Capitolo 68 Parte Quarta

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I giorni passano così in fretta che io e mio fratello abbiamo già instaurato un rapporto. Alle volte bigiamo la scuola e andiamo a zonzo per la città. Lui non sa ancora del sangue che ci accomuna. Non gli ho rivelato nulla ma sembra che pian piano sta riacquistando quella spensieratezza che gli hanno strappato via. Ci fermiamo all'angolo di un camioncino che prepara gli hot-dog. Ne compro due e andiamo a sederci in una panchina nel parco di fronte. «Ehi!» mugugno tra un morso e l'altro. «Oggi ti andrebbe di venire a casa mia?» Domando titubante. Kealan si illumina in viso. «Davvero?» «Certo che parlo sul serio! Adesso siamo amici noi due, quindi perché non dovresti venire con me?» Chiedo, temendo già la risposta... Ci sta pensando un po' troppo. «Be' mio padre è troppo severo. Non vuole che vada a casa di sconosciuti».

Lui cerca di non darlo a vedere ma io lo noto immediatamente che sobbalza e che risponde con impazienza, trascinando le parole. «Noi non siamo affatto sconosciuti! In questi giorni abbiamo imparato a conoscerci. Siamo diventati amici. Io conosco il tuo nome e tu sai perfettamente il mio, perciò non ci sta nessun problema, ti pare?» Kealan annuisce soddisfatto di ciò che ho appena detto e con scaltrezza corre verso il cestino dei rifiuti, accartoccia la carta gettandola dentro e con fiducia si avvicina nuovamente verso di me, parandosi dinanzi ai miei occhi. «Andiamo!» Esclama con un sorriso tremolante in volto, stendendo il braccio nell'accennare che sono ancora seduto e che dovrei essere già in piedi.

Lo guardo nascondendo il sorrisetto che mi sfugge dalle labbra col panino che mi copre dal naso in giù. Do un ultimo boccone finendo il pasto di oggi e con vigore mi alzo. Appallottolo il tovagliolo facendo canestro, centrando il cestino in un colpo solo. «Andiamo.» Gli dico, eliminando qualsiasi ripensamento che mi viene in mente. Dopo aver percorso un certo tratto di strada non indifferente, arriviamo a destinazione. Attraversiamo il vialetto costipato di erbacce, prendo la chiave dalla mia tasca ed apro la porta d'ingresso. «Sono a casa!» Urlo non ricevendo alcuna risposta. Ovviamente sapevo già che mia madre non c'era, ma volevo esserne sicuro. Kealan mi segue. Dapprima timidamente poi, prende coraggio e si guarda intorno con discrezione. Fortunatamente non teniamo foto appese alle pareti e nemmeno sui ripiani del poco mobilio che abbiamo. Io e mia madre abbiamo vissuto una vita che si può desiderare solo di dimenticare invece che elogiarla, ricordandola. Preferiamo avere una casa vuota senza alcun ricordo di noi e di come eravamo, e, anche se ci siamo liberati di quel mostro tutto il resto non avrebbe mai avuto importanza. Non siamo mai stati una famiglia normale e poi, nelle foto mancava lui... Sarebbe sempre mancato Kealan, come quel piccolo pezzo mancante di un puzzle rimasto incompleto il che, solo a guardare tutti gli altri pezzi incastrati tra loro ci faceva soffrire perché senza quello, il più importante, non potevamo appenderlo per mostrarlo agli altri. La sua integra bellezza sarebbe stata la nostra felicità, quindi, rispolverare quei minuscoli attimi di serenità rubati ad una vita insudiciata da quello stronzo che ha disintegrato la nostra voglia di vivere non avrebbe significato nulla, poiché la felicità non è mai stata contemplata e noi non lo siamo mai stati veramente, non senza Kealan. Andiamo avanti come se fossimo le comparse di un film in bianco e nero, sarebbe molto evidente se immortalassimo i nostri sorrisi finti che non coinvolgono mai gli occhi, non ci illudiamo e non ci immortaliamo nelle foto. È così e basta!

✰03. Give Me Love ☆•A STARS TRILOGY•☆Where stories live. Discover now