Capitolo 51

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Guido la mia Davidson con tutto il diavolo che ho in corpo

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Guido la mia Davidson con tutto il diavolo che ho in corpo. Sento il ruggire del motore sotto di me completamente coincidente col mio essere incazzato. Attraverso la città avanzando di continuo e strisciando il mio incedere sull'asfalto, come se le stesse ruote che mi guidano alla medesima meta, si aggrappassero all'unica realtà a cui penso sia possibile. 

Sfreccio guadagnando lestezza, ignorando la bellezza delle luci che mi circondano tutt'intorno e mi ritrovo improvvisamente a pensare che quello che vedo non significa niente se Helena non è con me, poiché anche di fronte ad uno spettacolo abitudinario come questo, i miei occhi si soffermano continuamente sui magnifici tratti del suo viso. 

Ed è proprio quando la scorgo di sfuggita per quei brevissimi attimi in cui posso farlo, che la vedo sorridere entusiasta dietro di me, riflessa nello specchietto della mia Harley. E la magia sta proprio lì, apparendomi sfrontata nelle sue labbra che si distendono in un sorriso, gli occhi scintillanti che illuminano il suo volto e le sue braccia che prendono a stringermi più forte mentre io non faccio altro che schizzare in avanti per le vie.

Di tutti i posti e di tutti gli spazi che io abbia mai visto e in cui sono stato, è sempre da lei che voglio tornare. Vorrei esserle ovunque. Nella mente e nel suo cuore, desidero esserci solamente io. Il vento mi sferza i capelli e mi taglia il viso a metà. Continuo a dirmi e a ripetermi che la riavrò indietro mentre invece, l'altra parte di me non ne è tanto sicura e ne dubita. Storco il manubrio stringendolo forte, immergendomi nelle strade quasi deserte. Concludo la mia corsa sopraggiungendo al suo appartamento e, non appena ci arrivo, costeggio la mia moto davanti al marciapiede. Rapido, giungo alla hall e lì perdo del tutto il controllo di me stesso. 

Sbatto i pugni sul bancone della reception, attirandomi l'attenzione del responsabile. «Helena White. L'ha vista?» Chiedo impaziente, pretendendo di sapere. «Mi è sembrato che la signorina White fosse tornata, ma ultimamente sembra sempre sfuggevole e non la si vede quasi mai andare in giro. Se posso permettermi di dirlo, signore.» A quelle parole sussulto e inizio a correre in direzione dell'ascensore diretto al suo piano.  

Mi precipito su quel trabiccolo e per tutto il tempo non faccio altro che stringere i pugni dal forte nervosismo, avanzando sempre più di livello. Quando l'ascensore si arresta di colpo, mi scaglio fuori verso la sua soglia ed inizio a colpire quella dannata porta. «Helena aprimi!» Le chiedo cercando di darmi un contegno che non ho, modulando persino il tono della voce per non urlare come un matto fuori di testa. 

E silenziosamente la imploro tentando in tutti i modi di farmi entrare, ma, nessuna risposta giunge dall'altro capo del valico. Comincio a sudare freddo e a perdere la calma. Batto i pugni stretti ancora più forte, facendo tremare persino i cardini. «Helena so che sei lì dentro! Apri questa cazzo di porta!» e il silenzio contundente che mi preoccupa continua ancora senza mai cessare. Con le mani contratte, scendo giù.

«Mi dia le chiavi!» Ordino al tizio che sta dietro all'enorme scrivania di mogano. «Questo non è possibile signore.» Irritato mi sporgo verso di lui e, afferrandolo per il colletto della sua divisa, gli sbraito contro. «Apra per bene quelle fottute orecchie perché non mi ripeterò una seconda volta! Se le è successo qualcosa di brutto, visto ciò che lei stesso mi ha raccontato, me la pagherà molto cara. Farò tutto il possibile per far cadere la colpa su di lei soltanto per non aver smosso un solo cazzo di dito. È tutto chiaro adesso?» L'addetto terrorizzato dalle mie minacce, si affretta a cercare quello che gli ho chiesto tra le altre chiavi, tremando da capo a piedi quando lo incito a sbrigarsi. Non appena se le trova tra le mani, farfuglia un «Mi segua.» E non c'è bisogno di chiedermelo perché sono già a un passo avanti a lui.

Con le due dita scosse dal tremolio e la mano sudaticcia, apre l'uscio facendo scattare la serratura. Lo spintono da parte e vi irrompo prepotentemente dentro. «Helena?» Faccio il suo nome che riecheggia e si riverbera tutt'intorno. Passo spedito cercandola nelle varie stanze, quando infine, al di sotto di una porta chiusa, intravedo uno spiffero di luce. 
Fremente e col groppo in gola, faccio scattare la maniglia e ciò che trovo riverso sul pavimento mi sconvolge. La sua postura piccola e inerme mi si para dinanzi agli occhi, raggelandomi fin dentro le ossa mentre il sangue mi defluisce su tutto il viso. Percepisco l'ombra e il tanfo ripugnante della paura che mi opprime stringendomi il collo. Quella stessa paura che, dopo avermi tolto il respiro, striscia sulla schiena, facendomi formicolare tutto il resto del corpo.

Mi avvicino all'esanime figura di Helena completamente riversa sul pavimento, indifesa. La tocco ed è fredda al tatto. Mi scanso e poi, accasciandomi a terra la stringo a me. Prendo il coraggio che mi scivola via nel volermi assicurare che il suo cuore batta ancora e con dita tremanti le tocco velocemente un polso. Un sospiro di sollievo mi invade il petto, svuotandolo del tutto dall'aria trattenuta e mi rassereno. La faccio stendere sulle mie gambe, prendendole ad accarezzarle i capelli, rassicurandoci entrambi.

Lei è qui, tra le mie braccia. Viva!        

Improvvisamente mi accorgo di essere osservato. Alzo gli occhi e noto il receptionist accostato vicino alla porta del bagno. Sbatte lentamente quelle palpebre rugose, mentre boccheggia con la bocca semiaperta dallo shock. «Che c'è? Adesso è preoccupato per lei?» Gli domando con asprezza. Il responsabile guarda in basso, mortificato dalle mie accuse. «Se ne vada!» Gli ordino a denti stretti. «Ma signore, mi permetta di chiamare qualcuno.» chiede supplichevole. «Non mi fido di lei. E adesso, vada via!» «Come desidera, signore.» Un cenno del capo sconsolato e scompare dalla mia vista, lasciandomi finalmente da solo con lei. Con lo sguardo scruto l'ambiente, cercando di trovare qualcosa che non vorrei nemmeno presupporre. Il solo fatto di pensare ad Helena che contempla il suicidio, mi distrugge. 

Cosa cazzo stava pensando?

D'un tratto i miei occhi si spostano sulla toeletta e si soffermano su uno strano pacchetto spacchettato che non avevo nemmeno considerato. Mi impietrisco di colpo, e, turbato come sono adesso, non riesco a... a... Le mie labbra vorrebbero spingersi a chiederle qualcosa, qualcosa che assomiglino a delle domande, ma non riesco ad esternare quegli strani pensieri che precipitano in picchiata, schiantandosi e imprimendosi a fuoco nella mia testa.

Helena è... Lei è incinta e non ha avuto il coraggio di dirmi niente? E se io non l'avessi cercata, se ne sarebbe semplicemente andata con in grembo mio figlio? Nostro figlio...  

Sposto la mano per sistemarmi meglio, quando si poggia sopra all'aggeggio raffigurato sulla scatola. Afferro lo stick e due lineette segnano il riquadro.

Positivo. 

Il respiro mi si mozza in gola ed inizio a scaldarmi per la rabbia. Come cazzo ha potuto pensare male di me?  Certo, non posso negare che quel test di gravidanza non mi abbia sconvolto ma che non si fida, quello è un pugno dritto allo stomaco. Volevo la verità e adesso l'ho appena avuta. L'ho toccata con mano e l'ho vista coi miei occhi. Non ho mai voluto avere dei figli. Io non so se potrei essere un... un... non riesco a dire nemmeno quella dannata parola... ma con lei, con lei forse potrei riuscirci. È sempre stato così, lei è l'unica donna con cui mi immagino un possibile futuro.

Metto a tacere i miei pensieri, trattenendo la rabbia che vorrebbe implodere tutto attorno a lei ma la sentenzio con forza. Senza rendermene conto le sussurro tra i capelli che andrà tutto bene. Le sfioro la mano che freme gelata. Tento di scaldarla, strofinandola tra le mie. Le sue palpebre sono socchiuse e sembra che non mi veda nemmeno. La sento placarsi sempre più, divenendo lo spettro di se stessa, pressappoco un'automa. Non tenta nemmeno di reagire. Isolata così com'è, con solo se stessa a tenerle compagnia. E questo mi spaventa. 



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L'Angolo dell'Autrice:

E con tanti sforzi ho buttato giù quest'altro tormentoso Capitolaccio 😅. Che fatica riscrivere tre pagine di caos! Non riuscivo proprio a vedere chiaramente quello che volevo dire! E adesso, dopo avervi confessato quest'altro cruccio, non mi resta che augurarvi una Buona Lettura. 😊

P.S.: Se non rispondo è perché non riesco più a ricevere notifiche e non mi fa interagire ai commenti. Non so se è un problema dovuto al mio pc ma succede anche sul mio cellulare, quindi penso sia Wattpad stesso che starà facendo qualche aggiornamento. Forse. Io lo spero. Ma se a voi va, ovviamente, potete scrivermi e non appena si risolverà il problema, state sicuri che vi risponderò come sempre, Lettori miei.

Baci e abbracci!

-Clelia.

✰03. Give Me Love ☆•A STARS TRILOGY•☆Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon