Capitolo 45

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«Dove diamine sono le chiavi!» Mormorai impazzita.

Il capo aveva indetto una riunione straordinaria ed io ero ancora sotto il mio appartamento che cercavo le chiavi dell'auto. Stavolta mi avrebbe licenziata.

«Hope!» Una voce richiamò la mia attenzione.

Alzai di scatto la testa e vidi Caleb osservarmi mentre era appoggiato al muro di mattoni di un condominio.

«Senti, non ho tempo.» Lo ammonì.

Esultai mentalmente quando scorsi le chiavi nella borsa e le afferrai aprendo prontamente l'auto.

«Vuol dire che lo troverai.»

Mi afferrò il braccio senza darmi la possibilità di sfuggire al suo tocco ed io deglutì. Avrei pensato tutto tranne che in quel momento vedessi spuntare Caleb.

«Lo sai che potrei facilmente darti un calcio laggiù?» Disse gesticolando con la mano.

Mi sorrise malizioso e in un attimo venni attaccata alla carrozzeria della mia auto.

«Fallo.» Rispose semplicemente.

«Ti sentì così importante?» Gli risposi a tono.

Avvicinò il suo viso al mio e sfiorò le sue labbra con le mie. Il mio cuore prese a battere furiosamente e sentì le gambe di gelatina nonostante fossi saldamente aggrappata alle maniglie dell'auto.

«Sai, sei insopportabile.» Mi sussurrò all'orecchio che iniziò a formicolare appena venne colpito dal suo alito caldo.

Volli rispondere ma in quel momento la mia mente fu come se si spense. Sentì solo le sue carezze, le sue mani che salivano su e giù sul mio corpo e le sue labbra che con arroganza lambivano il mio collo.

«Maldestra.» Continuò.

Mi guardò negli occhi e vidi il colore dei suoi occhi scurirsi, si allontanò leggermente dal mio viso riuscendo a farmi riprendere fiato e la lucidità che fino a poco fa non c'era più.

«Ed è giusto che ognuno si faccia la propria vita.» Finì tagliente.

Una lama mi trafisse alle sue parole e un dolore fisico sarebbe stato meno forte di quello psicologico che mi colpì in quel momento.

Guardai di scatto i suoi occhi e il suo corpo che lentamente si allontanava da me, persi tutto il calore che provavo fino a quel momento. Elaborai velocemente le sue parole, il suo allontanamento per poi fissarlo ancora turbata.

Ripetei nella mia mente le sue ultime parole come un videoregistratore rotto, venni catapultata con ferocia e crudeltà nella realtà.

«Mi pento di averti concesso anche solo un minuto della mia vita.» Ringhiai con affanno.

Salì sull'auto e me ne fregai di guardare o aspettare una sua risposta. Me ne andai velocemente, probabilmente per fuggire da lui e dal dolore che mano a mano iniziava a salire nel petto come una morsa che continuava a stringere sempre di più.

«Lo odio!» Gridai colpendo ripetutamente il volante.

Mi immaginai vagamente che ci fosse la sua testa che veniva colpita dai miei continui colpi.

«Scema io che ci casco ogni volta!» Continuai rimproverando me stessa.

Arrivai velocemente vicino l'edificio del mio dipartimento e tirai un sospiro per calmare il batticuore ma soprattutto la rabbia che mi stava facendo ingarbugliare lo stomaco.

Scesi velocemente dall'auto e mi recai all'interno dell'edificio, come ben pensavo trovai i miei colleghi in ufficio con il capo che si girarono verso di me appena arrivai con uno sguardo preoccupato mentre il capo era più che altro arrabbiata.

«Alla buon'ora!» Esclamò stizzita.

Forzai un sorriso e mi accomodai accanto a Jenny che mi lanciò uno sguardo di compassione.

«Mi scusi ma ho avuto un imprevisto.» La mia voce apparve più un sussurro che un affermazione sicura ma non me ne curai e sperai che capisse.

«Dicono tutti così.» Mormorò roteando gli occhi, infastidita.

Se avesse saputo la mia vita sentimentale in quel momento si sarebbe messa a piangere anche a lei.

Pensai.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now