Capitolo 43. Far impazzire è una specialità all'italiana

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N/A: non è un capitolo che mi fa impazzire o che sia eccessivamente significativo a parte due cosucce ma spero vi piaccia! <3

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<Non sono un cretino!> si lamentò Arthur, guardando storto Yao.
<Noi sappiamo dove stiamo andando, vero?> domandò Ivan.

<Certo che so dove stiamo andando, signor Russia, è la mia città, anche se fittizia!> s'imbronciò il meridionale, avanzando <Stiamo andando verso il mare. È un ottimo modo per andarsene da qua, no?>

<Credo che con la nostra fortuna si potrebbe aprire una voragine in Piazza Plebiscito e portarci da un'altra parte.> commentò Sofia.
<Basta cadere per buchi creati chissà come!> si lamentò Gilbert.

<Ci passiamo davanti, per raggiungere il mare.> informò Giuseppe <Quindi forse cadremo. Voi siete caduti per arrivare qua?>

<No, siamo passati da alberi a case in un secondo.> rispose Anna.
<Figo!> esclamò il campano. Passarono per la spaziosa Piazza, che dava sul Palazzo Reale di Napoli, e ne uscirono indenni, stranamente, arrivando finalmente al mare.

<Qua di solito se ci sono barche ci sono solo quelle dei VIP, ma ci faremo bastare quella!> e Giuseppe indicò un peschereccio abbastanza grande.

<No...> gemette Sofia, spaventata.
<Cosa succede, товарищ*? Senti qualche presenza oscura?> inquisì Ivan, guardingo.
<No, no... È che soffro molto il mal di mare. Odio salire su delle barche o cose del genere che galleggiano.> spiegò l'emiliana, guardando disgustata la barca.

<Ci tocca salire per andarcene.> obiettò Anna, dispiaciuta.
<Eeeee pronta~. Quando volete salire, ci sono!> esclamò Giuseppe, sorridendo radioso.

<Voi come siete messi con le caselle musicali?> domandò Henrique alla sfera.
<Non siamo neanche a un terzo!> si lamentò Arthur <Siamo tipo, boh, a un quinto o un quarto!>

<E sono già taaaaante caselle!> si aggiunse Alfred <Ma la signorina Rita sta facendo un ottimo lavoro a capire qual è la mattonella giusta.>

<Proviamo a rischiacciarle tutte di seguito e vedere se ci fa già venire in mente qualche canzone?> propose Maurizio.

Franco saltò sulle caselle, usufruendo della sua magia per livrare in aria, anche se non era certo di come ci stesse riuscendo, ma non se ne lamentò, e una dolce melodia si diffuse per la stanza e tramite la sfera.

<La so! La so!> esclamò Giuseppe.
<Davvero?!> si stupì Angela.
<È una ninna nanna che mamma ci cantava per farci dormire.> ricordò il campano, appoggiandosi vicino al timone della barca. Aggrottò le sopracciglia e proseguì: <Non ricordo le parole, ma so canticchiarla.>

<Fallo al meglio delle tue capacità e forse ci semplificherai il lavoro.> ordinò l'umbra.
<Quindi o è Giovanna o qualcun altro del sud. Che cosa tenera, ricordare una ninna nanna di quando si è piccoli!> sospirò Rita, in preda alla sua vena più sentimentale.

<Meno tenero è rischiare di morire per via di un launchpad letale.> puntualizzò Domenico.
<Dubito che chi troveremo abbia creato ciò consciamente, come è successo con voi.> obiettò Matthew.

Giuseppe canticchiò la canzone che mantenne un ritmo dolce e tranquillo, anche se le note non erano assolutamente distinguibili.
Angela si ripeté in testa la ninna nanna cercando di imprimersela nella memoria e decretò: <Ti richiamo se serve che me la canticchi di nuovo.>

Gabbia di séWhere stories live. Discover now