Capitolo 51. La testa non sta lì solo per bellezza

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N/A: se ci sono errori di battitura o di comprensione gravi avvisatemi. L'ho praticamente scritto tutto qualche ora fa perché prima non aveva avuto tempo e/o voglia (soprattutto voglia ma anche tempo).

L'inizio della sessione invernale si avvicina, per ora sono uscite solo date provvisorie, ma già mi sta salendo l'ansietta. Ahah, io sciocca che voglio provare a dare quattro esami tra gennaio e febbraio 🙃. Vediamo come andrà.

Ma questo a voi non interessa! Quindi vi lascio stare e vi auguro una buona lettura!


Luciano tornò nell'ampia stanza in cui gli altri stavano assistendo all'involontario teatrino di entrambi i gruppi.

<Ehi, ti sei perso la faccia di pura disperazione dell'altro Allen!> commentò Kuro, sorridente <Che cretino, pensava di avere una chance!>

<Chi se ne fotte!> esclamò l'italiano, dando un calcio ad una sedia libera <Quella piccola macchina da guerra è stata battuta da una canzone?! E quell'altra ha capito subito il trucchetto per far sparire quel temptatio che era praticamente immortale, se lo combattevi!>

Prese tra le mani la sedia rovesciata e la lanciò contro una parete, in un fragore di legno scadente che si disfaceva.
<Voglio divertirmi, non chiedo tanto!> si esasperò, tenendo i pugni chiusi, fremendo sul posto di rabbia.

Lutz e Kuro si guardarono mentre Flavio, silenziosamente, li esortava a gesti e con il labiale a fare qualcosa.

I due si alzarono e il giapponese si mise in fretta nel campo visivo del settentrionale, alzò le braccia per accarezzargli le guance e asserì con tono più basso, sensuale: <Sei più incantevole di un'alba in un limpido giorno d'inverno sempre e comunque, ma rimanere così arrabbiato non ti fa bene.>

<Non hanno ancora capito il nostro piano, stanno solo procedendo più spediti. Vedila così; sono veloci ma davanti alla nostra potenza e strategia cadranno come mosche.> promise Lutz, avvicinandosi da dietro e cingendogli la vita con le braccia.

Luciano chiuse gli occhi e si costrinse a calmarsi, aiutato sicuramente dall'abbraccio di uno e dalle carezze dell'altro. Quando alzò le palpebre, fissò il nipponico con calma, sussurrando: <Ora sto meglio.>

I due lo lasciarono andare e lo riportarono vicino alla postazione di controllo.
<Ok, ok, posso vendicarmi.> si rassicurò l'italiano, prendendo un profondo respiro.

Appoggiò entrambe le mani sul pannello di controllo, imponendosi di non trapassarlo (non ancora), pensando a cosa poteva fare.

<Può esserci l'aiuto da casa?> domandò Alfonso, alzando una mano come un diligente studente.
Luciano girò la testa quasi ad un angolo innaturale e avvisò: <Non sono nel massimo della mia forma, cerca di non farmi incazzare. Parla.>

Il portoghese, totalmente indifferente alla minaccia, spiegò tranquillamente: <Beh, mentre quella regione piccolina era ancora sotto il tuo controllo, riusciva a far tremare la terra e cose così. Non puoi farlo anche tu? Spaccare un po' la strada per ostacolarli? Animare la città sarebbe fantastico, così ogni edificio imponente prova ad ammazzarli e sono rallentati.>

Il settentrionale lo fissò per lunghi secondi, ponderando. Poi le sue labbra si schiusero in un gran sorriso ed esclamò: <Oh, non hai solo una testa per bellezza!>

Si girò di nuovo verso i controlli. Appoggiò le mani sulla console e lasciò che le sue mani venissero assorbite da essa, fino al gomito.

Si concentrò sulla ricostruzione della città e sorrise mefistofelico.
Che si aprissero le danze!

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