Capitolo 39. Tutti fottuti, evviva!

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Mentre un gruppo si addentrava nei magici quartieri spagnoli di Napoli, l'altro finalmente uscì da quella foresta che sembrava infinita.

<Oh, non ne potevo più di piante ed erba molle!> esclamò Alfred. Erano in un tunnel con varie finestrelle ai lati. La cosa strana era la loro posizione: nessuna era in pari alle altre per dimensioni o posizione o stile. Sembrava che un architetto e un ingegnere si fossero coalizzati per creare un mostro edilizio.

<Hai questa grande passione per cementificare tutto?> domandò Angela.
<Beh, tutto è più veloce sulle autostrade che sull'erba!> si difese lo statunitense.

<Mi spiace per il tuo ecosistema.> notò Domenico. Con tutti i parchi nei suoi territori, era leggermente sensibile all'argomento.

<Però hai tante belle strade per andare dovunque!> ribatté Alfred.
<Beh, forse avere un bel pezzo di territori in pianura aiuta.> commentò Rita <Beh, sicuro hai più pianura, in percentuale, di me.>

<Posso aiutare! Un'eroe è un'eroe sotto tutti gli aspetti, se non aiutassi una fanciulla che ha problemi con le strade non sarei un eroe!> si propose subito Alfred.

<Ora stai iniziando a sparare cazzate.> decretò Yao, spingendo la porta in fondo a quello strano corridoio. Tenendo il più possibile Franco dietro di sé, per fargli da scudo, avanzò per arrestarsi in fretta al vedere le strane mattonelle per yerra.
Peccato che gli altri fosseri presi dal teatrino dell'americano e si fermarono senza far domande.

<Oh, non è solo strade! Un po' tutto, la viabilità è critica! Ci vorrebbero anche più treni e ferrovie, perché ci sono certe parti che sono collegate al resto con, tipo, un solo treno o due al giorno! Non è vivibile.> raccontava nel mentre Rita.

<Preferisco le auto, ma per aiutare una bella regione in difficoltà, come eroe, ho il dovere di aiutarti anche in ciò!> proseguì, un po' pavoneggiandosi, lo statunitense. Si era gonfiato il petto, sorridendo smagliante, il pollice della mano contro il petto muscoloso.

<Matthew, se vuoi conquistarla, devi farti avanti, anche se non con lo stile di Alfred, per favore.> sussurrò Francis alla ex colonia.
Il canadese si sentì bruciare dall'imbarazzo ma annuì velocemente.

<Secondo te potremmo estorcergli la promessa di ripagare il nostro debito pubblico?> chiese Angela ad Arthur, fissando i due.

L'inglese la fissò stupita, ma con un piccolo sorriso divertito in volto.
<Mi piace come ragioni, a danno di quell'idiota sono sempre pronto a complottare. E... non credo. C'è una vena troppo capitalistica in lui.> rispose, incrociando le mani sulla schiena.

<Neanche un quindicesimo, se dicessi che è di Rita e che le grava molto?> inquisì l'umbra.
<Non eravate venti regioni e ben ventuno rappresentanti?> domandò il britannico.

<Lui mica lo ricorda.> notò Angela, al che Arthur rise di gusto, decretando che potevano pensarci.

<Ehi, qua ci sarebbe un problema! Ci siamo fermati e neanche ve ne siete accorti!> Yao sgridò tutti, guardandoli torvo.

<Sembra un launchpad gigante.> commentò Matthew.
<Un cosa?> domandò Arthur.
<Una tavoletta con tanti tasti che puoi programmare al computer così ognuna fa un suono diverso e ci suoni.> spiegò il canadese.

<Vediamo!> notò Alfred, avvicinandosi. Fissò la prima fila di tasti e salì su uno, che emise una nota abbastanza alta.
Lo statunitense neanche riuscì a chiedere per intero: <Tutto ok!> che il grande tasto sotto di lui tremò e svanì.

Cacciò un urlo ma, per sua enorme fortuna, Rita era lì per salvarlo. Prontamente usò la magia e creò una rete di salvataggio sotto di lui, riportandolo appena prima delle mattonelle.

Cautamente la sarda si sporse oltre il bordo con il volto e fischiò con strana ammirazione al notare tutte le lame aguzze sul fondo.
Intanto il biondino si stava ancora riprendendo, le palpitazioni a mille.

<Al, perché non usi mai il cervello?!> lo rimproverò Matthew, chinandosi accanto a lui e scuotendolo. Poi alzò lo sguardo sull'antica regione e replicò: <Grazie mille, sei grandiosa!>

<Prego.> rispose dolce Rita, ma aggrontando le sopracciglia al rompicapo davanti a loro.
<Secondo me c'è un motivetto che dobbiamo scoprire, a giudicare dal suono che ha fatto quel tasto e a stimare quante file di piastrelle sonore ci sono.> ipotizzò Angela.

<Ma ci metteremo anni! Non possiamo teletrasportarci o cosa?> inquisì Yao.
<Quella magia funziona solo per un luogo che già conosci. Io non sono ancora stato lì, ergo non lo conosco.> replicò Arthur.

<Allora dobbiamo sfruttare il tempo che abbiamo, se non possiamo volare fin di là!> decretò lo statunitense.
<Aspetta, volare possiamo farlo!> esclamò il britannico <Una volta lì, torno indietro e teletrasporto tutti!>

<Ti seguo, per sicurezza.> propose Angela. Batté le mani e due alette dorate le comparvero sulla schiena.

<Io mi accontenterò di sfruttare il vento, dato che non credo potrò evocare qua il mio unicorno.> sospirò Arthur. Un'aria fredda e sferzante lo livrò in aria in fretta e si fece sospingere verso l'altro lato, Angela al seguito con le sue alucce.

Erano quasi a metà strada che tutto volse per il peggio ed Arthur andò a sbattere contro qualcosa di invisibile, che lo elettrificò.
Cacciò un urlo, perdendo il controllo sui venti, cadendo mezzo incosciente su una mattonella che emise un grave do.

Mentre si levavano urla preoccupate dal bordo, la piattaforma svanì sotto il britannico, lasciandolo cadere verso una morte piena di lame e punzoni.

•~-~•

Intanto l'altro gruppo proseguiva in quelle viuzze principalmente andando dritti, decretando che prima o poi si sarebbe fatto vivo.

L'attesa un pochino rendeva i nervi tesi, giusto poco.
<In questo spazio non si può combattere, non c'è spazio!> si lamentò Gilbert, che teneva già la spada pronta nel suo fodero.

<Io forse riesco a prendere una posizione di vantaggio, se ci sono sporgenze.> notò Francesca, fissando le case ai piani superiori.

Si arrestarono all'udire uno sparo poco più avanti. Tutti si misero all'attenti, le armi pronte e in posa difensiva.

Altri due spari furono rivolti al cielo e, solo quando i bossoli rimbalzarono a terra fino a fermarsi, dei passi risuonarono sulla strada un po' rovinata.

Spuntò una figura da una viuzza laterale, vestita di tutto punto e con un fiorellino all'occhiello nel taschino davanti.

Indossava un tre pezzi sui toni del blu scuro, con piccole righine bianche verticali e una camicia color panna. In mano teneva un fucile d'assalto molto moderno, non un AK-47, ma l'unico che avrebbe potuto dare loro delucidazioni non era lì. E non era neppure momento per chiedere, anche perché potevano udire urla spaventate dall'altro lato.

Erano tutti fottuti, evviva!

Indossava un cappellino dalla falda stretta e lo sollevò abbastanza da far baciare dal sole la sua faccia di puro disappunto.

<Siete entrati nelle mie terre senza permesso.> constatò Giuseppe, imbracciando meglio il fucile.
Si tolse il cappello con una mano e, subito dopo, lesto come un fulmine, sparò quasi un intero caricatore di proiettili urlando: <Nessuno uscira vivo, parola di boss della Camorra!>


N/A: Angela é pronta ad approfittare della stupidità di Alfred, crediamo tutti in te, ce la puoi fare!

E rip Arthur che diventerà un grazioso punta spilli. Ma chissene, finalmente compare Giuseppe!

Versione camorrista però, quindi non è proprio nel mood migliore. Ma ci si deve accontentare nella vita, no?

Gabbia di séWo Geschichten leben. Entdecke jetzt