Perché mi vieni a cercare?

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Mi voltai lentamente, trepidante, lasciando vagare lo sguardo pigro sulle chiome alte e soleggiate del bosco in cui mi trovavo, assaporando ogni attimo, prima di fissarlo su ciò che c'era alle mie spalle, come se sapessi già che lo avrei trovato lì

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Mi voltai lentamente, trepidante, lasciando vagare lo sguardo pigro sulle chiome alte e soleggiate del bosco in cui mi trovavo, assaporando ogni attimo, prima di fissarlo su ciò che c'era alle mie spalle, come se sapessi già che lo avrei trovato lì. Sentivo il suo profumo accarezzarmi la pelle ed entrarmi dentro, proprio come il suo sguardo bruciava ogni lembo di pelle su cui osava posarsi.

Mi girai verso di lui e allacciai i nostri occhi, lasciando che i nostri colori si mischiassero, si accarezzassero delicati, prima di miscelarsi insieme l'uno nell'altro, facendomi perdere in quel labirinto intricato ricoperto di ambra.

Era seduto nell'incavo di un albero, dove due grossi rami si ergevano per dare vita alla chioma e dove il legno si divideva facendogli spazio.

-Michele. - sussurrai.

Lui non si mosse. Teneva le braccia incrociate sotto il petto nudo e le gambe puntate contro la corteccia per tenersi in equilibrio, fasciate in un pantalone di lino azzurro.

Non lo incontravo da tanto e a vederlo in quello stato mi si mozzò il fiato.

Era in ottima forma e la macchia scura sul suo torace era scomparsa. Il suo petto era bronzeo come un tempo e l'effetto che aveva su di me era sempre lo stesso, una tossica miscela di ansia e impazienza, nervosismo e tensione, un perfetto miscuglio fa trepidazione e inquietudine, un veleno senza antidoto che brucia sottopelle come fiamme vive.

Mi avvicinai a lui con passi lenti e misurati e poi gli sorrisi. Il cuore aveva già preso a martellarmi nel petto quando avevo percepito il suo odore dolce e speziato inebriare l'aria di quel bosco, ma cercai di non dare peso a quel rintocco rumoroso che mi faceva eco nel torace e mi riscaldava le vene.

Lui mi guardò accigliato da sotto i riccioli biondi che gli ricadevano appena sulla fronte corrugata, accarezzandogli dolcemente la guancia abbronzata. Mi aveva vista da pochi minuti e già sembrava furioso. Era proprio il mio angelo.

-Che ci fai qui? - gli chiesi speranzosa, torturandomi le dita, stringendole l'una con l'altra.

Non poteva avermi davvero cancellata, lo sapevo, ne ero certa e la sua presenza lì ne era la prova.

Lui saltò giù dal ramo con un unico fluido movimento. Sentii le foglie secche sotto i suoi piedi nudi scricchiolare, poi il silenzio dell'esitazione e infine la ruga nel mezzo della fronte fece la sua comparsa, facendomi intuire che il suo umore era più nero di quanto avessi potuto immaginare.

Mi si avvicinò a grandi falcate, con un passo tanto rapido quanto aggressivo, che non lasciava presagire nulla di buono.

-Dimmelo tu! - mi ringhiò contro, quando mi fu a pochi passi  -Dimmelo tu cosa ci faccio qui, maledizione!

Tirò le ciocche dietro la testa come faceva sempre quando era terribilmente frustrato, ma queste ricaddero subito in avanti ribelli.

-Che diavolo ne so! 

Dark plume "Gli angeli gemelli"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora