Capitolo 106. Casi disperati

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Flavio sarebbe stato indignato se avesse scoperto che neppure Santiago e Alfonso se la stavano passando alla grande. Nonostante avessero dalla loro parte un più costante allenamento, i loro avversari si stavano rivelando un osso abbastanza duro!

Per un po' Santiago aveva ridotto tutto il suo pensiero ad automatismi. Chinarsi, arretrare, sbilanciare peso, lanciarsi, flettere e poi distendere le braccia, purtroppo far sibilare la lama nell'aria piuttosto che contro la pelle dell'avversario. Schivare. E ripetere, con variazioni più o meno piccole.

Ben presto aveva compreso, con suo grande disappunto, che quella strategia non l'avrebbe fatto vincere. Anche il suo avversario era concentrato, ma ben più "vivo": ogni suo movimento non sembrava solo mirato a sopravvivere e uccidere, ma a vivere per potersi vendicare.
Di che cosa, chissà.

Però, chissà, forse poteva usare quella sua passione a suo favore.

<Però ammettilo che un po' mi invidi.> commentò tutto d'un tratto, tagliente come il colpo appena non andato a segno.
Il suo tono non accettava nessuna replica. Paradossale, dato che lui stesso era conscio di star procedendo a tentoni.

Antonio lo fissò per un istante come se fosse pazzo, ma non abbassò la guardia.
Bingo? Dubitava. Ma l'esca era stata allettante.

Quindi Santiago proseguì: <Non fare quella faccia. Io posso scoparmi Romano. Tu no. E so che ti brucia. Bruciava anche a me, quando Flavio mi aveva ignorato in favore di mio fratello.>

Antonio si bloccò per un istante prima di ritornare in posizione difensiva, guadagnando un colletto sfregiato sulla camicetta indossata.

Santiago dovette trattenersi dallo sghignazzare.

Lo spagnolo gli riservò subito dopo un'occhiataccia piena d'odio, ma insieme sprecó una perfetta opportunità per tranciarlo, preferendo mantenere una posa difensiva.

<È un vero peccato, per te. Se il Romano della tua dimensione è anche solo la metà del mio...>
Si fiondó sul nemico, con un colpo che avrebbe dovuto tranciarlo dalla spalla al fianco. Ovviamente Antonio lo parò e i due si ritrovano faccia a faccia.

<... oh, non sai cosa ti stai perdendo!> sussurrò Santiago, con ghigno e sguardo eloquente a sottolineare le sue parole.

Antonio digrignò i denti, mentre arretrò in tutta fretta. Le spalle tremarono per un istante. Poi si fiondó contro il nemico con ancora più foga, sibilando: <So già cosa mi perdo!>

Santiago spalancò un attimo gli occhi ma non sprecó nessun secondo prezioso e parò con efficacia tutti gli attacchi altrui.

(Le sue braccia non avevano assolutamente tremato sotto la forza dei primi colpi, nossignore)

Che idiota il suo alter-ego! Ora doveva solo farlo sfinire. E a giudicare dal respiro affannato, non mancava troppo.

(Lui assolutamente non aveva un respiro affannato)

Alfonso stava avendo simili difficoltà, ma era meno frustrato del fratello.
Infatti erano più le volte che schivava tra commenti frivoli e risolini che le volte che attaccava. Il tutto con una faccia da schiaffi, per il proprio alter-ego.

<Se vi arrendeste sarebbe tutto più semplice!> notò ad un tratto Alfonso <Forse riavresti anche il tuo amore! Chissà come deve essere non condividerlo con tuo fratello! A pensarci... Che strano! Ormai io->

<Zitto.> sibilò Henrique, che stava usando tutta la sua forza di volontà per non girarsi nella direzione dei nord americani e vedere come stava il suo querido, anche se posseduto.
Tutti quegli spari lo agitavano.
Scenari su scenari disastrosi gli affollavano la testa. In tutti, Lovino esalava l'ultimo respiro, esangue, su quel pavimento di pietra.

Voleva solo riabbracciarlo e mettere una fine a quella giornata assurda!
E quella sua versione pazza di un mondo assurdo lo stava solo innervosendo! Ma nonostante la chiara follia, sapeva il fatto suo.

<Sei un gran maleducato.> lamentò Alfonso con tono leggero <Uno vuole solo conversare!>

<Vuoi uccidermi!> ribatté João, che non riuscì a resistere dal replicare.
<Beh, Luciano ha ordinato e quello che dice lui è legge. Io avrei fatto qualche altra chiacchiera.> notò l'altro portoghese.

<Perché?!> quasi esaló Henrique. Strinse i denti: i muscoli delle braccia protestavano per la prima durante lo scontro.

Alfonso, schivando di lato, fece quasi un saltello sul posto e subito si prodigó a capire: <Perché cosa? Perché la parola di Luciano è legge? Perché io preferirei chiacchierare? Perché facciamo questo? Perché ti combatto? Sii più specifico!>

João non si bloccò a metà del proprio colpo (mancato), ma fu colpito dalla reazione altrui.
"La paranoia è presente in qualsiasi versione di me?" pensó.

Nel dubbio, ripeté con tono esasperato: <Perché?!>
<Perché cosa?!> quasi strillò Alfonso, che ormai sembrava più concentrato sul capire che sul combattere.

E comunque sgusciava via come una saponetta, diamine!

Invece era più simile ad un bulldozer Kuro, con cui Yao stava avendo lo spiacere di combattere.
Purtroppo poteva solo parare e parare e parare, dato che non poteva troppo spostarsi o Kiku sarebbe stato preda facile dell'alter-ego!

<Patetico.> lamentò Kuro, infastidito dalla muraglia non impenetrabile, ma altamente fastidiosa, che era diventato il cinese.

<Fammi finire quello che ho iniziato! Ha perso, merita di morire!> continuò.
<Hai attaccato a tradimento!> sibilò Yao.

Kuro non si prese la briga di rispondere e si concentrò sul distruggere, tra colpi di lama e colpi magici, la difesa altrui.
Yao strinse i denti e mantenne la posizione. Ma le braccia strillavano con sempre più insistenza e, per quanto stava digrignando, ebbe paura di spezzarsi i denti.

Da fermo, aveva poche chance di vincere.
Però non poteva muoversi!
Erano stati su lati opposti di più guerre di quante Yao avesse piacere a ricordare, ed era stato ferito molto da certi suoi atteggiamenti, ma Kiku era sempre Kiku, una sorta di suo fratello minore, parte della sua famiglia, e la famiglia non si abbandona!

E fu allora che lo sentì.
Un sussurro. Quasi un'allucinazione.
<Yakkun*>

E, neanche avesse il dono della telepatia, il cinese capì in un battito di ciglia.
Fece un breve cenno con la testa.

Mentre la lama della Katana di Kuro rimbalzava contro il wok, Yao si chinò di scatto, portandosi l'arma sopra la testa.
Un fruscio di vesti dietro di sé e poi due piedi che si appoggiavano sul suo wok e lo usavano come piattaforma di lancio, mentre Kuro imprecava.

Yao si rialzò ed ebbe un attimo di tentennamento tra l'aiutare il fratello, che era di nuovo pieno di energie e alimentato dalla furia, o aiutare quell'idiota del francese, che aveva lasciato da solo in balia di quella versione di Feliciano psicopatica.

Mentre ragionava, con il lusso di essere ignorato, la casualità volle che fece volgere lo sguardo verso un altro lato della stanza, dove c'era il fulcro di un'altra battaglia.

Il suo urlo squarciò l'aria.

E quello che accadde dopo dilaniò l'intera stanza.







N/A: *sicuramente non è culturalmente/linguisticamente esatto, ma non mi è venuto nient'altro in mente per creare un vezzeggiativo di Kiku per Yao se non unire Yao con kun in una maniera un po' bambinesca, in cui togli pezzi.
Qua puoi togliere poco, il nome è già corto, quindi da Yao a Yao-kun a Ya-kun e dato che i bimbi tendono ad accorpare cose e a staccarne altre, ho immaginato che raddoppiasse il suono della "k", quindi Yakkun.

Linciatemi se siete sicuri che questa cosa che ho creato sia una mia troiata assurda.
Spero vi sia piaciuto il capitolo e alla prossima!

Gabbia di séWhere stories live. Discover now