Capitolo 68 Parte Sesta

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*

Il cielo è limpido e senza nuvole, questo mi fa ben sperare mentre aspetto Kaelan uscire dalla scuola. Calcio un sassolino presente sull'asfalto. Non riesco a star fermo e nonostante i miei timori, non vedo l'ora di vederlo. Spero che ne sia un po' contento anche se, molto probabilmente sarà arrabbiato con me per non essere stato presente in questi giorni. 

So molto bene che dovevo esserci, ma anche se avessi voluto, non potevo per via degli estenuanti allenamenti. Devo dare il massimo e anche di più. A costo di sfinirmi e non reggermi più in piedi, voglio essere il miglior esempio possibile per lui. Certo, non potrò mai essere il suo eroe, il fratello che lo ha salvato da quel mostro, però desidero che impari a conoscermi e che mi veda per quello che sono. Un amico di cui fidarsi, un tifoso sfegatato che sostiene i suoi sogni e soprattutto, una spalla su cui poggiarsi e piangere nei momenti di sconforto. 

Voglio esserci per lui e pensando a tutto quello che vorrei essere ma che ancora non sono, sento suonare la campanella della scuola che indica l'uscita degli alunni. Lo aspetto, agitato e perso sui miei passi; facendo avanti e indietro nel seguire la pietra che continua a rotolare via. 

Alzo lo sguardo, e non appena lo faccio, riesco subito a individuarlo senza cercare oltre con lo sguardo tra gli altri studenti che creano soltanto confusione. Anche lui prende coscienza della mia presenza e comincia a fissarmi. Kaelan ha il viso imbronciato, anche se sta provando a fare il duro molto più del solito. Vorrebbe essere indifferente ma è così evidente che non lo è affatto. La colpa è soltanto mia, ma non potevo fare altrimenti. 

«Che ci fai qui?»  Lo fisso, cercando di essere più onesto possibile. «Sono venuto per vederti e darti questo». Frugo nelle tasche ed estraggo il biglietto per la partita. «Prendilo». «Cos'è?» Domanda nascondendo quella vena di curiosità che gli si dipinge sul viso soltanto per un attimo, dissimulandolo poi nel guardare altrove. Mi denigra con lo sguardo per mostrarsi indifferente, anche se gli riesce piuttosto male. «È un biglietto per la partita di basket». Continua a sbuffare accigliato e con spavalderia mi schiaffeggia la mano con cui tengo il biglietto. «Non m'interessa ma grazie del pensiero». 

Dannazione! Inspiro ed espiro profondamente per cercare di mantenermi calmo, sennò inizio a scaldarmi anch'io e non ne verremo più a capo e il tutto finirebbe male. Molto male. Prendo un bel respiro profondo e gli confesso il motivo per cui non mi sono più fatto vedere. 

«Senti, mi dispiace per non essermi fatto vivo in questi giorni, ma sono stato molto impegnato con gli allenamenti di basket. Mi sono allenato fino allo sfinimento per potermi presentare quì oggi, a fare del mio meglio e invitarti alla partita che si terrà sabato sera nella mia scuola, quindi, prendi il biglietto che ti sto dando e promettimi di farti trovare fuori casa tua per quel giorno cosicchè io ti possa venire a prendere. Ci andremo insieme ma devi uscire prima dell'orario stabilito». Kaelan continua a guardarmi, indeciso sul da farsi. Non sa se accettare la mia proposta o rifiutarla. «Non so ancora se crederti o meno. Ci penserò su ma non ti assicuro nulla». 

Lo guardo sicuro di me, pronto a farlo cedere. Non volevo arrivare a tanto, ma non mi lascia altra scelta. «Ti conviene farlo se non vuoi che sfondi la porta di casa tua». Alle mie parole intrise di minaccia sobbalza e scuote il capo. Dopo aver sospirato pesantemente, si convince. «E va bene, ci sarò!». Digrigna tra i denti. «Non potevi darmi risposta migliore!» Esulto. Sorrido e lo sento ancora una volta mugugnare e sbuffare tra sé e sé poi mi volta le spalle e s'incammina verso la strada di casa sua. «Dove credi di andare?». Gli urlo dietro. «A casa!» Ribatte Kaelan a voce alta. «Ti accompagno». Gli dico. «Fa come vuoi». Borbotta irritato, ed io con il petto ricolmo di speranza, lo seguo.


*


Il giorno tanto atteso è arrivato, finalmente. Preparo il borsone in anticipo e con una semplice tuta sportiva esco di casa e mi precipito da Kaelan. Percorro le strade che conducono a quel viscido quartiere, non vedendo nemmeno i chilometri che ci vogliono per raggiungerlo. Sono troppo su di giri per starmene tranquillo, termine che non mi si addice per niente. 

Si sta facendo buio ma poco importa. Giungo a destinazione e lo trovo lì, fermo di fronte all'androne che porta all'interno del cortile di casa sua. Gioca col mio gameboy e un moto di felicità mi scoppia dentro. Vederlo giocare con qualcosa di mio è strabiliante! Tutto questo è di così fondamentale importanza per me perché è un passo essenziale nel nostro rapporto. È il classico rituale che si ripete in ogni famiglia, i giochi del primogenito passano al secondo... E adesso sta succedendo a noi. 

Sorrido e senza smettere di farlo, gli vado incontro. Lui assorto per come è, non si accorge di me, così lo colgo alla sprovvista, avvicinandomi a lui di soppiatto. «Ehi piccoletto!» Gli urlo nelle orecchie, scompigliandogli i capelli. All'inizio sobbalza per lo spavento poi, quando si rende conto che sono solo io, si acciglia. Si toglie la mia mano di dosso e mi intima di non chiamarlo mai più così. Rido di cuore e senza fretta, ci incamminiamo in direzione della mia scuola. Facciamo molta strada ma in questo momento sono così felice che tutto si riduce al nulla. Non conta più niente delle vie percorse per essere qui, di tutte le sfacchinate che ho fatto per raggiungerlo, perché oggi, per la prima volta, mio fratello mi vedrà giocare e farà il tifo per me. Ce la metterò tutta per farmi valere e non deluderlo. Dopo aver camminato per mezzo isolato, giungiamo a destinazione. 

Il grande cancello di ferro battuto ci accoglie. Entriamo dentro l'istituto e non appena raggiungiamo la palestra, una folla di genitori, amici e parenti ci spinge contro, prendendo posto sulle tribune assegnate col numero riportato sul ticket che tengono tra le mani. Mi faccio largo, spingendo la gente che mi viene addosso, non mollando nemmeno per un secondo la mano di Kaelan. Accompagno mio fratello sugli spalti e dopo averlo salutato, mi dirigo negli spogliatoi con il tartassante caos del vocio in sottofondo che divenendo eco, si propaga nell'area di gioco. Rimbombando tra le pareti, in tutta la sua confusione. 


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L'Angolo dell'Autrice:

Questa volta non vi ho fatto attendere molto, avevo tutto pronto dovevo solo scriverlo qui. Che felicità che sento! Forse a causa del tempo che quando è così, m'ispira tanto a scrivere... 

Spero, per chi è arrivato fin quì, che gradisca questo mio capitolo. Mi sto togliendo la vita ma ne vale la pena. Adoro quello che scrivo anche se mi fa diventar matta...

Adesso, vi saluto!

Grazie per essere ancora qui con me e non avermi abbandonata (Non ancora ma secondo me lo farete molto presto a causa mia), siete tenaci lettori miei e soltanto per questo, vi ammiro.

- Clelia.

✰03. Give Me Love ☆•A STARS TRILOGY•☆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora