SOLDATI BIANCHI

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IV PARTE-SCP FOUNDATION

Tutto è silenzioso intorno a me. Gli alberi tacciono al mio passaggio e il suolo si fa calpestare dalla mia rabbia, che invano cerco di trattenere rinchiusa nel più profondo delle mie membra.
Sento la camicia farsi sempre più stretta intorno al mio petto, il foulard bordò sembra stringere in una morsa il mio collo. Sarà pure agitazione o nervosismo il mio, ma mai sarà paura ciò che provo ora.
Guardo davanti a me, focalizzandomi sul luogo e spiando da lontano quei piccoli puntini bianchi che se ne stanno tranquilli, mentre avanzano verso la loro meta.
Una folata d'aria gelida mi riporta alla mente le parole di una promessa, fatta qualche ora prima.
"Promettimi di non morire" disse con voce severa, ma il suo comportamento era tutt'altro. I suoi gesti erano premurosi e il suo ultimo sguardo alla sua amata era stato bollente.
La mia mente sa bene che quel momento sarà il ricordo che riuscirà a tenermi sveglia, vigile su ciò che mi faranno. Le sue parole, lui mi aiuterà a rimanere cosciente per dieci lunghi giorni.
Spero valga lo stesso per lui...non riuscirei a sopportare l'idea di vederlo straziato per l'attesa...per la solitudine.

Odo un rumore di catene, camion che lentamente schiacciano i nostri terreni come gli stivali di quei soldati armati.
Mi avvicino sempre più, preparandomi all'assalto.
I loro pensieri sono tranquilli, ignari di ciò che si cela in questa foresta.
Vedo immediatamente un effetto della mia presenza. Un uomo si accascia al suolo, un'altro si tappa la bocca tenendo a freno i conati di vomito. Altri mettono le mani sulle armi cercando di sopportare il dolore della loro mente, ignorando a stento l'emicrania atroce che si fa più intensa. Tutti si guardano attorno, capendo in che circostanza si trovano. Sono stati ben addestrati, a quanto pare...ma non saranno mai preparati ad affrontare la morte.
Un istinto omicida pervade e cerca di appropriarsi la mia concentrazione, andando ad attaccare la mia sanità mentale.
A tale sconvolgimento dei miei pensieri, ripenso al piano. Non devono alludere ad un attacco calcolato, devo farmi catturare senza dare l'idea di un piano prestabilito.

Mi nascondo dietro il sottile tronco di un albero, mentre osservo le mosse impaurite e falsamente calcolate dei soldati. Si aggirano intorno ai camion che continuano ad avanzare, come proteggerli da attacchi esterni.
Analizzo l'interno di ogni mezzo e rilevo la presenza di molti strumenti scientifici, armi e gabbie da contenimento.
Distogliendo lo sguardo mi accorgo di un uomo, vicinissimo a me che guarda fra gli alberi. I suoi occhi opacizzati da un timore, nascosti da un occhiale a specchio.
Ne approfitto per uscire allo scoperto.
Cammino con tranquillità davanti ai suoi occhi, uscendo da dietro l'albero e guardando di scorcio la sua piccola figura bianca.
Per un istante rimane congelato sotto al mio sguardo, lasciandosi bloccare dal forte fischio che perfora le sue orecchie.
Preme il grilletto del fucile, dei proiettili si fermano per un istante davanti al mio corpo, permettendomi di teletrasportarmi altrove.
Mi smaterializzo davanti alla fila di camion, facendo inchiodare un mezzo. Alzo la mano sinistra e un calore si sprigiona dal motore dell'auto. I soldati saltano fuori dal mezzo, troppo lenti per schivare l'esplosione che, al contrario, non mi sfiora.
Gruppi di uomini armati corrono e cominciano ad infierire, con proiettili e lame affilate, credendo di potermi scalfire.
Un soldato armato di bianco sfodera un lancia fiamme, che alla mia presenza si tramuta in un arma incontrollata, di fuoco nero.
Amplifico le mie urla sorde, i suoni dello spazio circostante, mandando in tilt i sistemi nervosi di alcuni soldati che cadono inermi a terra, scossi da onde elettriche.
Mi teletrasporto affianco ad altri mezzi, evitando un attacco ravvicinato. Sono ancora illesa da i loro svariati tentativi di annientamento. Sembrano seguire uno schema studiato, alternando raffiche di proiettili e folate di fuoco ardente.
Credono forse di star combattendo con qualcuno che hanno già incontrato in passato.
-schema di attacco contro SCP-000 fallito!- sento urlare dietro le mie spalle, una voce impaurita.
Volto lo sguardo e noto un soldato parlare ad un telefono, o meglio ad una ricetrasmittente. Faccio cadere immediatamente la linea, fondendo con l'elettricità i sistemi e i circuiti interni. Una scossa azzurra intrappola il corpo dell'uomo, si avvinghia alle sue carni e lo circonda.
I miei sensi tremano appena mi rivolto, una rete metallica si lancia verso di me. Inutile tentativo di farmi nuovamente cadere in trappola. La rete e le catene si bloccano davanti al mio corpo, sospese per aria, immobilizzate su una barriera invisibile. Sento dello stupore nei loro pensieri, c'è chi crede di aver davanti un'altro SCP molto simile a quello nominato prima, altri temono di aver scoperto una specie similare ma di elevata forza mentale...sciocchi, questi erano soltanto giochetti per i vostri occhi, penso ridendo avidamente e con gusto.

Forse avrei dovuto risparmiarmi quel pensiero, o forse anche quello era progettato nel piano di cattura. Fatto sta che conclusa una risata roca, un suono di rilascio, delle catene scivolano dall'alto, segue la mia confusione di sensi. Rabbrividisco sapendo ciò che sta per accadere...mi lascio andare.
Freno l'istinto di teletrasportarmi, anche solo di allontanarmi con tre passi, da quella trappola che crolla dall'alto. Scivola nell'aria e quasi con troppa lentezza, una scatola di ferro che mi copre con un totale velo di buio. Il terreno vibra sotto il suo peso.
Di certo avrei potuto camminare e trarmi in salvo. Ma il primo passo del piano era una cattura abbastanza semplice...in modo da distruggerli poi mentalmente, davanti alla nostra potenza e aggressività omicida. In modo tale da lasciarli senza fiato, totalmente.

Sono caduta in una trappola...ma ancor prima, li ho rinchiusi tutti in un enorme trappola mortale.
Io sono la semplice esca...che rinascerà tra le catene come la morte in persona.

Don't forget my eyesWhere stories live. Discover now