Il male del Male

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-Smettila di giocare con quella lama! - mi ammonì ancora la guardia. Non mi guardava nemmeno, ma sembrava esattamente sapere cosa io stessi facendo, nonostante la sua attenzione fosse del tutto catalizzata dal panorama fuori dalla finestra.

-No, la toglierò! -Ringhiai, continuando a far scivolare la punta acuminata di un coltello del servizio in argento del re degli inferi.

Ero riuscita a portarlo via alla cena del giorno prima, stranamente nessuno se ne era accorto e ora io cercavo di usarlo per sfilare quell'aggeggio elettronico dalla mia povera gamba.

-Non riuscirai a staccarla.- disse ancora l'anemone dai lineamenti orientali. L'aria annoiata con cui di tanto in tanto mi lanciava un'occhiata era un chiaro avvertimento su quanto in realtà quel compito le risultasse ingrato. La guardai truce per un momento e poi tornai al mio lavoro. Per l'ennesima volta pensai al gruppo di scout a cui voleva iscrivermi mio padre, quando avevo otto anni. Sfortunatamente non potevo immaginare che da grande sarei finita lì, invece di fare la veterinaria o l'eroina e che le loro missioni di sopravvivenza mi sarebbero state davvero utili. Enormemente utili. Anzi essenziali.

Continuai a rigirare la lama nella fessura, mentre continuavo a rimuginare sulle inutili aspirazioni della me bambina, quando il metallo che avevo fra le mani scivolò sul bracciale di acciaio che il primo anemone mi aveva fatto indossare. Strinsi i denti involontariamente, convinta che mi avrebbe tagliato la pelle, ma non sentii nulla. Aprii prima un occhio solo, se ci fosse stato un lago di sangue attorno al mio piede, sarei sicuramente svenuta. L'immagine che mi si parò di fronte però fu quella della demone che teneva stretta fra le dita la punta del coltello. Aveva fermato la lama  un attimo prima che questa mi colpisse.

-Grazie. - Le sorrisi grata con le spalle incurvate verso il pavimento.

-Non l'ho fatto per te.- chiarì con la solita indifferenza a cui avevo incominciato ad abituarmi. 

-Lo so. - dissi - Ma grazie lo stesso.

I suoi occhi da orientale mi fissarono scettici. Per un solo attimo lo stupore sembrò rompere l'incrollabile staticità delle sue iridi scure. Durò solo pochi istanti, poi lei tornò a ignorarmi e quel barlume di interesse che avevo visto nei suoi occhi svanì.

-Come ti chiami?

Lei si sollevò dal pavimento dove anche io ero accucciata. Si alzò con un unico gesto fluido. La guardai ammaliata, quell'essere era davvero aggraziato, se avessi fatto io quel movimento, avrei sentito tutte le ossa della gamba scricchiolare come quando si schiacciano le buste postali con le bolle d'aria. Si allontanò, sedendosi sulla poltroncina vicino alla finestra, dall'altra parte della stanza.

-E dai, cosa ti costa? Voglio solo sapere il tuo nome.-Continuai.

-Dakota. Mi chiamano così. -Sbuffò infine, puntando gli occhi scuri fuori dalla piccola apertura verso l'esterno.

-Bene, io mi chiamo Bianca. - Dissi.

-Lo so. 

-Giusto, qui tutti sanno tutto di me. - Sbuffai strattonando ancora il bracciale metallico.

-Non puoi toglierla. - Disse alla fine, forse esasperata dai miei continui tentativi. 

-Il tuo capo è uno stupido, lo sai vero? - Sbottai, arrendendomi e sollevandomi dal pavimento.

 Avevo le gambe congelate, ero lì a terra da due ore, nel tentativo di togliermi quella cavigliera elettronica che Lucifero mi aveva messo.

-Sei tu la stupida. Hai provato a  fuggire. Come se davvero potessi nasconderti da lui.

Il modo annoiato con cui si rivolgeva a me era snervante. Sembrava essere costretta a fare da balia ad una bambina piccola.

-Perché no? Ci ero quasi riuscita, ma ora con questo aggeggio mi sarà impossibile. Ma lo toglierò vedrai!

Dark plume "Gli angeli gemelli"Where stories live. Discover now