Capitolo 33. La lupacchiotta non aspetta neanche i Mario-padroni

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Sofia si avvicinò a Francesca e fece sparire le corde che la legavano, con enorme piacere di quest'ultima.
Nel mentre, Mario si mise seduto, lo sguardo perso e una smorfia in volto.

<Ehi, ci sei?> domandò Francesca.
Il laziale si voltò a guardarla. La riconobbe, gli occhi si illuminarono di gioia, spalancò le braccia e strillò: <France'!>

<Se pensi che ti abbraccerò, scordatelo.> lo stroncò sul nascere la toscana, alzandosi.
Mario si mise in piedi a sua volta, le gambe leggermente tremolanti, e si fiondò su di lei lo stesso.

Francesca lo evitò all'ultimo, facendo quasi ruzzolare a terra il povero sottone.
<Sei sempre così dura con i miei sentimenti.> si imbronciò il laziale.

<E tu non hai privacy dei miei ricordi!> sbottò lei, ancora punta sul vivo dalla questione i-ricordi-di-Romulus-ora-sono-di-Mario-o-cosa.

<Cosa?> chiese lui.
<Sostenevi di essere Romulus e cose così, la chiamavi con il suo vecchio nome e parlavi di fatti che solo lei e Impero Romano potevano conoscere.> riassunse Sofia.

Mario le fissò e ragionò: <So di avere qualche ricordo o simile di Romulus, però non ci do mai troppo peso. Li uso per sapere il latino o i pochi incantesimi che so fare, tipo evocare un esercito e la mia lupacchiotta!>

<La tua lupa può morire?> domandò Ludwig. Meglio saperlo prima che dopo.
<Le avete fatto del male?!> si spaventò Mario.
<Ci ha attaccati lei!> si difese l'emiliana.

Il laziale all'istante fece tornare a sé il gladio, lo conficcò nel terreno e recitò: <Roma invicta!>
Subito la sua lupa apparve, girandogli intorno per poi sedersi accanto a lui.

<Fiu, stai bene!> si rallegrò Mario.
<La stessa cosa non si può dire per gli altri.> notò Henrique, che aveva notato qualcosa di strano nella sfera.

Sofia la ingrandì mentre Mario chiese: <Gli altri?>
<Altre nazioni e alcuni di noi, cioè Franco, Rita, Angela, Domenico e Maurizio.> riassunse Francesca.

Gilbert lasciò stare la cartina che aveva appena estratto per vedere che succedeva.
<Di nuovo quelle figure!> esclamò lui.
<Di nuovo?> chiese Ivan.

<Storia lunga, però non sembrano precisamente loro. Hanno armi diverse.> notò Ludwig.
<E sembra stiano facendo il culo agli altri! Staranno bene?> si preoccupò Mario.

<Sì, se la sanno cavare. Noi dobbiamo andare avanti.> assicurò Antonio.
<Va bene.> sospirò Sofia, rimpicciolendo la scena.

<Tu, quale regione sei?> si intromise l'albino con la mappa.
Mario gliela indicò con uno sguardo confuso.

<Vuole fare tipo collezione.> spiegò Sofia <Ci puoi far uscire da questo palazzo? Possibilmente non dall'ingresso? Quelli ancora da salvare sicuro saranno dopo questa città.>

<Non so quale sia l'uscita. Non so manco dove siamo, di preciso.> si difese Mario.
Si chinò ad altezza della sua lupa e chiese dolce: <Riesci a farci uscire di qui? Per favoreeeee?>

La lupa subito scattò, correndo a moderata velocità.
<Anche più lenta, lupacchiotta!> si lamentò il laziale, cominciando a correre.
E così gli altri furono costretti a seguirlo fuori dalle mura.

•~-~•

Alfonso e Santiago se lo aspettavano e si erano già avvicinati a Flavio, avvisandolo che avrebbero provato a fare breccia.

L'italiano aveva sorriso loro, si vedeva dagli occhi ridotte a due mezzelune sadiche, e aveva annuito, aggiungendo sottovoce che si fidava di loro.

Quando i nemici si teletrasportarono, erano già pronti e sfoderarono le loro lame contro di loro.

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