15° Capitolo - Ritardi e stupori

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Lo squillare del telefono mi risvegliò dal mio sonno perfetto.

Era stato veramente perfetto, non ebbi incubi e dormì rilassata senza alcun timore o preoccupazione.

Vidi il nome Scott apparire sul display del telefono e risposi cercando di sembrare il più sveglia possibile.

«Hope, ma dove siete? Il capo è arrabbiato nero, non vi ha trovate a lavoro e ha detto di comunicarvi che se non vi sbrigate a venire sarete sospese per due settimane!»

Allontanai il telefono dall'orecchio per controllare l'orario e sgranai gli occhi nel vedere che ero in ritardo di tre ore.

Imprecai a voce alta, ringraziai Scott per avermi avvisata e chiusi la chiamata, saltai fuori dal letto e mi accorsi di Melinda che dormiva tranquilla sul letto.

Gridai il suo nome, si svegliò di scatto cadendo dal letto per lo spavento. Appena le comunicai il ritardo iniziò a dire parolacce a raffica cambiandosi i vestiti.

Arrivammo sul posto di lavoro ed iniziai a correre per le scale di fretta e furia ma all'improvviso sentì le mie Jimmy Choo scivolare sulle piastrelle marmoree, mi ritrovai a terra con una caviglia dolorante.

Un uomo si avvicinò allarmato e si chinò su di me, chiedendomi con fare preoccupato se stessi bene. Avevo la caviglia che pulsava per il dolore, la testa che mi girava ed ero dannatamente in ritardo, ebbi l'istinto di gridare contro quel uomo se stesse scherzando ma cercai di sembrare gentile.

«Sto bene, anche se penso di essermi rotta la caviglia.» Risposi ridacchiando per il nervoso.

L'uomo sorrise e prese la caviglia controllandola, l'osservai come se fosse un alieno non capendo cosa stesse precisamente facendo.

«Hai presto una bella storta, mi sa’ che ti farai un bel po' di settimane a casa in ferie!»

«E lei chi è, un dottore per decretare cosa dovrei fare?» Sputai acida come se mi avesse appena insultato.

Vidi l'uomo rabbuiarsi e per un istante mi sentì in colpa ma tutto cambiò quando mise le mani sui miei fianchi, mi spostai come scottata guardandolo di traverso.

«Mi spiace signore ma non mi sembra il caso che lei mi tocchi!»

L'uomo rise come se avessi detto la battuta del secolo e questo non fece altro che alimentare la mia rabbia.

«Signorina, se mi permette vorrei presentarmi, sono Daniel Cornwell, un dottore con esperienza, marito del suo capo e con l'intuizione abbastanza buona da capire che adesso mi rivolgerà come d'altronde ha già fatto mezzo edificio le sue scuse dicendo che non accadrà più.»

«Stia tranquillo che non le rivolgo nessun tipo di scusa, non m'importa chi lei possa essere anche se è il marito del mio capo, questo non le conferisce di certo il diritto di compiere azioni poco gradevoli da parte mia!» Esclamai, mi alzai con la testa alta ed iniziai a camminare zoppicante lasciando Cornwell stupito.

Entrai al primo piano, trovando come al solito colleghi indaffarati ai computer, il rumore della porta che si chiuse fece girare quasi tutti verso di me ed iniziarono ad analizzarmi.

Non avevo di certo un bel aspetto con una Jimmy Choo in mano e i capelli arruffati.

«Al primo che dice una parola pianto il tacco di questa scarpa nell'occhio!» Esclamai mostrando la scarpa e muovendola.

Tornarono di scatto tutti a guardare i loro computer e mi diressi verso il mio ufficio sospirando, ero solo all'inizio e già mi sembrava che il tempo non passasse più.

Il telefono fisso posto sulla mia scrivania squillò, afferrai la cornetta rispondendo con mio grande dispiacere capì che era il capo su tutte le furie, mi sorbì la ramanzina e cercai di chiudere la conversazione scusandomi ma questo sembrava non far altro che alimentare la sua rabbia e quindi decisi di rimanere in silenzio ed aspettare che fosse lei a finire e chiudere la chiamata, quando chiuse per poco non ci credetti, odiavo il capo ma nonostante ciò adoravo il mio lavoro e se volevo continuare a svolgerlo quello era il piccolo pegno da pagare.

Il display del mio telefono si illuminò facendomi capire di aver ricevuto un messaggio, aprì la cartella pensando fosse un collega ma rimasi sorpresa nel vedere che il destinatario, non era altro che Caleb.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now