tempo. Evocata la sua fidata alabarda, mirò un colpo al suo fianco.
L'isolana strinse con sicurezza il suo bastone da pastore e le gemme incastonate nel ferro decorativo in cima, gli occhi del mamuthones in ferro, brillarono.

Così uno scudo si creò e la parò dall'attacco di Antonio, dandole tempo di arretrare e preparare il nuovo attacco.
All'istante si girò alla sua sinistra e sferrò un attacco magico contro Gilbert, il quale aveva tentato di attaccarla di sorpresa.

Il prussiano schivò parando il colpo con la spada, con lo svantaggio di essere sbalzato violentemente indietro.
Rita non perse tempo, alzò il bastone al cielo, una palla di luce e fuoco si concentrò all'estremità della sua arma.

Mosse il braccio e puntò il colpo letale sul germanico.
Gilbert era ancora a terra quando quel globo incandescente si scagliò su di lui. Venne tirato di lato e fatto rotolare in un aggroviglio di braccia e gambe sul prato.

Ludwig si rialzò all'istante dal fratello, ordinandogli: <Riprenditi!> e sparò vari proiettili nella direzione della nemica.
Simil cosa fece Alfred con le sue due Colt M1911.

La sarda, l'espressione dura come la pietra, antica ancora più di lei, pronunciò qualche parola in una lingua arcaica.

Una colonna di vento l'avvolse e mentre il mantello e la gonna svolazzavano con una regale potenza, i proiettili furono intrappolati e schizzati verso l'alto, lontano da loro.

<Sono buona, vi voglio dare un avvertimento. Andatevene o ne subirete le conseguenze.> minacciò Rita.

<Rita! Cosa stai dicendo? Questa non sei tu!> si stupì Franco, che ancora non riusciva a capacitarsi che quella potesse essere la stessa dolce e forte regione che poco prima l'aveva protetto al meglio delle sue capacità.

<Chi è Rita?> domandò come offesa ella <Io sono Alena! Ichnusa! Non mi lascerò schiacciare da qualche verme!> quasi urlò alla fine.

[N/A: Alena: traduzione sarda di Elena
Ichnusa: antico nome della Sardegna.]

Sbatté con forma il bastone a terra, le due ametiste risplendettero di una luce violetta.
La terra tremò e modellò un piccolo esercito di figure molto simili ai mamuthones che, con pesante fragore, iniziarono a muoversi.

<Attaccali!> ordinò la regione fuori di sé.
Quelle creature si mossero rapide, fin troppo per la loro pesante costituzione, e attaccarono le nazioni.

<L'Ichnusa mica era una marca di birra?!> domandò Gilbert confuso.
<Sì, anche! È sarda e anche il nome ha un significato! È un antico nome della Sardegna.> mezzo urlò Franco.

Debole e scoperto quale era, si rifugiò verso la prima nazione che trovò, ossia Yao.
Questi, senza troppe cerimonie, partì alla carica di una creatura, spiccò un salto e con un colpo ben assestato di wok, potenziato dalla magia, staccò la testa al nemico.

Il capo rotolò a terra con un clangore di metallo. La maschera si staccò dal volto e il corpo intero scomparve.

<Bambino, non ti sai difendere?> domandò il cinese.
Non che lo infastidisse eccessivamente, anzi, era silenzioso. Inoltre quegli occhioni che lo osservavano, prima con speranza e poi con ammirazione, erano un'attenzione che non riceveva da un bel po'.

<Non sono bravo come i miei fratelli e non ho una mia arma vera e propria. Solo questo.> spiegò il molisano, evocando un pugnale molto spartano ma affilato.

<Allora lascia fare agli esperti.> asserì l'asiatico.
<Ma-! È mia sorella, non è da lei fare così! Non fatele del male!> lo implorò la regione.

<Se non ci difendiamo, ci uccide lei.> fu il commento lapidario di Kiku, seguendo il fratello maggiore nella carica contro i nemici.

<N-non ha senso.> balbettò Franco.
<È sotto l'effetto di una magia!> sbuffò stizzito Arthur, comparendo al suo fianco, gli occhi solitamente verdi che brillavano di un blu elettrico innaturale.

<Non si può spezzare?!> domandò il molisano.
<Ora non c'é tempo di analizzare, possiamo solo attaccare e difenderci.> decretò il britannico.




N/A: finalmente entriamo nel vivo dell'azione!

Rita non è la nostra amata e dolciosa dea, ma una macchina assassina pronta per ridurre i nemici in una tartare di nazioni + 1 regione italiana.

Chissà cosa dovranno fare per risolvere la situazione~

Gabbia di séWhere stories live. Discover now