...SONORA.

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Nessuno ricorda cosa sia accaduto dopo quella strage.
Ci rimase impresso solo quel bagliore, poi più nulla.
Tutti si sono svegliati il giorno dopo nella propria casa, nel proprio letto.
Non è che mi interessi molto di ciò, ora ho altro a cui pensare.

Slender ha ordinato ai suoi proxy di controllare l'intera foresta, per prevenire qualunque attacco da parte di corpi armati e di forze esterne.
I suoi fratelli sono tornati alle loro rispettive magioni.
Tutti gli assassini sono in addestramento e in un continuo controllo.

Quando mi sono svegliata, uscendo dalla stanza ho incrociato il suo sguardo.
Era in stato confusionale come me dopotutto.
Da quello che mi ha raccontato lui e Zalgo erano accorsi alla centrale scientifica.
Non abbiamo più rivisto mio padre da quel giorno.

Ora sono sola, cammino per la foresta immersa dal buio di questa notte senza stelle.
Non so spiegarmi come sia possibile che io continui a provare rabbia, continuo a bramare vendetta eppure ho fatto giustizia. Ho ucciso tutti quegli uomini, ho aspirato tutte quelle anime.
Ho accompagnato all'inferno quell'uomo.
A ripensarci, mi torna alla mente quel istante.
I suoi occhi color ambra che racchiudono quell'immagine, una ragazzina.

Dirigendomi verso il confine, dove gli alberi si ritirano e sono bloccati dall'asfalto, mi ritrovo a guardare il vecchio parchetto dalle giostre nuove.
Le case intorno non sono più logore e distrutte, o ricoperte da crepe. Sono nuove.
Da quello che sentono i miei sensi, la piccola cittadina è tornata a vivere. Umani sono tornati ad abitare queste lunghe e strette vie, lontani dalle grandi città.
Cattiva scelta.
Chi mai andrebbe a vivere su un terreno come questo? Dove si è visto esplodere il potere di una piccola ragazzina, che secoli addietro spazzò via le anime dei precedenti abitanti.

Le altalene cigolano, danzando avanti e indietro.
Il vento caldo che spira da sud smuove la mia chioma corvina e anima gli steli scuri dell'erba.
Prima di dirigermi al mio solito posto controllo che non ci sia anima viva nei paraggi.
Non ho voglia di sentire delle grida di paura per via del mio aspetto.

Mi accomodo sull'altalena sospirando in modo malinconico, notando di avere i ginocchi quasi all'altezza del petto.
Ascolto attentamente l'aria, spiccando un sorriso invisibile per il silenzio che mi circonda.

Non ho la minima idea di dove iniziare la mia ricerca, desidero soltanto trovare quel faccino da bambina tra la folla.
Anche se dubito che il destino mi riservi una missione così facile da compiere.

Dei leggeri passi iniziano ad udirsi in lontananza, sbircio in quella direzione per accertarmi che non ci sia qualche minaccia.
Quello che vedo mi rilassa, una piccola sagoma formata da una lunga macchia bianca è in avvicinamento.
Lascio perdere capendo che non ha alcuna intenzione di attaccarmi.
Mi rizzo sulla schiena e guardo il bosco.

I passi ormai sono vicini, attutiti dal l'erba del parco.
Un leggero cigolio e tintinnio di catene mi avverte che, quella "cosa", si è accomodata sull'altalena affianco.
Dò una rapida occhiata, muovendomi con moderazione noto che una piccola umana è accomodata sulla giostrina.
Riprendo il contatto visivo con il nulla.
Attraverso la foresta con gli occhi e mi perdo nei miei pensieri, senza dare importanza a ciò che sto osservando.
Un bagliore bianco illumina metà del mio viso.
Stranita rivolgo il mio volto sù nel cielo.
Una nuvola grigia, portatrice di pioggia, si è diradata permettendo al leggero bagliore della luna di raggiungere il suolo, andando a scontrarsi con la mia carnagione cadaverica.

Un forte senso di preoccupazione si fa strada nel mio petto.
Ho paura che la piccola bambina vedendo il mio volto che non c'è, si spaventi e inizi ad urlare.

-ciao...- un suono dolce e sottile mi fa sussultare spezzando il corso dei miei pensieri.
Mi volto verso quella piccola creatura, lei mi guarda senza timore. Non vedo paura o terrore nei suoi languidi occhi.
Questi sono di un colore a me molto familiare.
Lo stesso colore che presentavano i miei, strano e malinconico, di un grigioverde schiarito con un leggero segno di azzurro.
I suoi capelli, smossi da una leggera folata di vento umido, sono di un castano chiaro.
La sua pelle è olivastra in forte contrasto con la mia. Indossa un leggero abito da notte, spiegazzato dal letto su cui stava dormendo poco fa, bianco e da chiazze grigie di incuria sugli orli.
Le sue gambe ondeggiano spensierate, quasi senza vita, con i piedi scalzi drizzati a terra.

Non rispondo al suo saluto, lascio che il silenzio mi separi da lei.
Anche se sento che ci sia qualcosa in lei che ho già visto da qualche parte.
Ma cosa e dove ho già ammirato di lei?

Corrugo la fronte stranita e in conflitto con i miei ricordi.
Osservo nuovamente quel piccolo faccino e vedo qualcosa nelle sue pupille nere.
Tristezza che aveva colpito qualche giorno prima il mio duro cuore.
Era lei, la bambina di circa 6 anni seduta nell'altalena affianco, dagli occhi del diavolo quale ero diventata.
La figlia di quel umano, O'Connor.
Il destino mi ha fatto un favore per una buona volta.
L'ho trovata.
Subito una scossa di felicità mi fa drizzare il busto.
"Contegno Blum, non impazzire!", mi trattiene la mia coscienza.
Tranquillizzandomi sistemo la cravatta bordò con l'indice e il pollice.

-come ti chiami?- continua quella voce soave, pur non avendo sentito risposta da me.
Ora non vorrei essere scortese, con una piccola creatura come lei, e nemmeno aggredirla per avere di nuovo vendetta su suo padre.
Non ne so il motivo ma, sento che devo proteggerla.

-mi chiamo Blum- rispondo io con un flebile filo di voce.
Un sorriso dolce e tiepido si forma sulle sue labbra, a guardarlo mi sento calma e serena.
-mi piace il tuo nome, il mio è Sonora- va avanti lei con un accento acuto nella voce.
Al suo parere sento le mie guance scaldarsi, fortunatamente il colorito della mia pelle non accenna a dare espressione delle mie emozioni.
Grazie a questo mi salvo dall'imbarazzo.

Lei continua a dondolarsi lentamente, provocando uno stridore di catene, guardandomi con espressione felice e persa.
Io ricambio il suo sguardo, cercando in qualche modo di capire quale pensiero le stia passando per la mente.
Non ce la faccio, i suoi occhi sembrano sbarrarmi la via dei suoi ricordi.

Una nuvola nera copre nuovamente il piccolo spiraglio che i raggi di luna si erano conquistati.
La luce chiara abbandona il mio volto appena in tempo.
La ragazzina si volta, improvvisamente richiamata da una voce in lontananza, il suo sorriso si spegne come foglie al vento.
I miei sensi percepiscono solo un piccolo stridio che pian piano si definisce e diventa chiaro.
Una voce adulta la chiama per nome.
-scusa ma devo andare...ci rivedremo di nuovo un giorno?- lei mi guarda, i suoi occhi imploranti e luminosi.

-certo...- la mia voce risponde senza il mio consenso e senza rendermene conto, ho dato per certo a un altro incontro fra me e lei.
Avrei potuto dire "forse" o semplicemente "si" andandomene poi con l'amaro in bocca sapendo di aver mentito.
Ma no, ho messo una certezza nelle sue piccole mani, non potrò mai riprendermela e darla per falsa.

Lei mi da le spalle e si dirige verso la via di casa, a raggiungere il lettino. La veste sottile che ondeggia alla leggera brezza.
Mi rialzo dall'altalena e mi blocco sul marciapiede ad osservarla andarsene.
Con mia grande sorpresa e stupore, rivedo il suo volto sorridente prima che lei si immetta nel viottolo della sua abitazione.

Si era girata a salutarmi.

Don't forget my eyesWhere stories live. Discover now