Capitolo 36

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«Hope . . .» Sussurrò Caleb, cercando di avvicinarsi a me.

Gli intimai di rimanere lontano alzando una mano verso di lui e si arrestò di colpo.

«Vattene.» Sussurrai, a stento riuscì a sentirmi io stessa e ad ingoiare il groppo che sentivo nascere in gola.

«Hope, cerca di ragionare. Parliamone come due persone adulte.» Disse scocciato.

Iniziai a ridere con fare isterico.

Mi fossi vista in quel momento avrei detto che ero uscita completamente di senno.

Continuai a girovagare per il salotto senza fermarmi mentre mi toccavo insistentemente la cute.

«Tu, vuoi parlare da persona adulta?» Chiesi con ironia, ridendo.

Caleb si ammutolì e iniziò a guardarmi come se fossi pazza.

«Sai cosa, esci.» Finì per poi sedermi su uno sgabello riprendendo il controllo su me stessa.

Eravamo troppo diversi.

Lui era troppo legato al suo stile di vita oltre le righe, le regole e il buon senso mentre io ero troppo legata al mio stile di vita che era l'opposto del suo.

Ero convinta che a furia di averlo intorno sarei impazzita veramente.

Ero scappata da una città, lasciando tutto ciò che avevo costruito per anni, solo per allontanarmi da lui ed evitare che potesse rovinare i miei sacrifici e la persona che ero.

Non potevo permettere che si ripresentasse, come se niente fosse, dopo anni e che mi venisse a dire di avere una conversazione da persona adulta con lui.

«Sai cosa, ho smesso di sopportare le tue bambinate. Perché non pensi a crescere un po'?» Sputò all'improvviso.

I suoi occhi diventarono scuri e tetri ei intimorì vederlo così arrabbiato.

Perché non se ne va

Pensai mentre si avvicinava a me velocemente.

Alzai il mento con orgoglio, mostrandogli che non avevo paura di lui, nonostante me lo ritrovai a pochi millimetri dal mio viso che respirava affannosamente.

«Sei una bambina viziata che non sa prendere una decisione. Credi che non me ne sia mai fregato nulla di te? Che non ci ho pensato al fatto che mi hai fottutamente ignorato e sei scappata persino in un'altra città per evitarmi?» Continuò.

Sbarrai gli occhi dal stupore e vidi un barlume di malizia dipingersi sul suo viso.

Lui sapeva tutto.

Pensai.

«Già, non sei poi così difficile da capire. Giochi tanto a fare la detective astuta e forte ma dimmi, perché davanti a me scappi se sei così brava a reggere situazioni molto più sconvenienti?» Sussurrò infine.

E se avessi potuto sciogliermi in quell'istante, l'avrei fatto.

Nella mia mente stavo già gridando dallo sconforto e dalla vergogna di sapere che per anni aveva saputo ogni mio passo falso.

La sua domanda mi mise in crisi perché effettivamente non faceva una piega. Mi aveva disarmata.

«Io- non » Balbettai, non sapendo cosa rispondere.

Ridacchiò falsamente e si allontanò da me, facendomi respirare tutta l'aria che avevo trattenuto mentre era troppo vicino a me.

«Sei solo una fottuta bambina, l'ho sempre detto. E sai cosa, non potrò aspettare per sempre che tu riesca a prendere la tua vita in mano!» Sputò con rabbia.

Uscì dall'appartamento di fretta senza darmi il tempo di replicare e mi sentì così svuotata. Sola. Abbandonata.

Irrimediabilmente sentì le guance bagnate dalle lacrime che iniziarono a scendere con velocità.

Se n'è andato.

Pensai mentre mi accasciavo per terra.

Strinsi le gambe tra le braccia e appoggiai il mento sulle ginocchia mentre piangevo come una bambina.

Mi sentì immatura davanti alle sue parole e alla sua assenza.

Una parte di me era pronta a correre e dirgli di non lasciarmi più mentre l'altra pensava che, forse, era la scelta migliore per entrambi quella di allontanarci definitivamente.

«Ti odio.» Sussurrai, anche se ero consapevole che non mi avrebbe mai sentito.

Mi aveva resa debole.

L'amore rende deboli, lo so. Ma io non sono pronta ad affrontare le conseguenze che potrebbe comportare.

Perché sto piangendo?

Pensai asciugandomi le lacrime.

Forse, va bene così

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Forse, va bene così.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now