Capitolo 11

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Un giorno avrei dimenticato quella città, avrei spazzato via dalla mia mente Caleb e tutto ciò che mi accomunasse e dividesse da lui. Avrei voltato pagina, trovato un uomo degno di starmi accanto e una famiglia perfetta . . . non ci credetti nemmeno io a quel che stavo pensando mentre ero seduta alla scrivania di casa mia intenta a leggere fascicoli interminabili, abbandonai i fogli sulla scrivania e risposi alla chiamata al telefono di Jenny.

Le vetrine dei negozi mi sembravano off-limits leggendo i prezzi sopraindicati, ridacchiai seguendo Jenny in un negozio di abbigliamento che dall'arredamento sembrava abbastanza costoso.

«Tu che ne dici?» Mi chiese Jenny mostrandomi un vestito bianco corto e con fiorellini rossi, annuì come per dirle che non era male e prese la gruccia col vestito per poi continuare a girovagare nel negozio.

Lessi i prezzi sui cartellini e strabuzzai gli occhi, cavolo! Sarebbero stati almeno due miei stipendi mensili eppure Jenny continuava imperterrita ad accumulare roba nelle braccia.

«Jen, vado a prendere una bottiglietta d'acqua mentre tu continui a guardare.» Mi rispose con un cenno rimanendo concentrata su un vestito bianco e nero, roteai gli occhi sorridendo. Dire che Jenny fosse una spendacciona era un eufemismo.

Entrai in una caffetteria graziosa dove una ragazza molto gentile mi accolse e le chiesi una bottiglietta d'acqua. Aspettai che me la desse e mi guardai intorno, un volto mi saltò all'occhio, era coperto da un giornale finché non lo abbassò e i suoi occhi entrarono in contatto coi miei, Caleb.

Il mio sguardo rimase cinico e freddo mentre il suo non fu da meno, non si avvicinò, rimase in piedi vicino a delle persone che non facevano altro che parlare del loro status sociale, a dir poco nauseante.

«Signorina, l'acqua.» La barista mi riportò alla realtà e mi girai verso di lei ringraziandola per poi pagare.

Prima di andarmene guardai un'ultima volta Caleb e quando mi girai lo sorpresi intento a guardarmi pure lui cosicché girai il volto di scatto e me ne andai quasi correndo.

Camminavo lentamente osservando le vetrine, Jenny sicuramente era ancora intenta a scegliere cosa comprare perciò non mi affrettai. Mi fermai davanti alla vetrina di un negozio finché non mi sentì afferrare da una mano, cercai di gridare ma fu inutile poiché il mio aggressore mi coprì la bocca con una mano, provai a tirare calci e pugni ma fu inutile, mi ritrovai in un vicolo cieco e finalmente la presa del mio aggressore si affievolì fino a lasciarmi andare completamente.
Mi voltai pronta a dare il ben servito all'uomo ma la bocca quasi mi cadde quando vidi che si trattava di Caleb.

«Si può sapere cosa vuoi?» Gridai infuriata sia per lo spavento che la stanchezza di vederlo sbucare sempre fuori psicologicamente e fisicamente.

«Bambina, ancora non hai imparato ad usare un tono più docile con me?» Rispose ignorando la mia domanda. Strinsi i pugni fino a sentire le mie unghie lacerarmi i palmi della mani.

«Sei disgustoso, hai intenzione di giocare con la roba anche qui?» Gli chiesi ironicamente riferendomi al suo traffico di droga. Avrei dovuto farlo rinchiudere già da molto tempo.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now