34° Capitolo - Addii non desiderati

805 22 5
                                    

«Signorina Anderson, si fermi»

«Signorina Anderson, la prego di rispondere, Jeanette Monroe è stata uccisa dal signor Jeffries Monroe?»

«Signorina Anderson, ha qualche dichiarazione che può rilasciare?»

«Per favore, non se ne vada!»

I giornalisti continuavano imperterriti a fare le domande e camminai veloce verso l'auto prima di entrare mi girai verso la folla di giornalisti che in un nano secondo mi circondarono per rilasciare una dichiarazione che potesse farli zittire per un po'. 

«Il caso ancora non è risolto, stiamo utilizzando le risorse più fornite e argomentate per portare alla luce questo caso, se dovessero esserci notizie lo saprete, per il momento non ho nulla da dichiarare, grazie!»

Entrai nell'auto e sfrecciai verso casa, contenta che un'altra noiosa e difficile giornata fosse finita.

Durante il tragitto ripensai a ciò che mi disse Melinda e iniziai a chiedermi del perché di questo gesto compiuto da quella ragazza, c'è da dire anche che nel suo fascicolo abbiamo trovato diversi problemi comportamentali legati al consumo assiduo di stupefacenti, ma tutto ciò era molto strano.

«Sull'arma rinvenuta sono state trovate le impronte della stessa Jeanette Monroe, l'autopsia parla chiaro: è stato un omicidio ma non è mai stato chiaro del perché ci fossero le sue impronte sull'arma utilizzata dall'assassino!»

«Non sono state trovate altre tracce, come delle impronte digitali?» Guardai per un attimo Melinda sbigottita.

«No, abbiamo in pratica tra le mani un caso tutt'altro che risolvibile e se non lo risolviamo probabilmente il capo non ci darà tregua.» Esclamò con stanchezza e preoccupazione.

«Melinda rilassati. Risolveremo questo caso, interroghiamo tutte le persone reperibili che erano state a contatto con la vittima per iniziare.»

Aprì la porta di casa e mi buttai letteralmente sul divano sospirando per la stanchezza.

Il telefono prese a squillare e appena vidi che era Caleb il sangue iniziò a pompare ininterrottamente, cosa gli avrei detto? Non sapevo neanche io cosa volevo fare, se continuare a frequentarlo o seguire il consiglio di Melinda e chiudere definitivamente ogni minimo e possibile contatto con lui.

«Pronto, cosa vuoi?»

Decisi di adottare un tono molto scontroso sperando che lo detestasse dal cercarmi o parlarmi ulteriormente.

«Hope, siamo nervosette oggi?» Esclamò ridendo, ciò mi lasciò a dir poco senza parole, capì che il mio tono non ebbe funzionato e ogni tentativo di allontanarlo era un passo in più verso di me.

«Caleb, non possiamo più sentirci. Non ti rendi conto che tutto ciò è tossico e malato?» Persi la pazienza e iniziai ad urlare al telefono spostandomi di continuo nel salotto senza riuscire a stare ferma.

«Hope, non puoi opporti, ammetti i tuoi sentimenti, sai che quest'aria da dura con me non funziona.»

Era inutile, non capiva che per me era impossibile far conciliare le due cose ed ero certa che uno di noi due primo o poi si sarebbe fatto male.

«Non chiamarmi più, addio Caleb!»

Chiusi subito la chiamata perché ogni sua parola so che mi avrebbe fatto ripensare alla mia decisione, con il cuore in gola andai verso il frigo e presi una bottiglia di vino rosso stoppandola e mi riempì un bicchiere intero.

Mentre lo sorseggiavo inclinavo delicatamente il bicchiere giocandoci e osservandolo attentamente mi sembrò di vedere il volto di Caleb e il nostro appuntamento riflesso scossi la testa e mi chiesi cosa stavo facendo, non era da me bere senza mangiare, posai il bicchiere nella lavastoviglie e andai a distendermi nel letto. 

«Hope, vattene! Non voglio che tuo papà ti trovi a casa quando torna!» Mia mamma mi urlò in preda al panico con le lacrime agli occhi.

Aveva paura che mio papà potesse farmi del male perché il suo modo di sfogare la propria rabbia era proprio questo, punire ingiustamente mia mamma per i suoi fallimenti.

«No mamma, io rimango con te!» Le risposi con tono fermo, non me ne sarei andata, non avrei mai lasciato mia mamma nelle mani di quel mostro a combatterlo da sola, avevo paura che da uno schiaffo facesse qualcosa da metterla definitivamente a terra e non potevo permettermi di mancare se ci fosse stato bisogno di chiamare i soccorsi. «Sei molto coraggiosa figlia mia ma io non voglio che ti succeda qualcosa, cerca di comprendere, fallo per me.» La sua voce diventò più dolce e mi accarezzò il viso con amore, chiusi gli occhi per poi riaprirli beandomi di quel tocco. «Oh, guarda chi abbiamo qui, la famiglia al completo!» Mio papà sbucò dalla porta d'ingresso con un'espressione divertita in viso e si avvicinò con rapidità a mia mamma. «Claire, come mai Hope non è ancora a letto? Te lo devo spiegare io come crescere una figlia?» Le urlò all'improvviso per poi finire con uno schiaffo che risuonò in tutto il salotto, chiusi gli occhi di scatto per la paura e quando li riaprì vidi l'espressione di paura e terrore negli occhi di mia mamma. «Neanche a fare la madre sei buona, per che cazzo ti ho preso?» Continuò ad inveire su di lei con odio con gli occhi rossi dall'alcool e assettati dalla vendetta, costui aveva sposato mia mamma e non so come lei fosse stata d'accordo a sposare un simile mostro.
«Sei una nullafacente!» Gridò ancora per poi darle un pugno all'altezza dello stomaco che la fece cadere a terra senza forze.
«Mamma.»

Mi svegliai di scatto grondante di sudore e mi alzai sentendo la gola secca, mi presi alla svelta un bicchiere d'acqua e la mandai giù.

Appena finì sentì ancora le mie mani tremare per via dell'incubo per quanto fosse sembrato vero e reale.

Il Gusto Del ProibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora