Capitolo 89. Basta qualche spritz e delle partite a briscola

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N/A: non succede tanto, ma spero vi possa piacere! <3

Dal corpo di Bruno non fuoriuscì una grossa creatura, bensì qualcosa di così piccolo e informe che, se non fosse stato nero come la pece in un ambiente prevalentemente bianco, sarebbe potuto passare come un brutto scherzo della vista.

Giovanna e Ludwig non persero tempo e spararono alla creatura, rendendola un groviera che svanì nel nulla.
<Bruno!> lo richiamò Anna, avvicinandosi il più in fretta possibile, neve permettendo.

<Giorgio!> invece urlò Aleksander, quasi terrorizzato. Stava perdendo troppo sangue!
Sofia era K.O. e nessuno di loro aveva il necessario per curarlo, cosa potevano fare? Stava provando a bloccare la ferita, ma il sangue continuava a scorrergli tra le dita che prendevano sul taglio della mano.

<Gio', perché hai dovuto fare l'eroe di 'sto cazzo? Non potevi fare l'egoista come sempre?!> sussurrò Aleksander, gli occhi lucidi.
Si portò la mano ferita, che tentava di coprire, vicino al viso, le regalò un bacino (inutile, ma di meglio non poteva offrire) e bisbigliò: <Che poi non è vero, hai un cuore grande sotto tutta la tua scorza dura, ma non dovevi metterti così tanto in pericolo! Lo sai meglio di me che con la tua anemia-!>

Si bloccò perché un corpo pesante si chinò accanto a lui. Non riuscì a registrare chi fosse, perché la sua attenzione fu presa dal fatto che, chiunque fosse, gli stesse togliendo la mano del suo Giorgio.
Aprì la bocca per protestare, ma si bloccò al fissare davvero che stava succedendo.

Ivan stava congelando la mano ferita, nello specifico la fascia dove lo squarcio si trovava. Finalmente il sangue smise di uscire. Purtroppo quello già versato era troppo, ma almeno un problema era stato risolto.

<Grazie.> gracchiò Aleksander, stringendo a sé ancora di più il corpo del fidanzato.
Ivan lo guardò per lunghi secondi, con quegli occhi violetti innaturali (e abbastanza spaventosi in quel momento, ad essere sinceri).

<Ci ha salvati rischiando la sua vita, in un momento in cui non riusciamo a rigenerarci. Ricambio il favore.> spiegò Ivan.
Il friulano, maledetta la sua lingua stupida, ribatté: <Ma l'avete salvato dalla sua stessa possessione.>

<Non ero da solo contro di lui e, certo, ci sono stati momenti più pericolosi, ma non ho mai tenuto per davvero alla mia incolumità. Lui in questo momento sì. Devo ancora sdebitarmi.> controribatté il russo.
<Ti assicuro che se gli offri qualche spritz e giocate a briscola, sei già a posto.> scherzò Aleksander.

<Briscola?> domandó Ivan <Cos'è?>
Il sorriso di Aleksander si allargò: <Te lo spiegheremo una volta che tutto questo sarà finito.>

Intanto Bruno si risvegliò, un po' stordito e ancora confuso. Cosa cazzo era successo? Come aveva fatto Hans a prendere il controllo del suo corpo-?!

<Ehi, stai bene?> domandó Anna.
Bruno annuì, non sapendo con certezza se stesse davvero bene.
<Smesso di chiamarti Hans e avere manie secessioniste?> scherzò invece Rosa, poco distante.

<Cos'è successo?> indagò Bruno.
<Eri posseduto da una qualche magia oscura, come tutti noi, e ti abbiamo liberato. Semplice.> spiegò invece Mario.

<Mi spiace rompere il momento, ma c'è bisogno di aiuto qua! E aiuto magico!> richiamò Francesca poco più in là, sorreggendo Sofia ancora svenuta.

<Cosa ho fatto?> impallidì il trentino. Anna riassunse mentre lo aiutava ad alzarsi e a dirigersi verso i due privi di sensi.
Una volta finito il resoconto, mormorò uno scusa che tutti accantonarono assicurando che tutti loro avevano fatto danni.

Poi maledisse Hans: "Stanotte quando dormo ti strozzo! E come cazzo ci sei riuscito a prendere il controllo?!"
"Non lo so!" fu la risposta immediata (strano) dell'essere incorporeo "C'era un qualcosa di nero che stava riempiendo tutto qua dentro, io gli ho urlato di andarsene, la creatura mi ha aperto un passaggio e sono arrivato alla postazione di controllo di questo corpo, diciamo, e ho preso il controllo. È stato semplice rimuoverti, allora. Adesso è come al solito, il controllo non lo vedo neanche con il binocolo."

"E meno male" sibilò Bruno. Venne risvegliato dal battibecco dalla domanda di Aleksander, il tono giusto un po' disperato: <Puoi guarire Giorgio?>
<E Sofia?> aggiunse Anna, tornata al fianco della sorella.
Ivan sembrava un guardiano, indeciso però a chi stare più vicino, e quindi bloccato nel mezzo.

Bruno evocò il suo fidato flauto, sconcertato che Hans fosse riuscito ad usarlo, e iniziò a suonare.

Una dolce melodia, quasi una ninna nanna. Due veli, trasparenti se non fosse per una sfumatura lilla che li contraddistingueva, delicati e morbidi come la seta, si avvolsero attorno le due regioni, per poi essere assorbiti come acqua da una spugna, e sparire in un sussurro di campanelli.

La ferita sulla mano di Giorgio si rimarginò e il volto riprese un po' di colore. Sofia strizzó gli occhi, muovendosi leggermente.
Il veneto emise un verso gutturale infastidito e aprì gli occhi.

<Gigi!> urlò Aleksander, alzando leggermente il busto altrui e stritolando.
Udì anche il grido entusiasta e sollevato di Anna e la voce di Sofia borbottare qualcosa in cambio.

<Porco Dio, mi stai soffocando! E scollati!> si lamentò Giorgio, anche se la mano arpionata alla maglietta altrui diceva il contrario.
<Dolce come sempre, vedo.> sghignazzò Rosa.

<Oh, chiuditi quella fogna di bocca.> borbottò Giorgio, mettendosi meglio seduto, e poi rialzandosi.
<Mi hai salvato il culo, lo ammetto, ma se dici qualcos'altro giuro che ti sgozzo come un agnellino per Pasqua!> minacciò Rosa, estraendo una falce.

<Si potrebbe fare meno baccano? Per favore?> chiese Sofia, sorreggendo la testa con una mano, mentre Ivan l'aiutava ad alzarsi.
<Tu sei stanco?> indagò invece Giovanna a Bruno.

<No, perché...?> domandó il trentino.
<Ci devi guidare giù da questa montagna, perché per dove siamo passati è bloccato.> notò la siciliana, indicando il luogo dove prima c'era un sentiero e che ora era solo un bordo della radura come tanti altri.

<Non siamo bloccati qua su, no?!> si preoccupò Giuseppe.
Kiku indicò un cartello spuntato chissà quando ad un bordo della radura, dove due stradine scendevano la montagna.
<Anche se mi sembra una trappola in ogni caso, abbiamo una possibilità d'uscita.> commentò il nipponico.

Il campano si rassicurò, scrollando le spalle. Stava per uscirsene con una battuta delle sue, che un urlo dalla sfera di Sofia, quasi svanita mentre era svenuta, attirò la loro attenzione.

Gabbia di séWhere stories live. Discover now