30° Capitolo - Fine di un mistero

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«Hope, stai bene?»

Melinda mi corse incontro mentre li stavo aspettando fuori dal portone d'entrata della casa di Caleb.

Annuì per poi iniziare a raccontarle tutto ciò che avevo scoperto fino ad allora.

«Quindi dobbiamo muoverci e andare a cercare la signora Sanchez!» Esclamò Melinda del tutto scioccato da ciò che le avevo raccontato.

«Esatto, mocciosa, cosa ci fate ancora qui?» Spuntò Caleb, probabilmente già presente nella camera da un bel po' e per quanto eravamo assorte nel parlare non l'avevamo neanche notato.

«Ce ne stavamo andando stronzo» Risposi io precedendo Melinda.

Melinda uscì dalla casa e mi avviai pure io dopo di lei quando però d'improvviso un braccio mi tirò all'indietro, mi ritrovai schiacciata sul corpo di Caleb col suo viso a pochi centimetri dal mio.

«Piccola, fai un passo falso e stanne certa che la mia reazione non tarderà ad arrivare.» Gli riservai uno sguardo di disgusto.

«Sei e sarai sempre e solo uno stronzo, pensavo potessi cambiare o perlomeno trovare qualcosa di buono in te ma quello che ho capito è che non c'è nient'altro che marcio e presunzione, potrai anche comandare questo quartiere ma sappi che dentro sei marcio Caleb e in quel caso è con te stesso che combatti.»

Strattonai la presa dal mio braccio e me ne andai lasciandolo fermo sul ciglio della porta.

«Allora, pronti ad entrare? Scott a destra, nel caso tenti di scappare, Melinda verrai con me, ci divideremo nell'appartamento nel caso in cui la signora Sanchez non dovesse aprirci la porta di sua spontanea volontà e saremo costretti a fare irruzione. Per voi agenti sparate solo al mio segnale o se necessario, dopo questo muoviamoci ragazzi!»

Non era facile ogni volta infondere coraggio e dritte agli altri agenti, specialmente nei casi in cui neanche io stessa sapevo come sarebbe andata, ma questo era il mio lavoro.

Mi avvicinai con cautela insieme a Melinda spedita verso la porta principale e bussai con energia, richiamando la signora Sanchez.

Non ottenni risposta e quindi decisi di non perdere altro tempo ed entrai spintonando la porta fino a farla cedere.

«Signora Sanchez, non vogliamo fare nulla, la preghiamo di non opporre resistenza poiché in quel caso saremo costretti a rispondere!» Urlai sperando in una risposta.

Ma ciò che vidi appena entrai nel salotto della casa mi lasciò a dir poco senza parole, riversa sul pavimento in una pozza di sangue vi era la signora Sanchez affiancata da una pistola nella mano destra, mi precipitai su di lei e controllai il battito purtroppo assente.

«Melinda, chiama il medico inoltre vi è bisogno di un'autopsia urgente, dobbiamo constatare se si tratta di suicidio o omicidio.»

Melinda lasciò la stanza e andò fuori ad informare gli altri agenti.

Mi guardai intorno e una lettera posata su un mobile rustico di un grigio scuro attirò la mia attenzione, mi misi i guanti e l'aprì.

Sono la madre di Lee, quando mia figlia perse la vita esattamente in quella biblioteca fu per mano mia, non la uccisi io ma ingaggiai Clark, non avrei mai avuto il coraggio di ucciderla con le mie stesse mani, sembrerà crudele, una morte chiesta da una madre per una figlia non è sicuramente normale però ci furono molteplici cause per cui dovetti prendere quella decisione, innanzitutto Lee oramai aveva scoperto della famiglia che complottò per l'uccisione di suo padre, suo padre per me rappresentò sempre un vero e proprio problema, più che altro per i miei affari col commercio di sostanze illegali e la famiglia che l'uccise sapeva tutto ciò che sarebbe servito per farmi affondare in una di quelle luride celle, allora decisi che se volevo preservare la pace tra me e loro dovevo togliere il problema più pericoloso in quel momento ovvero Lee. Lee cercava vendetta per suo padre e sicuramente non si sarebbe fermata dopo quella rapina e due pugni.
Dopo tanti anni un agente si è presentato a casa mia dicendomi che le ricerche per il caso di mia figlia si erano riaperte, non ci volli credere ma dovetti fare qualcosa e come prima cosa l'importante era togliere di mezzo Clark e lo feci consapevole che prima o poi saresti venuti a prendermi ma non sconterò nemmeno un anno in una piccola e sudicia cella, la mia vita l'ho vissuta abbastanza e penso sia giunta l'ora di mettere fine, almeno per una giusta causa.

Presi la lettera e la misi in una busta trasparente di plastica pronta per essere portata nel laboratorio.

Iniziai a pensare a ciò che la signora Sanchez scrisse nella testimonianza prima di togliersi la vita e mi venne spontaneo chiedermi come una madre possa complottare per l'uccisione della tua stessa figlia, un gesto a dir poco malvagio e crudele.

Uscì da quella casa con l'amaro in bocca e lasciai passare gli agenti per l'esaminazione del cadavere.

«Giornata abbastanza impegnativa, direi.» Esclamò Scott, mi girai e lo trovai affiancato da Melinda, entrambi esausti come tutti d'altronde.

«Non è niente a quello che ho appena letto, a quanto pare la signora Sanchez ha più segreti di quanto potessimo mai immaginare.» Dissi a bassa voce come se ci stessi ancora riflettendo e quelle parole fossero solo dei pensieri detti a voce alta.

«Io dopo questa giornata direi che ci meritiamo un bel frappè da Starbucks!» Esclamò Melinda prendendomi a braccetto.

«E Starbucks sia!» Dissi ridendo insieme a loro.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now