LITIGIO

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Mi dirigo verso casa immersa in una foresta fredda e buia. Per mia fortuna non incontro nessuno, ne persone di passaggio ne altri di guardia.

Provo una stretta alla bocca dello stomaco che stringe e mi impedisce di parlare.
Mi sento così strana.
Un vento gelido si insinua tra il colletto della camicia e la pelle del mio collo, facendomi rabbrividire.
I muscoli si percuotono per poi tornare insensibili e molli.
Sono così stanca.

Mi teletrasporto alla porta d'ingresso accorciando così il tempo che avrei perso camminando.
Afferro la maniglia gelida ed apro l'ingresso.
Una luce gialla e soffocata illumina il salotto, non voglio incontrare nessuno e non intendo parlare. Cerco di camminare il più piano possibile per non far rumore, così da non avvertire quel qualcuno che se ne sta sulla sua poltrona a leggere un libro.
Imbocco il corridoio prima che si accorga della mia presenza, so di essere dalla parte del torto. Attraverso l'ombra, nascosta dalla parete.

-con chi stavi parlando?- sento una voce risuonare dalle pareti, fredda e decisa.
Sapevo che se ne sarebbe accorto, diamine ora mi toccherà dargli una spiegazione.
Torno sui miei passi e mi affaccio al salotto, trovandomi lui con la faccia immersa tra le pagine del libro. Quasi mi chiedo se sia stato lui a parlare o qualcun altro.

-si, la domanda te l'ho posta io Blum. Allora, chi era a farti compagnia?- fa sempre più insistente e freddo.
Si alza dalla poltrona nera chiudendo il libro e riponendolo nella libreria.
Si volta verso di me, siamo divisi dal divano e da qualche metro, lui si accinge il petto con le braccia incrociate mentre io mi faccio sempre più stretta nelle spalle, aspettandomi il peggio.

-ecco...non stavo esattamente "parlando"- rispondo io con voce bassa cercando di evitare una strigliata. Mi sembra di essere tornata all'età di 15 anni, quando tornavo a casa tardi e mi ritrovavo mio padre e mia madre a farmi l'interrogatorio.
-non mi interessa se stavi parlando o meno, voglio sapere chi era- continua, trattenendosi dall'urlare.
-unabambina...era, una bambina- parlo veloce, ma dalla sua espressione scandisco meglio le parole.
-mh...per caso era posseduta da un demone, o magari era un'assassina a me sconosciuta?- fa lui cercando di mettermi alle strette. Odio quando mi fa domande stupide solo per darmi a intendere che vuole sapere tutto.
Sospiro.

-era una bambina di 6 anni, tutto qui. Ma se vuoi saper di più...è la figlia di quell'uomo- spiego io con fare acido. Lui sussulta e fa scivolare le braccia lungo i fianchi, ormai sa chi intendo indicare con quel espressione.
-vuoi dire...tu non ti avvicinerai mai più a quella bambina, siamo intesi?!- sbotta, evitando di pronunciare il suo nome e profilandomi un "ordine", per non dire punizione.
-so badare a me stessa! Cosa credi che possa farmi quel povero essere umano?!- gli urlo contro.
Non voglio che mi dica ciò che devo fare o cosa è meglio per me, so fiutare da sola il pericolo e in questo caso non sento nessun tipo di minaccia.
E, anche se fosse saranno loro ad essere nei guai.

-non importa, una bambina è capace di far chiamare rinforzi, basta solo che dica tutto a sua madre perché tu sia alle ristrette e non voglio che ciò accada! Non vorrai mica tornare ad essere una potenziale risorsa esplosiva? Pronta ad essere utilizzata in guerra?!- perché deve sempre farmi ricordare il passato?
-mi prendi per stupida?! So cosa sta accadendo in quella casa e di certo la madre non sta chiamando la polizia. Anzi ti dirò di più, sta rimboccando le coperte alla figlia. Ora se solo tu mi lasciassi spiegare...- riprendo per poi essere bloccata.
-no Blum! È troppo pericoloso, possibile che tu non lo capisca?!-
-certo che capisco, sei tu quello che non vuole ascoltarmi! Magari ho in mente qualcosa per quel piccolo essere umano, non ci hai pensato? Se no, perché mai sarei andata a correre dei rischi?- urlo allargando le braccia per la frustrazione.
Sento il mio respiro restringersi nei polmoni.
Una piccola goccia nera si affaccia dalla mia pelle lattea.
Perché sto piangendo?
Non ne capisco il motivo.

-Blum...- la sua voce cambia radicalmente, da fredda a dolce.
Ha notato di certo la lacrima bloccata tra il baratro e la mia pelle dura.
Lui fa il giro del sofà per poi affiancarsi a me.
Tengo la testa bassa, mi sento così stupida.
Un contatto caldo con la mia guancia mi fa tremare, la sua mano adagiata sul mio volto accarezza dolcemente la pelle fredda.
Stupita dal suo gesto lo guardo in volto, il suo sguardo sembra catturato dal mio.
Con un gesto dolce e lento, avvicina il pollice alla lacrima e la trascina come per portarsela via.

Mi lascio cullare da quel sottile sfioro.
Adagio le mie braccia lungo il suo petto reggendomi sulle sue spalle con le mani.
Senza accorgermene appoggio il volto sull'incavo del suo collo, subito sento un aura di caldo riscaldarmi.
Lui, quasi per consolarmi dalla mia tristezza impregnata di stanchezza,  mi cinge i fianchi con le sue braccia facendomi avvicinare ancor di più a lui.
Lo sento sostenermi con gioia e dolore.

-mi sei mancato...- leggero sussurro che ci stringe tra noi.

Don't forget my eyesDär berättelser lever. Upptäck nu