10° Capitolo - Improvvise confessioni

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Passavano giorni ed io ero sempre lì in quella camera rinchiusa. Non sapevo più neanche quanti giorni erano passati esattamente ma erano abbastanza da chiedermi se mai fossi riuscita a scappare.

Caleb non si fece vedere quasi per niente, diventò freddo e le uniche volte in cui lo vedevo era quando veniva a portarmi da mangiare, tutto in un religioso silenzio.

Pur non volendo iniziai a chiedermi il perché del suo improvviso cambiamento, in teoria dovevo sentirmi più sollevata ma in pratica sentivo soltanto un grande vuoto dentro di me.

La porta si spalancò e Caleb entrò con il suo solito vassoio nelle mani, il suo viso non esprimeva nessuna emozione, era come avere davanti un robot, entrava e usciva dalla camera con una velocità assurda.

«Caleb.» Sussultò, fu la prima volta in cui lo vidi in difficoltà.

La prima volta in cui lo vidi combattere contro la voglia di girarsi e rispondermi. Rimase girato e strinse i pugni.

Allungai una mano ma poi la ritrassi, era sbagliato.

La mia testa continuava a gridarmi di non tirare troppo la corda e lasciare le cose per come erano. Il cuore continuava a gridare di avvicinarmi ma dovetti dare ragione alla testa. Mantenere le distanze era la scelta migliore che potevo fare.

«Che vuoi?» Esclamò brusco.

Abbassai la testa, pentita.

«Niente.» Risposi in un sussurro che a stento sentì io ma da come lo vidi sussultare capì che l'aveva sentito forte e chiaro.

Poggiò la mano sulla maniglia della porta e lo vidi tentennare nell'aprire la porta.

Di scatto l'aprì e la richiuse a chiave, sentì i suoi passi allontanarsi e sentì dei crack dentro di me ad ogni passo che faceva.


I giorni passavano ad una lentezza allucinante. Il tempo sembrava fermarsi, avevo il dubbio persino d'essere viva o no. Mangiai il panino, fatto d'ogni possibile ingrediente e bevvi la spremuta. Dovevo andarmene, non potevo più rimandare. Più giorni passavano e più sentivo rompermi.

Sentì improvvisamente delle urla e le mie orecchie si misero sull'attenti, riconobbi la voce di Selene e di Caleb e ne dedussi che stavano avendo una discussione.

«Devi andartene.» Sentì urlare Caleb. Corrugai la fronte e continuai ad ascoltare.

«Non c'è un motivo, devi andartene, punto!» Ringhiò.

Non sentì più nulla e ripresi a gustare il mio panino.

«Stronzo!» Esclamò dal nulla Selene e sentì una porta sbattere, mi venne istintivamente da sorridere, lo feci e subito dopo mi diedi della stupida e ritornai seria, mi sdraiai nel letto e cercai di riposare per recuperare le forze visto che sarei scappata da quell'inferno.

Sentì la porta aprirsi ma rimasi ferma, facendo finta di dormire. Le molle del letto si abbassarono e il cuore iniziò una corsa ininterrotta.

«Ragazzina, neanche sai cosa mi stai facendo ma è sbagliato.» Riconobbi la voce di Caleb mentre mi accarezzava con dolcezza i capelli, il cuore mi rimbalzò per quelle parole e quelle carezze ma non durò molto poiché subito dopo si rialzò e quando sentì la porta chiudersi capì che se n'era andato.

Mi misi supina sul letto con una mano sul cuore che non voleva fermarsi dal correre velocemente e mi chiesi cosa era appena successo.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now