7° Capitolo - Una donna di troppo

1.6K 42 2
                                    

Caleb entrò dalla porta con un'espressione sorridente.

«Bambolina, devi mangiare.» Lo fulminai con lo sguardo.

«Non ho fame!» Esclamai per poi girarmi dall'altro lato, dandogli la schiena.

«Smettila di fare come una bambina e mangia se non vuoi che uso le maniere forti!» Gridò, saltai un po' per la sorpresa ma rimasi comunque nel letto senza voltarmi.

«L'hai voluto tu.» Sussurrò per poi prendermi con facilità per le gambe e mi ritrovai la sua schiena in faccia mentre mi portava tranquillamente fuori dalla camera.

«Mettimi giù!» Gridai più volte ma non ricevetti nessuna risposta, neanche una delle sue solite risatine divertite.

Mi ritrovai in una camera che doveva essere la cucina e mi fece sedere davanti al tavolo sulla sedia senza preoccuparsi di farmi male ma come poteva preoccuparsene, lui era soltanto il mio rapitore e nient'altro, scacciai quei pensieri mentre mise davanti a me un piatto fumante di bacon, formaggio e uova strapazzate.

«Mangia se non vuoi che ti imbocchi io e non provare a scappare, le porte sono tutte chiuse e blindate e fuori ci sarebbero ad aspettarti i miei fedeli cani da guardia. Ti slego le mani per adesso così puoi mangiare ma attenta a non fare un solo passo falso se no' ne pagherai le conseguenze.»

Iniziai a mangiare e dovetti ammettere a me stessa che il cibo era ottimo.

Dovevo trovare un modo per scappare da lì, adesso che mi aveva rivelato questi piccoli dettagli potevo organizzare meglio il mio piano. Continuai a mangiare sotto il suo sguardo vigilante e quando finì prese il piatto mettendo nella lavastoviglie.

«Frugando tra le tue cose ho trovato queste . . .» Esclamò lasciando dondolare nelle mani le mie manette.

Sbiancai e non mi resi neanche conto quando me le mise che già mi stava riportando nella camera. Mi fece entrare spingendomi dentro per poi chiudere la porta.

«Perché?» Chiesi.

«Cosa, perché?» Mi guardò stranito.

«Perché mi hai rapita?»

«Bambolina, tu mi servi. Farò molti soldi grazie a te!» Vidi nei suoi occhi passare una scintilla di malizia e iniziò ad avvicinarsi.

«Non ti avvicinare, lasciami in pace!» Fece finta di non sentirmi, arrivò ad un palmo dal mio viso e mi squadrò per minuti interminabili.

«Bambolina, non farò nulla con te. Ho già chi mi soddisfa quando ho bisogno, il problema è che non sei il mio tipo, assomigli più a una suora di clausura.» Ridacchiò mentre parlava per poi andarsene e lasciarmi sola.

Sentì la guancia bagnata e la toccai, guardai la mia mano rendendomi conto che erano lacrime e che stavo piangendo per la prima volta dopo tanto tempo per qualcuno. Il mio muro era crollato.

Lui l'aveva fatto crollare e mi aveva resa vulnerabile. Non ero il suo tipo, probabilmente gli facevo schifo e dovevo esserne sollevata. Cercai di convincermi, delle urla catturarono la mia attenzione e non erano per nulla urla di dolore o sofferenza.

Altre lacrime si aggiunsero e mi asciugai velocemente le guance, non dovevo piangere. Non lo conoscevo neanche, ero soltanto una pedina nel suo stupido gioco e lui era soltanto un criminale da quattro soldi. Ecco cosa era per me e doveva rimanere tale.

«Caleb!» Sentì gridare da una voce femminile mentre rideva.

La porta si aprì di scatto e davanti a me si presentò una donna che non aveva nulla a che fare con me. Era più grande, il suo corpo era formoso ma allo stesso tempo non aveva nessun velo di grasso in eccesso, era perfettamente truccata, non troppo eccessiva, dei lunghi capelli mossi e color cioccolato incorniciavano il suo viso caratterizzato da dei splendidi occhi verdi smeraldo.

«E tu chi sei?» Esclamò con stupore.

Abbassai il volto non trovando le giuste parole per spiegare il motivo per cui io fossi lì.

«Selene!» Sentì la voce di Caleb gridare e in pochi secondi lo ritrovai nella camera.

Si era creato un contorto triangolo di stupore.

«Perché sei entrata qui?» Più che una domanda, quella di Caleb sembrò un'affermazione.

«Chi è questa ragazza?»

Mi stupì per la calma con cui disse tutto, volli rispondere ma Caleb mi ammonì con lo sguardo e non so perché non potei fare altro che starmene zitta, nonostante la mia testa mi dicesse di gridare tutto quello che aveva fatto.

«È una ragazza per Richer. L'ho dovuta portare qui visto che lui non aveva come tenerla da lui con sua moglie ancora in casa, dovrebbe partire questa settimana per il viaggio di lavoro e gliela potrò portare.»

Non mi guardò neanche una volta mentre pronunciava quelle parole, lo guardai mentre la mia bocca si aprì in una O perfetta, non ci potei credere.

«E sta a casa tua, mi credi così stupida da non capire che tu sicuramente avrai fatto qualcosa con lei?» Esclamò la donna, alzando a mano a mano la voce.

«Non ho fatto nulla con questa ma ti pare che possa piacermi una come lei?» Rispose a tono.

Pian piano sentì dentro di me rompersi un pezzo, non capivo bene cosa, forse lo sapevo ma era troppo da ammettere. Aveva ragione, io con lei non c'entravo nulla. La donna mi guardò attentamente e si girò di nuovo verso Caleb.

«In effetti ma prova a fare qualcosa e non risponderò di me. Io ti raggiungo, aspettami in camera.» Rivolse a Caleb uno sguardo d'intesa, lui se ne andò e rimasi di nuovo sola con la donna.

Si avvicinò a me col sorriso sulle labbra che non prometteva nulla di buono.

«Non mi fido troppo di lui quindi preferisco parlare pure con te: prova ad avvicinarti troppo a lui e vedrai di cosa sono capace. D'altronde, come potrebbe volere una come te al posto di una come me. L'ha appena detto quindi stai a cuccia, cagnolina!» Sussurrò, senza togliere quel dannato sorriso dal suo viso.

Le sputai in faccia senza timore. Mi diede uno schiaffo, sorrisi per lo stupore e gli tirai una ginocchiata nello stomaco.

«Sarai la principessa del pisello ma forse non sei stata informata del fatto che sono un agente della polizia!» La sua faccia diventò qualcosa di troppo divertente, tra lo stupore e la rabbia.

Si allontanò velocemente chiamando Caleb che arrivò in pochi secondi.

«Tieni a bada la cagnolina!» Esclamò per poi uscire dalla camera.

Sorrisi per la soddisfazione, sicura di averle fatto male ed incrociai le gambe.

«Cosa hai fatto?» Caleb si avvicinò strattonandomi un braccio.

La mia espressione si trasformò in rabbia e gli rivolsi un'occhiata truce.

«Lascia immediatamente il mio braccio.» Esclamai liberandomi per poi alzarmi e ritrovarmi il suo viso a pochi centimetri dal mio.

Nell'aria si alzò una strana carica di eccitazione e arrabbiatura, ci guardammo per interminabili minuti fin quando decisi di dargli il colpo di grazia.

«Gli ho soltanto dato un'informazione, non avevi detto alla tua amata che sono un agente della polizia? Poverina, probabilmente quel calcio nello stomaco le avrà fatto molto male.» Dissi con finto dispiacere.

«Non sai quanto di odio!» Ringhiò prendendomi il viso con una mano e stringendolo.

Mi aspettai una sfuriata ma quel che accadde mi lasciò del tutto meravigliata.

Si protese velocemente verso di me ed eliminò ogni distanza che divideva la mia bocca dalla sua.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now