Capitolo 5

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«Jenny, vado un attimo alla toilette!» Le dissi mentre era intenta a fissare il barista del Jane Bar, mi rispose annuendo e avrei scommesso qualsiasi cosa che neanche capì ciò che le dissi.
Mi alzai dal tavolo scuotendo la testa rassegnata ed entrai nel minuscolo bagno del bar, sembrava quasi quello di una mensa scolastica.
Mi guardai allo specchio dopo essermi lavata le mani e non potei non notare le occhiaie pronunciate dalle ore insonni, il volto pallido dal poco cibo e uno sguardo assente, quella non ero io, forse avrei dovuto cambiare la mia vita, ancora.
Uscì dal bagno quasi correndo e mi sedetti di fronte a Jenny che però stavolta era completamente attenta a me e non al suo ammiratore.

«Dove sei stata?» Esclamò preoccupata.

«In bagno, Jenny!» Le risposi ridacchiando.

Mi guardò stranita perché ridevo ma come non avrei potuto, pagammo per poi uscire dal locale, una sensazione strana mi investì mentre passavo di fronte al balcone e vidi un uomo di spalle intento a bere qualcosa ma non diedi peso e continuai a punzecchiare Jenny, salendo in auto con i Queen come sottofondo alla radio, lo so . . . è insolito per delle ragazze giovani non sentire musica del nostro secolo o comunque da discoteca ma quel gruppo musicale non ha una data di fine, le loro canzoni sono e saranno sempre nella mia playlist.

«Hope, non guidare forte!» Mi ammonì Jenny, scendendo dall'auto.

Annuì roteando gli occhi e in un batter d'occhio la vidi entrare in casa sua, nel mentre che tornavo a casa ripensai a quella sensazione e mi chiesi il perché ma non mi seppi dare una risposta se non che rimarrà sempre un mistero, anche se avrei perlomeno voluto vedere il viso dell'uomo sconosciuto.

Entrai nell'appartamento e mi tolsi i fastidiosi tacchi a spillo laccati di un rosso fuoco e sospirai beata per la sensazione dei miei piedi liberi da quelle scarpe infernali, per carità . . . sono un must dell'eleganza ma non sono neanche adatti per camminare tanto se non per sedersi al ristorante e non alzarsi più, poi ci sono le ragazze che camminano tranquillamente anche normalmente per strada e mi chiedo come fanno, fossi io dopo dieci minuti mi farei portare in braccio da chiunque abbia accanto.

«Giseeelle!»

La vidi intenta nel mordicchiare il divano in pelle e drizzò la coda appena urlai per poi osservarmi con i suoi occhioni, era una gatta molto scaltra e furba, ciononostante tornò dopo due secondi al suo lavoro senza ascoltarmi minimamente, l'afferrai e senza tirar fuori le unghie mi diede una zampata sul braccio indispettita, la guardai furiosa ma sembrò ricambiare la mia rabbia con i suoi occhioni.

«Sei veramente monella!» Esclamai rimproverandola, se non fosse che girò la testolina dalla parte opposta indifferente, come per dire che non le importava minimamente delle mie parole.
La lasciai sul pavimento e sgattaiolò sul divano però senza mordicchiarlo, sospirai soddisfatta e tra un bicchiere di vino e un ricordo mi apparve nella mente Caleb, chissà se l'avrei mai rivisto.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now