Capitolo 84. Il minore tra due mali orrendi

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Nel gruppetto di stambecchi fasulli su per la montagna qualcuno stava iniziando ad accusare la scalata.
<Non posso continuare ad andare avanti con 'sto freddo e questa salita! Di solito le colline me le giro in motorino!> lagnò Mario.

<Risparmia il fiato, allora. O cerca di alitarti sulle mani.> ribatté Francesca, pratica.
<Devo ammettere che anche io sono fuoriforma... Una volta tornato a casa, andrò a farmi una scampagnata sul monte Fuji.> commentò Kiku.
Ludwig abbozzò un sorriso d'intesa e rispose: <Ti capisco. Con tutta la palestra che faccio dovrei avere più resistenza di così. Eppure il solo pensiero di dover continuare a salire questa montagna per chissà quanto mi fa venire voglia di stramazzare al suolo.>

<In nostra difesa, questo è uno sforzo che prima ne ha avuti altri venti minimo, tra lotte e corse e ancora lotte.> notò Henrique.
<Mi dà fastidio, ma devo darti ragione.> sospirò Antonio. Si sfregò le mani sulle braccia nude e lamentó: <Dovrei essere più abituato di così al freddo! Madrid è circondata da montagne ed è su un altopiano, come gran parte dei miei territori!>

<Sarai rotto, che devo dirti. Purtroppo non ti possiamo spedire a nessuna assistenza o chiedere il reso.> sospirò teatrale Giovanna.
Carlo dovette trattenersi con tutto se stesso dal sbuffare divertito. Arricciò le labbra all'insù, mentre João si mise a ridere sguaiatamente, per sua fortuna attirando l'attenzione.

<Avete tutti le lingue taglienti. Dovete starci attenti.> ammonì Ivan, senza vera cattiveria.
Sembrava un avviso genuino.
<Non sempre e c'è chi è più... tagliente e chi meno.> commentò Anna.

<Quanto manca?> domandó invece Rosa, una delle più indietro nel gruppo.
Ma prima che il pensiero che qualcosa (o qualcuno) mancasse, un colorito (e forse un minimo buffo) insulto in inglese arrivò loro dal globo.

<Avrebbe potuto incenerirci così?> domandó Matthew a nessuno di specifico, osservando con orrore i mucchietti su mucchietti di cenere.

Rita si girò a fissare il gruppo con una faccia che prometteva vendetta. Asserì algida: <Il desiderio di vendetta vero e proprio fa fare molte cose.>

Accarezzò la propria arma e avanzò tra i resti dei suoi nemici, un piccolo esercito di finti soldati sabaudi che erano spuntati marciando da un sentiero laterale.

Disintegrati nel giro di meri secondi, un battito d'occhi.
Era quella la rabbia di Rita.
Cocente, spaventosa.
Ma anche la sarda stessa era spaventata.
Non voleva che il peggior incubo di Roberto venisse esposto in pubblica piazza. Sperò che riguardasse "solo" il controllo che i Savoia avevano avuto sul piemontese.

Era brutto dover sperare in un male piuttosto che l'altro, ma tale "altro" esisteva solo nella coscienza di lei e lui. E sarebbe rimasto così finché possibile.

Prese un respiro profondo, il portone d'ingresso sempre più vicino.
Le sembrò di ricordare il peso di quelle vesti a cui non era abituata e la pressione sulle costole "gentilmente" datale dal corsetto non fatto per lei. Voci disapprovatrici su voci accusatrici le affollarono le orecchie.

Strinse i denti.
Perché umani così infidi occupavano un tal posto d'onore nella sua testa?

<Rita, tieni le energie per dopo!> consiglió solamente Rosa <E non incenerire il diabetico. Per farmi altri dolci deve essere vivo!>

Rita annuì brevemente, spalancando le porte del palazzo.
L'ingresso era uguale a quello nei suoi ricordi, sembrava di vivere un incubo senza possibilità di svegliarsi.

<T'importa solo da un punto di vista materiale?> chiese intanto Yao, senza troppo stupore.
<Ovvio!> rispose all'istante la ligure, incrociando le braccia.

Rita ruotò gli occhi: era un palese bluff, ma era altresì vero che l'ex repubblica marinara era troppo orgogliosa per mostrarsi sentimentale.
Si concentró su Roberto e poggiò piede nella sala d'ingresso, seguita a ruota dal resto del gruppo.

Intanto il gruppetto in montagna raggiunse una zona pianeggiante, ricoperta sempre di neve e spoglia come il paesaggio precedentemente attraversato.

Più o meno al centro di quello spazio, qualcuno con una zazzera di capelli biondi molto chiari, quasi platino, stava muovendo le mani e borbottava tra sé e sé, ma il gruppo era troppo distante per capire che dicesse.
Inoltre dava quasi le spalle al gruppo, quindi tentare di leggere il labiale era impossibile.

<Bruno!> esclamò Anna, compiendo un grande passo in avanti prima di essere bloccata da Sofia, guardinga.
Bruno sembrava estremamente vulnerabile e ciò era troppo strano.

Bruno, al richiamo, si girò su se stesso per fissare il gruppo con occhi spalancati. Poi sorrise apertamente, in un ghigno un po' storto, e s'introdusse: <Io non sono Bruno, sono Hans e finalmente me ne andrò da questo Paese di merda!>

•~-~•

<Invece di parlare, pensa a schivare!> ammonì Giorgio, che poi lanciò una carta <Imperatore rovesciato!>

Il mostro-birra venne toccata da tale carta, ma solo una birra sul braccio divenne di pietra. Inoltre, tale birra cadde subito e venne rimpiazzata da un'altra, arrivata da chissà dove.

<Era la più potente?> domandó Aleksander, anche se non sentì la risposta perché si fiondò sulla creatura e provò ad affondare la lama della sua ascia nella gamba del mostro.

Quest'ultimo schivó e provò a schiacciarlo.
Venne salvato da Giorgio che lo agguantò per il colletto della maglietta e lo tirò in aria, lontano dai piedi della bestia.
Lo adagiò a terra vicino al prussiano e tornò alla carica. Sfruttando le ali create, che avevano sempre vita breve, purtroppo, evocò la sua vecchia spada e provò a ficcare la lama nel petto.

Scalfì e ruppe una sola bottiglia di birra, il cui liquido ambrato gli finì in faccia, specialmente negli occhi.
Li strizzó chiusi, gemendo di dolore, e iniziò ad ondeggiare in aria, dato che non vedeva più dove stava andando.

La creatura provò a prenderlo in una sua mano, ma per fortuna Giorgio nel volare alla cieca discese rapidamente. Purtroppo inciampò quando i piedi si scontrarono con il terreno e finì con la faccia nella neve.

L'essere tentò di prenderlo da terra (per usarlo come ostaggio o direttamente ammazzarlo non si sapeva, anche se i due in piedi tendevano per la seconda), ma si trovò sbarrato da due lame che gli distrussero qualche birra.
Avendo però imparato la lezione, chiusero gli occhi e si fecero fare una doccia dalle birre, senza venirne accecati.

Arretrarono in fretta, mettendo più distanza tra loro e quell'essere, mentre Gilbert trasportava un Giorgio ancora un po' stordito tra le braccia (con tanto fastidio di Aleksander).

Intanto Gilbert leccò la birra finitagli sulle labbra e appena attorno e commentò: <Bleah, non mi piace! Volevo solo una birra e adesso devo lottare contro un mostro che sa di birra scandente? Che fregatura!>

Giorgio riuscì a riaprire gli occhi, anche se ancora appiccicaticci, e fissò truce l'albino mentre cercò di togliersi il più in fretta possibile dalle sue braccia.
Sibilò: <Non è importante, dobbiamo trovare un modo di distruggerlo! Le birre non saranno infinite, no?>

<Decisamente no.> notò Aleksander, indicando la mano ferita con cui la creatura voleva acciuffare qualcuno di loro.
Schivarono prontamente e gli ruppero qualche altra birra ciascuno, inzuppandosi di liquido ambrato che, in quel freddo, non era il massimo.

<Ma non possiamo distruggerlo una bottiglia alla volta! Ci deve essere un metodo più veloce!> si esasperò Gilbert, sputacchiando la birra che gli era finita in bocca.

Fosse stato in una situazione meno pericolosa, sarebbe stato spaventato dalle sue stesse azioni!


N/A: vi ha un minimo sorpresi che ci fosse Hans?
No? Per niente? Pazienza 🙃, questo è il plot twist.

Spero comunque che vi sia piaciuto, "plot twist" scadente a parte.

Gabbia di séWhere stories live. Discover now