EPILOGO

2.2K 164 166
                                    

Adoravo le sciarpe, davvero, erano un accessorio di cui non riuscivo a fare a meno.

Non era puro senso estetico, era sempre stato così, non riuscivo ad uscire di casa senza qualcosa che mi coprisse il collo. Ovviamente non c'era alcun motivo. Avevo letto su qualche sito che poteva essere ricondotto a un problema di timidezza, mostrare il collo rende vulnerabile, è un rapido accesso alla giugulare, alla aorta e proteggere queste parti del corpo per noi può fare la differenza fra la vita e la morte. Ovviamente questo non aveva nulla a che fare con me, io non ero timida e non credevo alle assurde sciocchezze dei sociologi. Io semplicemente adoravo le sciarpe. Se fossi stata timida non avrei avuto un caratteraccio. Le uniche persone che mi conoscevano davvero erano i miei genitori, la mia migliore amica e i miei colleghi di lavoro, Carlo e Carmen, anche se loro tendevano ad evitarmi in particolari periodi del mese. No, il ciclo mestruale con questo non aveva nulla che fare, io ero semplicemente il tipo da evitare se si era alzato col piede sbagliato.

Io Bianca Ignoti, non ero una persona facile, ma nonostante tutto, Susi, la mia migliore amica e collega non smetteva di chiamarmi ogni mattina per accertarsi che io andassi a lavoro, che stessi bene e che volessi fare colazione con lei con un ottimo caffè macchiato con cannella che tanto amavo.

Saltai sulla metro appena in tempo. Le porte stavano per chiudermi fuori ma la mano di un santo le aveva trattenute per permettermi di salire.

La corsa alle sette di mattina, sopratutto lottando con la nebbia fitta di Milano, non era mai stata una mia abitudine, ma quel giorno non era un buon giorno e Susi ne era la causa.

-Grazie - dissi col fiatone ancora a spezzarmi il respiro.

Il tipo che mi aveva aiutato mi sorrise mostrando una fossetta sulla guancia che gli donava un'aria furba. Era un bel ragazzo, molto giovane, moro con occhi scuri e vispi. Troppo scuri, pensai quando per un attimo di troppo restai a fissarlo incuriosita.

-È stato un piacere - replicò lasciandomi andare ma senza smettere di guardarmi con un sorrisetto divertito stampato in faccia e che non evitava di nascondere.

Non era particolarmente alto e probabilmente era più piccolo di me, ma aveva l'aria di un uomo di mondo, di chi la sa' lunga.

Pensai dal suo accento che non fosse proprio di Milano.

Cercai di trovare un posto comodo, seppur in piedi, tanto non avrei dovuto aspettare a lungo, la mia fermata era a giusto quindici minuti di metro.

- Se vuoi puoi sederti lì, quell'anziana donna scenderà alla prossima. - mi disse indicando la signora con due grosse buste della spesa poco lontana da noi.

Lo fissai interdetta. Era un viaggiatore abituale che prestava molta attenzione agli altri pendolari e dal momento che aveva un accento straniero che non riuscivo a identificare, mi allarmai. Un borseggiatore, pensai. Mi tirai indietro mettendo un po' di distanza fra noi ma nello stesso istante in cui io indietreggiai una donna gli andò letteralmente addosso facendolo urtare contro l'asta di ferro che serviva a noi sfortunati pendolari per reggerci quando la metro si fermava bruscamente e quando quella scatola metallica era piena di gente che sgomitava per farsi spazio e ottenere il proprio posto in un mondo troppo popolato.

-Sbrigati, Ramon - gli disse sgarbatamente.

Era alta, mora e con delle gambe chilometriche fasciate da calze nere così sottili da parere impalpabili. La gonna di pelle che indossava era abbinata al giubbino dello stesso colore nero e a degli stivaletti che le arrivavano fino alle ginocchia. C'era una ragazza con lei più bassa e dalle origini asiatiche. Lei era fasciata da un abitino rosso striminzito e nonostante non fosse più estate, non aveva le calze.

Dark plume "Gli angeli gemelli"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora