32° Capitolo - Vino rosso al gusto di risate

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«Sai, quando ero piccola mia mamma mi richiamava sempre perché avevo l'abitudine di nasconderle tutto quando non ottenevo ciò che volevo!» Esclamai ridendo, Caleb mi seguì a ruota e pensai che nonostante tutto non era poi così male caratterialmente.

«Io non mi posso lamentare, ero un piccolo combina guai ma nonostante ciò i miei genitori non mi diedero mai neanche uno schiaffo, ho bei ricordi di loro posso dire.» Sentì la sua voce affievolirsi a mano a mano che finiva la frase, dedussi che non aveva più una famiglia e mi sentì per un attimo scomoda per l'atmosfera che aleggiava nell'aria.

Da ciò che mi disse capì che il suo carattere duro era una montatura, una sopravvivenza, qualcosa che non rappresentava il suo essere ma la sua immagine e reputazione e senza volerlo mi sentì cattiva ad averlo giudicato e attribuito insulti e parole poco cortesi.

«Caleb, quando sono morti i tuoi genitori?» Gli chiesi con voce amichevole, ebbi la voglia di stringergli forte la mano ma la trattenni soffocando il formicolio che sentivo ai palmi con una stretta ferrea al vestito che indossavo.

«Ero piccolo, un giorno prima del mio ottavo compleanno furono uccisi per mano di un narcotrafficante avendo numerosi debiti da saldare che purtroppo mio papà non riuscì poiché gli affari di famiglia iniziavano ad andare in discesa sempre di più, assistetti al loro omicidio e nonostante siano passati moltissimi anni ancora me lo ricordo come se fosse ieri.»

«E quando hai iniziato ad avere giri poco puliti?»

«Cos'è un interrogatorio? Non ce la fai proprio a mettere da parte il tuo lato investigativo neanche ad un appuntamento, Hope.» Esclamò ridendo, pensai che aveva proprio ragione, quando iniziavo avevo il vizio di non fermarmi più, mi dissi mentalmente di darmi una calmata altrimenti sarei rimasta da sola a mangiare al Beauty Shine Restaurant.

Quando la serata finì Caleb mi riportò a casa, mi sorpresi del fatto che ero stata bene, odiavo ammetterlo a me stessa ma aveva uno strano potere su di me e sul mio umore.

Entrai in casa con un sorriso dipinto in volto che non mi piaceva per nulla e mi buttai sul divano pensando che avevo portato al termine un'altra giornata sfiancante.

D'improvviso il mio telefono prese a squillare e il nome di Melinda illuminò lo schermo, pigiai sul tasto verde.

«Hope, è da un'ora che provo a chiamarti, dov'eri?»

Avere Melinda come amica era peggio di una mamma iper-protettiva.

Cercai di sdrammatizzare dicendole che ero uscita a prendere una boccata d'aria ma con i suoi occhi che ti guardavano dall'alto in basso per capire se stessi mentendo non fu facile e perciò alla fine le raccontai tutto, appena finì la sua reazione fu uno schiaffo forte dietro la testa, così forte che sentì la pelle bruciare per non so quanti minuti, da lì capì che non era molto felice della mia scelta di dare una chance a Caleb.

«Ti sei bevuta il cervello, per caso?» Esclamò infuriata, non avevo mai visto Melinda così arrabbiata, di solito quando facevo qualche marachella delle mie riusciva sempre a rimanere calma e rispondermi in modo pacato, in quel momento invece se avesse potuto mi avrebbe appesa a testa in giù come un salame alla porta.

«Non ho fatto nulla di esagerato, ho solo accettato una cena con lui.» Risposi ovvia, ciò bastò per ricevere un altro schiaffo dietro la testa, solo che il successivo fu ancora più deciso e forte del precedente.

Mi lamentai per il dolore alzandomi di scatto dal divano e iniziando a girovagare senza meta nel salotto aspettando che il dolore scomparisse.

«Forse non ti sei resa conto che quel tuo amico o Dio sa' cosa è sotto gli occhi del nostro capo per presunto spaccio di droga, rapimento e se vuoi posso anche continuare la lista e tu che fai? Ci esci come nulla fosse come se fosse un normale ragazzo conosciuto ieri ad un bar ma tu vuoi seriamente che io ti strozzo!» Finì urlando facendomi risuonare i timpani da quanto era squillante la sua voce quando urlava, cercai di calmarla dicendole che il suo passato non c'entrava nulla con me e capì che forse mi sarei dovuta stare zitta.

«Hope, non ti ho mai urlato in questo modo, neanche quando mi hai rimpicciolito le mutandine nella lavatrice che quella mattina non avevo neanche altri cambi per andare al lavoro ma stavolta l'hai fatta grossa e se ancora continuerai a vederlo, se il capo lo dovesse scoprire io non potrò difenderti.»

Quella volta parlò con un tono di voce più calmo, a modo suo cercò di farmi capire che avrei dovuto mettere un punto a tutta quella situazione che si stava creando con Caleb.

Ma come avrei potuto mettere fine se ormai iniziato a sentire che non mi sarei potuta dividere tanto facilmente da lui?

Il Gusto Del ProibitoOnde histórias criam vida. Descubra agora