Capitolo 3

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«Mia figlia è sempre stata una ragazzina molto forte, a volte la prendevo in giro giocosamente chiamandola "maschiaccio", lei non si offendeva mai ed anzi mi dava ragione però pochi mesi prima della scomparsa iniziò a prendere una brutta strada, conobbe un gruppo di ragazze e ragazzi della sua età che la portarono al fumo, all'uso di droghe e soprattutto una volta fui chiamata dalla scuola perché mia figlia fu trovata a scassinare un armadietto di una sua compagna, lei non era così, è sempre stata una ragazza perbene, aveva ottimi voti prima di conoscere questi maledetti poi iniziò a portare sempre più voti insufficienti, ad uscire spesso e tornare durante la notte, una sera la sorpresi nella sua camera fumarsi non so quale sostanza, fu proprio quella sera che litigammo molto violentemente tantoché le dissi di andare a farsi una passeggiata e valutare i suoi errori riflettendo, se ne andò, senza tornare più!» La sua voce si spezzò alla fine del suo racconto ed io deglutì, per quanto non volessi mi stavo immedesimando a dismisura nella donna di fronte a me.

«Rimpiangiamo che l'ultima volta che l'abbiamo vista ci sia stata una litigata e non un abbraccio.» Prese parola l'uomo sospirando e accarezzando dolcemente la mano della moglie.

«Sa dirmi dove sarebbe potuta andare?» Cercai di rimanere composta e mantenere un atteggiamento professionale.

«No, so' soltanto che potrebbe essere con qualche mascalzone di quel gruppo ma fino ad oggi nessuno sa' nulla!» Esclamò arrabbiata.

«Mi sa' dire qualche nome?»

La donna mi elencò un paio di nomi che trascrissi sul mio taccuino, continuai a farle delle domande per scorgerle più quanti possibili particolari che potessero tornarmi utili, alla fine ringraziai entrambi della disponibilità.

«La prego, trovi chi ha preso la nostra bambina e ce lo porti, solo per cinque minuti, lo lasci solo con noi!» Esclamò la donna stringendomi la mano con speranza, annuì ed entrambi uscirono dal mio ufficio.

Tirai un sospiro buttando tutta l'aria che trattenni durante l'incontro e mi lasciai andare sulla poltrona girevole in pelle nera.

«Hooope!» La voce di Jenny risuonò nel mio ufficio e fece il suo ingresso di fretta e furia, tralasciando il fatto che stesse per rompermi la maniglia, sospirai.

Dopotutto, la sanità mentale era anche colpa della Ruthford che non ci lasciava respirare nemmeno per un attimo.

«Ti ricordi il numero lasciato sul bicchiere?» Mi chiese ansiosa, annuì semplicemente in risposta aspettando che continuasse.

«Mi ha chiesto di uscire!» Esclamò iniziando a ballare a modo suo, risi davanti alla scena che avevo davanti e mi alzai dalla poltrona stiracchiando le gambe.

«È fantastico! Tu hai risposto di sì, spero?»

Jenny annuì e mi sedetti su una poltroncina accanto a lei mentre iniziai ad ascoltare i suoi interminabili racconti.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now