13° Capitolo - Il mio mondo è diverso dal suo

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«Dalla temperatura del corpo si può dire che è morto tra le dieci di ieri sera. I colpi di coltello che gli sono stati inflitti hanno reciso il fegato e il cuore, l'arma è presumibilmente è un coltello con la lama molto affilata.»

Marie ci spiegò alcuni dettagli del corpo mentre iniziavo a pensare a come era stato brutale l'assassino. Aggrottai la fronte notando dei tagli sul petto che formavano un reticolo.

«E quei tagli?» Chiesi, indicandoli con un cenno del capo.

«Ah sì! Sono stati fatti quando la vittima era ormai morta.»

Ringraziai Marie ed insieme a Melinda e Scott mi allontanai per poi iniziare a parlare.

«Secondo voi è una coincidenza che sia stato ucciso dopo che noi abbiamo iniziato ad indagare sulla Sanchez?»

Melinda scosse il capo in segno di negazione, mentre Scott restò assorto nei suoi pensieri.

Gli chiesi cosa aveva, da quella mattina era strano come se fosse in un mondo tutto suo. Mi guardò senza rispondere per poi allontanarsi.

Aggrottai la fronte non capendo cosa fosse successo, con cosa avessi sbagliato. Melinda mi rivolse uno sguardo dispiaciuto e tornò sulla scena, rimasi sola in mezzo al traffico di NY.

Mi avvicinai cauta a Scott e poggiai una mano sulla sua spalla, si girò di scatto come scottato.

«Cosa hai, Scott?»

Mi osservò aprendo continuamente la bocca ma senza emettere fiato, non volevo sembrare invadente ma era chiaro che c'era qualcosa che non andava e da come scappava ogni volta riguardava pure me.

«Hope, pensi che io sia stupido?» Ringhiò all'improvviso lasciandomi senza parole, non capivo a cosa si stesse riferendo, cercai di avvicinarmi per calmarlo ma tutto quello che ottenni fu un allontanamento maggiore da parte sua verso di me.

Abbassai la mano ed iniziai ad osservare il marciapiede in pietra, gli chiesi di cosa stesse parlando in un sussurro impercettibile.

Avevo paura che avesse capito su Caleb, che avrebbe raccontato al capo quel che avevo fatto, rovinandomi la carriera e mandando così in fumo tutti i miei sacrifici, tutte le notti passate a revisionare fascicoli e a sopportare il capo.

«Ti sembra che mi fossi bevuto la storia del voler stare da sola per un po' da tua zia? Che l'auto si era, casualmente, rotta nel Greenwich o vogliamo parlare dei fiori che ti ha mandato stamattina un certo Caleb, dicendo che ti voleva rivedere, preferibilmente nel Greenwich?»

Scattai come una molla al sentire di Caleb, ripetei la parola in un sussurro mentre il cuore iniziò a pompare ad una velocità disumana.

«Esatto, Hope! Dei fottuti fiori, ho fatto alcune ricerche ed è emerso che abbia precedenti penali. Hope, non puoi intraprendere una relazione con un criminale, cosa penserebbe il capo se ne venisse a conoscenza? Tu non appartieni al suo mondo, come lui non appartiene al tuo, sii razionale e magari prova a stare con qualcuno che non abbia precedenti di traffico di droga o che è in libertà condizionale!»

Le crude parole che Scott mi rivolse mi colpirono in viso come se fossi trafitta da cento lame, faceva male perché aveva dannatamente ragione e non potevo cambiare il destino e quel che eravamo.

Caleb probabilmente tra pochi anni sarebbe finito tra le sbarre, io non so dove sarei stata ma cosa avrei raccontato alla mia famiglia? Non c'era nulla che ci accomunava, lui era pieno di avidità e lussuria, puntava più sui soldi che su una vita in sé. Io ero per la giustizia, una donna a cui non importava il denaro che guadagnava ma il più grande premio era vedere le famiglie delle vittime in pace, il grazie che ricevevo ad ogni caso chiuso ricompensava le ore chiuse in ufficio ad esaminare le prove, le ore passate a casa con i fascicoli delle vittime e il pericolo d'ogni giorno che non smetteva d'inseguirmi.

«Non è come pensi.» Sussurrai senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi poiché ero una stupida, una stupida che voleva buttare tutto all'aria per un uomo.

«E com'è Hope, allora? Perché non l'hai denunciato, perché hai raccontato quelle bugie del momento di pausa, perché non riesci a guardarmi negli occhi e dirmi che non è vero?» Il suo tono a poco a poco si abbassò e finì in un sussurro.

Lentamente alzai lo sguardo e mi attraversò una fitta notando la disperazione nel suo sguardo.

Lui si era fidato di me, aveva fatto di tutto, sin dall'inizio, per proteggermi e mettermi alla pari con gli agenti, era stato l'unico maschio che all'inizio del mio servizio mi fece sentire a mio agio nonostante gli sguardi ostili da parte degli altri agenti e io l'avevo deluso.

Mi sentì insignificante davanti al suo sguardo accusatorio, mi sentì come se avessi deluso l'unica persona che aveva mai creduto veramente in me.

«Scott, non volevo deluderti.» Sussurrai mentre una lacrima mi rigò il volto.

Appena se ne accorse si avvicinò e con il pollice mi asciugò la lacrima.

«Non piangere, non mi hai deluso. Solo non buttare tutto all'aria per qualcosa che potrebbe anche cambiare. Non è l'unico uomo sulla terra e non devi dimenticarti chi sei tu, chi è lui ed i sacrifici che hai fatto per essere qui!»

Annuì alle sue parole perché infondo aveva ragione, dovevo lasciarmi alle spalle quel che era successo, non potevo permettere che un uomo rovinasse quel che mi ero costruita scrupolosamente in quei anni.

«Vedi quel corpo? - Mi chiese indicando la vittima, annuì - Dietro a quella vittima c'è una famiglia che aspetta che gli sia fatta giustizia. Tu sei Hope Anderson, la temuta ragazza detective degli omicidi e non dimenticare mai che tu stai salvando le anime delle famiglie delle vittime. Lui invece le toglie!»

Si avvicinò togliendomi una ciocca di capelli dal volto.

«Questo è il tuo mondo Hope e quello è il suo.» Sussurrò e mi abbracciò come per confortarmi.

In quel momento mi vergognai, sicuramente sembravo una donna attratta dall'uomo sbagliato che creava compassione verso di sé dagli altri. Si staccò sorridendo.

«Dai, andiamo a scovare l'ennesimo assassino.» Esclamò dandomi una pacca sulla spalla in segno di conforto.

Sorrisi cercando di essere il più credibile possibile e mi portai i capelli in una coda alta.

«Andiamo.» Risposi tornando vicino a Melinda la quale mi sorrise felice, ricambiai il sorriso per poi concedermi al lavoro.

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