Capitolo 20

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Sentì il mio cuore seguire il ritmo del suo, le labbra si muovevano scoordinate, con rabbia, con una voglia famelica e senza volersi lasciare. Mi sentì nuda ai suoi occhi, i miei sentimenti erano alla sua completa mercé.
Non provò ad allontanarsi, continuò a stringermi sempre più forte, facendomi sentire il suo tocco fin dentro la pelle, le sue mani esperte andavano alla scoperta del mio corpo e strinse con forza le mie natiche facendomi sussultare.

I suoi baci erano droga pura, non riuscì a staccarmi bensì lasciai che mi spingesse sempre più il corpo nella porta e si spalmò su di me senza darmi via di scampo.

«Sei così capricciosa che la maggior parte del tempo ti mettere sotto di me per farti chiudere questa bocca insolente.» Sussurrò col respiro affannato a pochi millimetri dalla mia bocca.

Non riuscì a rispondergli, sentivo come se le mie corde vocali fossero bloccate, in quel momento la mia lucidità era svanita e non feci altro che pregarlo mentalmente di riprendere da dove aveva lasciato.

Di riprendersi ciò che ha lasciato per così tanto tempo.

«Vuoi che ti baci?» Continuò nascondendo un sorrisetto malizioso.

La mia mente smise di funzionare, tutto ciò che vidi fu le sue labbra che si muovevano però non diedi per niente attenzione alle sue parole poiché mi limitai a seguire e constatare la morbidezza della sue labbra.

Ero fottuta.

«E se ti dicessi di baciare il tuo nuovo amico? Com'è che si chiama?» Chiese ironicamente.

I miei occhi si aprirono di scatto e osservai la sua espressione maliziosa.
Voleva farmi capire che aveva vinto lui eppure non gli lasciai il beneficio del dubbio per un attimo ma dopo quell'attimo la mia bocca iniziò a parlare senza che io pensassi troppo a ciò che dicevo.

«Daniel Cornwell, e sì . . . stavo giusto pensando di accettare il suo invito.» Risposi a tono sorridendo.

Il fiatone, i brividi sulla schiena che mi facevano tremare e il tono affievolito tradirono le mie parole ma in quel momento poco mi importava.

Schiacciò il suo corpo contro il mio e mi baciò con furia senza darmi il tempo di replicare perché si staccò e non colsi nemmeno l'attimo in cui se ne andò, sentì solamente la porta sbattere alle mie spalle.
Divenni un automa, la mia mano accarezzò le labbra come per voler tenere imprigionato quel sapore che Caleb mi lasciò prima di svignarsela senza dire nulla.

Mi chiesi se avevo sbagliato a mentirgli su Daniel, probabilmente avevo scatenato la parte oscura che c'era in lui, avevo rovinato l'unico momento utile per poter chiarire con la mia voglia di replicare.

Il suo sapore rimase impresso per un po' sulle mie labbra gonfie e lucide, le mie guance color porpora non cessarono di colorarsi con intensità e non potei fare a meno di chiedermi se tutto ciò fosse stato reale perché ho sognato così tante volte questo momento che non mi sembravano reali quelle sensazioni così intense.

Il telefono squillò e mi ridestai dai miei pensieri, il nome di Daniel mi fece sussultare perché uno degli argomenti tra me e Caleb.
Schiacciai il tasto verde e tentai di calmare il mio respiro per non far trapelare il mio stato d'animo.

«Pronto, Daniel!» Esclamai con tono accondiscendente.

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