Capitolo 61. È anche peggio dell'artiglieria su per il culo!

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N/A: comunque, stavo pensando... Questa storia sarà anche più lunga di quella precedente, probabilmente.
Ma questa almeno ne ero conscia che sarebbe stata lunga.

L'altra mi ero illusa che attorno il capitolo 30, massimo 40, l'avrei finita... E poi sono arrivata a 80 ma dettagli.

Ma qua ho paura di sfiorare i 100 e non era mia intenzione qwq.
Solo il tempo ci dirà quando la finirò.

Ma io vi ringrazio sempre per supportare me, i miei titoli cretini e le mie storie demenziali <3.
Oggi ero in vena affettuosa, boh.
Buona lettura.






Franco, con la vista appannata, notò lo stesso che la barriera protettiva non c'era più.
Ma neppure le bombe.

Mentre i contorni tornavano ad essere uno e non 3 mal sovrapposti, notò che Carmela era scesa a metà muro, su una sporgenza (chissà come ma meglio non farsi domande senza risposta).

Urlò, inviperita: <Come avete fatto?!>
Yao abbracciò più forte il piccolo italiano e sussurrò: <Sei stato bravissimo bimbo.>

<Allora mi tocca passare alle maniere forti!> dichiarò poco dopo la posseduta.
<Ah-. Cosa cazzo hai Mimi, un'artiglieria su per il culo?! Senza offesa eh-!> si intromise Michele.

Carmela lo fissó stralunata, deviando come se nulla fosse i colpi di Alfred, Arthur e Matthew.
<Non vale, c'ha lo scudo che non si toglie!> s'indignò lo statunitense.

<Tesorucci miei, aiutatemi!> invece ordinò la lucana. Dal terreno spuntarono ammassi di legno e foglie e che alzarono i loro grossi rami... e iniziarono a lanciare bombe dal nulla!

<Questo è anche peggio della artiglieria su per il culo!> lagnò il pugliese, facendo esplodere una bomba battendola con il suo martello gigante.
Come a baseball. Giusto un po' più mortale e con martelli al posto di mazze.

L'importante era non farsi ammazzare.
Carmela se la rise a crepapelle scendendo velocemente giù per il muro, usando come presa due coltelli che conficcò nel muro solo in piccola parte e con cui scivolò finché non finì in testa al rumit più alto.

Dichiarò a gran voce: <Buona fortuna, stronzetti!>

E ne serviva davvero.

•~-~•

Giorgio aveva mantenuto fede alle proprie parole, scatenando l'Inferno. La strada si frantumò e uscirono mani artigliate che strapparono e squarciarono vesti e carni.

Quelli con il destino peggiore erano artigliati e trascinati giù nel terreno, senza più rispuntare.
In fretta il pandemonio finì.

Rimasero corpi inermi, zampillanti sangue, spenti. Nell'aria aleggiava l'odore di zolfo, pungente. Pizzicava gli occhi.

<Questo sì che è stato impressionante!> esclamò Ivan.
<Bene, perché per almeno 10 minuti non potrò rifarlo, la carta deve rigenerarsi.> dichiarò il veneto, avvicinandosi ai corpi rimasti.

Si chinò accanto a uno e strappò con le mani un pezzo della camicetta, cercando di renderlo il più quadrato possibile. Tirò fuori una carta e ci ficcò dentro il pezzo di stoffa.

<Le carte si alimentano di stoffa?> domandò estremamente confuso Kiku.
<No. Serve per altro.> rispose Giorgio <Aspetta e vedrai. Raggiungiamo quel coglione lassù.>

E il veneto strinse spasmodicamente la mano a pugno in una tasca, provando a prepararsi psicologicamente.
Il crucco candegginato non lo aiutò, mentre lo complimentava con modi bambineschi: <Che figata, è stato strepitoso! È estremamente utile!>

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