Capitolo 41

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«Io non vengo da nessuna parte con te!» Mi impuntai sbattendo un piede sul cemento freddo.

Caleb assottigliò lo sguardo e strinse di scatto i pugni, rimanendo però nella sua andatura composta.

«Hope, se non vuoi che ti scopi in questo momento su quella fottuta auto, ti conviene entrarci e smetterla di essere immatura.» Ringhiò a bassa voce.

Boccheggiai esterrefatta e mi affrettai ad entrare nell'auto perché sapevo che Caleb non si sarebbe fatto problemi a mettere in atto la sua minaccia.

«Sei un presuntuoso e pure arrogante!» Sbottai in auto, dopo che avevamo condiviso un silenzio imbarazzante.

Caleb sbuffò e mi rivolse un'occhiata di sfuggita per poi tornare a guardare la strada davanti a sé.

«Hope, smettila di fare l'immatura.» Rispose con calma senza guardarmi.

Sbuffai e roteai gli occhi, trovai particolarmente interessante il paesaggio visto dal mio finestrino e mi appoggiai il mento sulla mano mentre guardavo con interesse le case passare velocemente nel mio raggio visivo.

▪️▪️▪️

«Cosa ci facciamo qui?» Chiesi allarmata mentre parcheggiava con tranquillità nel vialetto di casa sua.

Non mi guardò minimamente e scese dall'auto.

Nella mia testa iniziarono a suonare mille campanelli d'allarme e sbiancai. Non volevo essere lì, saremmo finiti a fare sesso senza nemmeno parlare.

«Scendi.»

Caleb mi risvegliò dai miei pensieri e lo vidi fermo che teneva la portiera dal mio lato aspettando che scendessi.

Entrando nella casa ci fu un silenzio tombale, nessuno dei due osò proferire parola.

Mi guardai attorno con fare interessato e le piastrelle non furono mai così interessanti come in quel momento.

Perché sono qui.

Mi chiesi nella mia testa. Non sapevo nemmeno perché avevo accettato di salire su quella dannata auto.

«Vuoi un po' di vino?» Mi chiese, poggiando il cappotto sul divano nero in pelle trapuntata.

Scossi la testa in senso di negazione e ridacchiò.

«Vabbene, ti verso un po' di vino!» Rispose come se non mi avesse affatto visto dire chiaramente di no.

Sbuffai perché la sua mania di controllo superava ogni limite.

«Non sono una dei tuoi fottuti scagnozzi che rigiri come ti pare e piace!» Sbottai seguendolo in cucina.

Continuò con le sue azioni prendendo due calici di vetro e una bottiglia di vino. Sembrò che nemmeno mi sentì parlare.

«Tu sei peggio di loro, almeno loro mi ascoltano e sono più maturi.» Disse con tranquillità.

Pregai che potesse strozzarvi col vino e mi sedetti furiosa su uno sgabello bianco e laccato della penisola.

«Sei così egocentrico.» Continuai senza guardarlo.

Sorseggiai un po' di vino e mi costò ammettere nella mia testa che era veramente buono.

«Hai finito di insultarmi?» Rispose ridacchiando.

Avrei voluto urlare dallo sconforto e dalla rabbia, ogni parola che gli dicevo lui la prendeva come una provocazione o un gioco. Mai che si arrabbiasse, solo una volta lo vidi di recente in uno stato furioso ed è avvilente come Caleb crede di potermi controllare come fa con i suoi scagnozzi.

«Perché mi hai portata qui?»

Ignorò la mia domanda e andò nel salotto per poi mettere una canzone lenta e romantica.

Inarcai le sopracciglia insospettita quando lo vidi avvicinarsi e protrarre la mano verso di me.

«Balli con me?» Chiese con quel suo dannato sorriso.

Boccheggiai e allo stesso arrossì.

«Tu - io, cioè -» Dissi parole senza alcun senso logico e lui ridacchiò attirandomi al suo petto.

Diedi la colpa all'alcool per essere così disinibita mentre Caleb mi fissava con quei occhi di ghiaccio penetrati

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Diedi la colpa all'alcool per essere così disinibita mentre Caleb mi fissava con quei occhi di ghiaccio penetrati.

La camicia leggermente sbottonata lasciava intravedere un po' del suo petto scolpito, allungai lo sguardo e in un certo senso volli sfuggire dal suo fissarmi insistentemente negli occhi.

Vorrei essere questa camicia.

Pensai e mi diedi mentalmente subito dopo della stupida, anziché odiarlo, mi stavo facendo pensieri perversi e non andava per niente bene.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now