Capitolo 111. O tutti o tutti.

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Rita fece un mezzo giro su se stessa così rapidamente che strattonò con forza un braccio di Roberto e uno di Rosa, tanto che il piemontese ebbe paura di trovarselo staccato dal corpo.

<Ti sei ripreso!> esclamò sollevata Rita. Poi si accigliò e ordinò: <Assolutamente no! Sei matto? Ci hai salvato tutti, usando non so quanto della tua magia che non sai neppure controllare e che per di più hai scoperto di avere in tale quantità neanche qualche ora fa! Categoricamente no! Devi riposare!>

Franco incroció le braccia e ribatté: <L'avevo scoperto l'altra volta che abbiamo avuto a che fare con i piani di questo alter-ego di Feliciano, ma l'avevo ignorato. Pensavo fosse stato un caso, nessuno ha mai detto niente.>

E lì nessuno poté negarglielo, tanto che la piccola regione proseguì indisturbata: <E sto imparando! Sono ancora qua nonostante mi sia sforzato, no? E poi non sto dicendo che faccio tutto io! Voglio solo aiutare chi non sa usare la sua magia.>
<Da instabile quanto sei? No, no e ancora no!> l'isolana s'incaponì.

<Avete bisogno di tutti! O voi siete tutti e io non valgo proprio niente?!>
Avrebbe voluto rimanere deciso, ma sfortunatamente la voce s'incrinò sul finale, mentre gli occhi erano lucidi.

<Tu vali.> ribatté Michele, spezzando il silenzio e sorprendendo più di qualcuno <È che Rita si preoccupa per te. E non è l'unica.>

Franco lo fissò torvo e incrociò le braccia al petto. Anche senza parlare, era chiaro che del pugliese non si fidava.
<Proprio te parli?> però ribadì, tanto per rigirare il coltello nella piaga.

Angela tolse la mano che la teneva unita a Mario e la porse muta a Franco. Dopo lunghi secondi di silenzio, esortó: <Ti vogliamo, anche se purtroppo non vorremmo. Hai già fatto tanto. Ci hai salvato tutti, due volte. La prima riuscendo effettivamente ad allertare le nazioni, la seconda liberandoci dal maleficio. Vorremmo non doverti chiedere una terza volta di aiutare tutti, ora anche le nazioni e anche Feliciano e Lovino. Ma dobbiamo. Vieni. Però starò attenta che non ti farai male.>

Franco s'avvicinò come un uccellino impaurito e perso nella neve. Prima di afferrare la mano, indagò: <Poi riuscirai lo stesso ad aiutare gli altri a non esagerare con la magia?>
Angela abbozzò un piccolo sorriso e ribadì: <Sono ancora multitasking, fino a prova contraria. E poi è quasi la stessa cosa, su.>

Franco allora afferrò la sua mano e anche quella di Mario.
<E dopo questo momento toccante.> Carlo ruppe il momento <Cosa dobbiamo fare?>

<Chiudi gli occhi e concentrati su quel qualcosa che ti dà motivazione, come ha detto prima Giorgio. Noi penseremo al resto.> rispose Sofia.

<Ammetto, non so quanto riesco a contribuire, senza flauto.> intervenne Bruno.
<Daremo la spinta sia a te che a Giorgio, prima.> rispose Vincenzo <Così ci aiuterete. Poi il focus di tutti saranno Giorgio e Giovanna. Sono loro due quelli che devono provare a salvare Lovino e Feliciano, data la loro connessione.>

<Bene, sbrighiamoci. La situazione sembra star peggiorando.> notò Francesca, facendo un cenno verso le nazioni che duellavano, per poi strizzare gli occhi chiusi.

Si sentiva un po' idiota, ma se fosse servito a mettere un punto a quell'Inferno, molto volentieri.
E se non poteva strozzare personalmente quell'alter-ego di Feliciano, avrebbe lasciato volentieri alla magia l'onore.

La magia la prese in fretta.
Prima come un formicolio sulla nuca, poi come una scarica e infine come una fiamma.

Era lei la fiamma. Era ineluttabile!

E poi fu strattonata e trascinata, come se stesse calando a picco e venendo inghiottita da un fondale melmoso.
No, no!
Lei era una fiamma!

Un altro strattone, ma verso il su. Galleggiava, ma non era ancora una fiamma.
Si voltò e allo stesso tempo il suo corpo rimase immobile.

L'avvertì, più che la vide, la presenza ammonitrice di Rita, che la sospingeva ancora più su, fino a che non camminarono sopra l'acqua.
C'era anche qualcun altro, non sapeva bene chi, ma erano tutti sperduti e confusi e frustrati, ma allo stesso tempo seguivano Rita come se fossero paperelle e la sarda la loro mamma.

D'improvviso, fu come essere in un tunnel con una luce in fondo. Dovevano raggiungerla, no? Bisogna uscire dal tunnel!
Rita la (li) fermò e la (li) costrinse a sedersi a terra. Dovevano aspettare? Non voleva aspettare!

Rita la (li) invitò a toccare il terreno o ad accarezzare l'aria.
Ma mai con parole, solo con gesti. E Francesca lo fece. Accarezzò l'aria, che era ben diverso dall'attraversarla, e la sentí sfrigolare.

Poggiò l'altra mano a terra e la terra pulsò. Pulsava seguendo qualcosa, oppure qualcuno. No, non qualcuno.
Qualcuna.

Non seppe come, ma riconobbe che era Giovanna. La stavano supportando. Probabilmente c'era lei all'uscita del tunnel. Era l'unica spiegazione.
Ma perché non la raggiungevano? Quel pizzicorio aveva ripreso e la spingeva verso il fondo!

Di nuovo l'ammonizione di Rita arrivò. Si fissarono e allo stesso tempo si avvicinarono e insieme non fecero nulla di ciò.
La sarda, senza parole, senza gesti, la convinse a risedersi e a toccare il terreno o accarezzare l'aria.
Dovevano stare lì. Non aveva ancora chiaro il perché, forse lo aveva saputo ma l'aveva dimenticato. Ma sarebbe rimasta lì.
Rita non scherzava.

•~-~•

La prima sensazione che Giorgio sentì, una volta catapultato, fu freddo.
E ciò lo fece rabbrividire.
Ma non per il freddo.

Perché ogni volta che cercava e trovava Feliciano, era essere investito da un'ondata di suoni, colori e calore.
Era un caos che lo stordiva, ma allo stesso tempo era casa. Era Feli.

Quello non era Feliciano, però.
Era... un vuoto. Un vuoto risucchiante, un vuoto vivente. Ed era ben più spaventoso di un vuoto asettico, un vuoto privo e basta.

Giorgio avanzò di un passo, mentre avrebbe voluto sentire il suo cuore rimbombargli nelle orecchie, ma non sentì niente.

<Feli!> urlò.
O almeno tentò.
Sforzò la gola finché non la raschiò, ma non uscì neanche il più flebile suono.

Era tutto vuoto, tutto assenza, un'assenza movente che lo stava per sopraffare se non avesse fatto qualsiasi cosa.

Prese a correre in una direzione qualsiasi, fino a che i muscoli non gli chiesero pietà. Sentì le lacrime agli occhi mentre ansimava senza fare suono e il suo cuore s'agitava senza creare rimbombi.

Si prese la testa tra le mani.
Come rimpiangeva il mondo caotico con cui Feliciano l'accoglieva.



N/A: eh niente, sono cotta. E sono incline alla pazzia, livello di Giorgio se non oltre.

Gabbia di séWhere stories live. Discover now