Capitolo 63

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Più si cerca di rimandare una situazione che ci fa paura, più i giorni che non vuoi che arrivino si avvicinano, mettendoti dinanzi al fatto compiuto nell'affrontarle

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Più si cerca di rimandare una situazione che ci fa paura, più i giorni che non vuoi che arrivino si avvicinano, mettendoti dinanzi al fatto compiuto nell'affrontarle. Oggi è venerdì, il giorno in cui dovrò confessare la verità a mio padre, prima che il mio stato interessante diventi evidente.

Respiro. Sembra un gesto da poco quello di contrarre l'addome, incamerare aria e successivamente rilasciarla per prenderne ancora e ancora. Farlo da quando si è nel grembo materno, perfino prima di capire come funzioni, che già siamo in grado di respirare attraverso la placenta e il cordone ombelicale. Certo, si è troppo piccoli e indifesi per poterlo fare da soli ma è proprio da lì, che iniziamo ad esistere. Ci formiamo per evolverci. Per crescere e per poter stare nel mondo, iniziando col respirare autonomamente. È decisamente un processo infinito al quale aggrapparsi per vivere, una funzione che ci viene del tutto naturale e che successivamente recepiamo, dando un ritmo tutto nostro nel prendere e dare.

Adesso, pare che l'aria non mi basti mai. Annaspo nell'agitazione ed è come affogare. Sento un male al petto perché so perfettamente che da qui a poche ore, sarò l'artefice di una grande delusione ed esserne consapevole. Consapevole del fatto che sarò io la fonte inestricabile del dolore di mio padre, mi distrugge. Sento le viscere che mi ricompongono da dentro, sconquassarsi ad ogni minuto che passa.

Continuo a guardarmi allo specchio, quando il debole riflesso della luce lunare decide di illudermi, dandomi una parvenza di conforto che non provo realmente. Inizio ad innervosirmi mentre i tendini del collo si tendono più del dovuto. Un bacio in quel punto più rigido, mi ridesta dai miei inestricabili pensieri e mi volto, facendomi ancora una volta, travolgere dalla realtà che ci aspetta.

«Non preoccuparti per tuo padre, andrà tutto bene.» mi dice, abbracciandomi da dietro. «E come fai ad esserne così sicuro?» Chiedo, sollevando lo sguardo su di lui. «Perché ci sono io con te e non ti lascerò mai da sola.» Le sue dita si incrociano alle mie e tenendomi saldamente la mano mi fa girare su me stessa. Ruota il mio polso conducendolo gentilmente verso le sue labbra, scoccandomi un bacio leggero sul dorso. Lo guardo e mi perdo, non posso fare altrimenti quando si comporta così. «Andiamo o faremo tardi e tuo padre penserà male di me ancora prima di conoscermi meglio.» «Eh sì, diciamo che ha già conosciuto questo tuo lato di predominatore, ladro di figlie!» «Solo di una.» Ribatte facendomi l'occhiolino. Mi bacia e ridacchiando contro le sue labbra, ci muoviamo per uscire fuori dal suo rassicurante appartamento.

Chad mi apre lo sportello della sua Camaro ed io prendo posto. Gli dico la via e lui con un cenno del capo mi fa capire che sa dove andare. Mi torco le mani, cercando di tenerle ferme sul grembo che inizia a prendere sempre più forma mentre guardo la città scorrere via, sempre più lontano da noi. La musica riempie l'abitacolo ed io cerco di lasciarmi andare.

"Andrà bene, andrà bene, andrà bene." Se ripetermelo serve contro lo scongiuro, continuerò a farlo ininterrottamente nella mia testa. Più proseguiamo e più sono un fascio di nervi. Chad invece, non appena gli ho detto che mio padre ci aveva invitati ha semplicemente annuito senza farsi prendere dal nervosismo. Non ha battuto ciglio, anzi, ha semplicemente detto che abbiamo perso solo tempo nell'evitare l'inevitabile e che prima o poi doveva succedere. Dopo aver percorso un bel po' di strada, scorgo il quartiere residenziale in cui vi passai la mia infanzia. Imbocchiamo il viale alberato e mi concentro nel restare calma anche se tutti i miei sforzi risultano vani.

✰03. Give Me Love ☆•A STARS TRILOGY•☆Where stories live. Discover now