12° Capitolo - Nuovi inizi

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«Hope!» Appena varcai le porte metalliche dell'ascensore sentì qualcuno gridare il mio nome e mi girai di scatto, vidi Melinda camminare spedita verso di me.

«C'è stato un altro omicidio sempre nel Greenwich. Io e Scott stavamo andando sulla scena, vieni pure tu?» Chiese, nei suoi occhi vidi la preoccupazione verso di me pensando che io non volessi andarci.

«Melinda, sto bene. Vi chiedo a tutti di trattarmi come un comune agente di polizia!» Esclamai, lasciando di stucco l'intero ufficio.

Scossi la testa, mentre scrollai le spalle e cercai di calmarmi.

«Verrò, non ti preoccupare per me.» Continuai, con calma. Melinda annuì in uno stato ancora di shock.

«Sappiamo già chi è la vittima?» Chiesi, cercando di fare conversazione e magari di farla risvegliare ma tutto quel che ricevetti fu un cenno col capo in segno di negazione.

Roteai gli occhi, mi avvicinai abbracciandola e mi scusai. Mi spintonò leggermente sorridendo come se non fosse successo nulla.

«Oh, ma ti pare!» Esclamò dandomi un pugnetto sul braccio.

Mi lasciai andare in un’espressione da ebete rimanendo sbalordita per il suo improvviso cambiamento d'umore.

«Dov'è Scott?» Chiesi non avendolo visto, dopo che arrivammo nell'ufficio sparì nel nulla.

«Non l'ho ancora visto, non è venuto con te?»

«Esatto ma non so dove è andato.»

«Sarà negli archivi, stiamo cercando di risolvere quel caso su Taylor L. Sanchez.» Annuì e andai nel mio ufficio trovandomi una pila di fogli sulla scrivania, osservai i fogli con la bocca spalancata.

La porta si chiuse di scatto con un grande tonfo e mi girai trovando il capo con un sorriso sulle labbra guardarmi con aria di sfida.

«Detective Anderson, lei si è assentata dal lavoro senza alcun permesso o avviso e quindi mi sono permessa in qualità di capo di lasciarle il lavoro arretrato sulla scrivania. Spero che arrivi a revisionare questi fascicoli, entro . . . - guardò l'orologio dorato al polso - oggi. Le auguro buon lavoro.»

Se ne andò, lasciandomi sola nell'ufficio con una pila di fogli che sicuramente alcuni non erano neanche da revisionare ma scartare, questa era stata la sua vendetta, sentì il ticchettio fastidioso dei suoi tacchi e strinsi i pugni sedendomi davanti alla scrivania e prendendo in mano il primo fascicolo.

Le ore passavano lentamente, ogni volta che guardavo l'orologio appeso al muro mi sembrava di vedere sempre la stessa ora. Gli occhi iniziarono a chiudersi da soli, ed iniziai a sentirli pesanti, tanto pesanti.

«Una mezz'oretta di sonno cosa potrà mai essere!» Dissi a me stessa posando le braccia sulla scrivania e mettendo la testa sopra di esse, fu così che caddi in un sonno profondo.

«Hooope!» Una voce squillante gridò il mio nome e desiderai solo che non fosse realtà.

Nonostante ciò fui costretta ad aprire gli occhi e di scatto alzai la testa dalla scrivania. Notai Melinda insieme a Scott osservarmi ridacchiando.

«Chi è stato?» Chiesi ringhiando riferendomi al grido.

Si fermarono di colpo ed iniziarono a guardarsi l'un l'altro con fare colpevole.

Scott era più tranquillo nonostante guardasse tutto tranne me mentre lei traspariva il suo nervosismo dal tremolio delle sue mani.

«Prova a rifarlo un'altra volta e non avrai più problemi in ufficio per essere una delle poche donne come agenti.» Esclamai lasciando intendere che l'avrei fatta diventare maschio.

Melinda deglutì per poi rispondere riferendomi che era ora di andare sulla scena.

Mentre eravamo nell'ascensore Melinda si rigirava le ciocche dei capelli mentre Scott con le braccia incrociate al petto appoggiato alla cabina guardava davanti a sé, assorto nei suoi pensieri e alla fine c'ero io che battevo la suola della scarpa sul pavimento in moquette per l'ansia.

«Era vera quella cosa di prima?» Chiese all'improvviso Melinda, guardandomi.

Annuì, non risparmiandole una delle mie occhiate più truci.

Si lasciò andare un oh sorpreso e tornò a guardare la moquette.

Il Gusto Del ProibitoWhere stories live. Discover now