Capitolo 56. Gigi ha tendenze simil bipolari

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Franco strizzò gli occhi chiusi e cercò di isolarsi da quella situazione, sperando di poter attingere meglio ai suoi poteri.

Non era semplice, anche con addosso dei paraorecchie così efficaci ma dal colore di dubbio gusto.

Francis gli corse quasi addosso, urlando un avvertimento ormai quando era troppo tardi. Lo sorpassò e tagliò in modo netto la bomba salterina in due, che scoppio generando un'onda d'urto.

Il molisano neanche la sentì, dato che il francese gli aveva dato una gomitata sulla tempia che l'aveva spedito a terra.

Gemette dal dolore, strizzando gli occhi chiusi. Per colpa delle pacchiane cuffie, non sentì neanche le urla di Rita quando svenne.

•~-~•

<Warum alle für mich*?!> strillò Gilbert in un lamento mentre venne sollevato di peso dalla tromba d'aria, lontano dal fratello e dagli altri.

Finì a terra, di schiena, con poca grazia, e in fretta sentì una scarpa premergli sullo sterno.

<Mi piace avere i nemici sotto i miei piedi~> gioì Giorgio, gongolante, da sopra di lui.
Il prussiano ci mise qualche secondo a mettere a fuoco. Un grande sorriso, un po' sghembo, fu la prima cosa che vide. Poi notò due pomelli rosati appena al di sopra delle labbra chiare e due occhioni color del miele che lo fissavano con intensità.

I capelli ramati non nascosti dal cappello, appena ondulati, gli ricadevano attorno come una tendina di fini fili di metallo.

L'ex nazione rimase con la bocca spalancata, fissando il nemico con un'espressione da pesce lesso, bellamente ignorando la propria spada puntata contro, a pochi centimetri dalla gola.

<Ora chi ha il coltello dalla parte del manico?> domandò retorico il veneto, le ali di tenebra che si sgretolavano piuma dopo piuma alle sue spalle.

<Cazzo.> riuscì solo a dire Ludwig, il cuore in subbuglio, terrorizzato per il fratello. Quando le nazioni della dimensione parallela avevano tentato di distruggerli per la prima volta, Gilbert era rimasto al suo fianco. Gli aveva impedito di impazzire.

Lì potevano morire per sempre. Già era un miracolo (o forse infiniti miracoli che si susseguivano) che non fosse già morto. Non poteva lasciare che venisse ferito.

<Merda.> bofonchiò l'emiliana, accovacciata vicino al bordo del pezzo di piazza sul quale era, vomitando appena oltre il bordo.
Ora che si muovevano come piccoli fazzoletti di cemento sull'acqua, le era ritornato il mal di mare.

Ivan si chinò accanto a lei, evitando che svenisse o simile per il malessere.
<Cosa vuoi in cambio?> domandò ad alta voce.

<La vostra morte. O la vostra resa incondizionata così posso decidere io che territori prendere da voi.> decretò Giorgio dopo qualche secondo di riflessione.

<Non siamo più nel '400 o '500 o quel che è!> si esasperò Rosa <Non sei più un repubblica marinara!>
<Gelosa della mia potenza, Andrea?!> rispose per le rime il veneto.

<Se continuiamo su questa linea è inutile. Si incazza e basta.> ragionò Francesca.
<Il punto non è il potere come repubblica marinara, di per sé.> constatò Anna <È la possibilità che il potere gli dà di proteggere Feliciano. Il suo ricordo da bambino, ad essere precisi.>

<Non possiamo farlo arrendere, allora. Va contro i suoi principi.> notò Kiku <Ma non possiamo arrenderci noi a lui.>
<Avete deciso quale delle due opzioni accettare?> domandò Giorgio.

<Non puoi difendere per un'eternità le persone a cui tieni.> rispose Ivan, alzandosi in piedi, facendo da bastone per Sofia.

<Sì che posso, sono il più potente!> si difese il veneto.
<Il potere non sta per sempre nelle mani di un luogo. Mai. Per quanto si può sperare, per quanto ci si può aggrappare al potere... non resterà tuo.> replicò Ivan, pacato, ma lo sguardo distante.

Gabbia di séWhere stories live. Discover now