OMBRELLI NERI SOTTO LA PIOGGIA

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Il tragitto in macchina è stato lungo, straziante e troppo silenzioso. Il sole non sembra quasi esserci, come assente ma costantemente acceso di luce. Un sole irreale nel cielo, che guarda tutto e tutti con notevole indifferenza.
Lei guarda fuori dal finestrino, quando l'auto imbocca il viale in sassi e contornato dai cipressi, che si innalzano al cielo con le loro punte.
I giorni passati, dopo quella dura ed orribile scoperta che ha avuto in classe, sono stati pesanti, carichi di tensione e dolore. I pensieri si erano fatti sempre più cupi e tristi, soprattutto vedendo quella lontana chat in cui lei l'aveva avvertita...aveva cercato d'aiutarla, ma a nulla era servito. Le mattinate a scuola trascorrevano lentamente, ancor di più alla vista del banco vuoto al suo fianco, che poi fu tolto.
I pomeriggi li aveva passati lontana dagli altri, chiusa in casa cercando di non vedere altre foto che la ricordassero. Tutto ciò era straziante, ancor di più con il caldo che si era fatto sentire in modo accelerato...una calura innaturale che le premeva la mente e il petto.
I giorni passarono con difficoltà pure per gli altri amici, non un messaggio o una parola che potesse ricondurla alle loro menti.
I discorsi si facevano corti e freddi, anche se tutto ciò sarebbe scivolato via dalle loro menti, con lentezza...il tempo di assorbire l'idea di una perdita così vicina e sarebbero stati "meglio", così pensavano.

Attraversando l'arco che dava l'accesso al cimitero, un'aria fredda e carica di memorie colpì i volti dei ragazzi. A passo lento e quasi trattenuto, obbligato ed imposto, si avvicinano alla cerchia di persone vestite di nero.
Nessuno sguardo viene scambiato, prima ancora di vedere lo scuro legno della piccola bara.
Gioia cerca rassicurazione e conforto negli occhi di Isabelle, mentre Sarah e Jack guardano la superficie, liscia e lucida, di quel soggetto che vi è al centro. Un mazzo di fiori bianchi schiarisce quella vista scura, appoggiati sopra il coperchio chiuso della bara.
Sarah si lascia sfuggire uno sguardo, verso la madre dell'amica che seduta se ne sta affianco al prete, con la mano occupata da un fazzoletto bianco. Alla vista di una lacrima la ragazza abbassa nuovamente il viso, lasciando dell'intimità alla donna.
Le parole del prete scorrono dentro e fuori le loro orecchie, troppo occupati ad attutire il dolore ed a frenare le lacrime, che sempre riaffiorano ad ogni ricordo.
Prima del termine Isabelle si allontana senza guardare e salutare, esce lentamente dal cimitero andando a nascondersi in un angolo.
L'aria fredda scivola sulla pelle coperta di nero dei presenti: amici, parenti e qualche professore.
I petali dei fiori vibrano alle leggere folate di vento, liberando il loro profumo neutro e cristallino. Le lapidi chiare ed ingrigite se ne stanno solitarie nei dintorni, con i loro fiori secchi e colorati, appassiti dall'odore della morte e dalle memorie che risalgono dal terreno.

Terminata la cerimonia funebre, la bara rimane ancora per un po' sospesa nel vuoto, sopra la buca buia e fredda. Il prete prima di andarsene rimane a dire una preghiera tra se e se, muovendo leggermente le labbra ad occhi chiusi, e stringendo tra le dita i grani bianchi e trasparenti del rosario. I familiari si dirigono a testa china verso l'uscita, dopo aver dato un'ultimo sguardo alla gelida casa di morte. I parenti più stretti si avvicinano al coperchio e porgono delle rose su di esso, andandosene poi tenendo strette le lacrime salate. Alcuni guardano i ragazzi con sguardo comprensivo e addolorato.
Il posto si fa freddo e desolato, i cinque si sparpagliano intorno alla cassa, scambiandosi degli sguardi di sfuggita. Da lontano Bethany scorge la figura di Isabelle, la ragazza sta tornando dopo essersene stata nascosta con il volto in mano, reprimendo le lacrime e i pensieri tristi.
-scusate, ma non reggo molto questo genere di momenti...- dice sottovoce, scostandosi un riccio biondo dall'occhio. Tutti quanti sanno che intende, Gioia annuisce comprendendo puramente ciò che la ragazza cerca di dire. D'altronde, nessuno lì avrebbe resistito ancora davanti agli altri.
-nemmeno sua mamma ha resistito...se n'è andata subito...- informa con voce roca Sarah, ricordando il volto pallido e stravolto dai segni di insonnia della donna.
-...povera...- sussurra al vento Jack, guardando il suo riflesso nel colore scuro della bara.
Un momento di silenzio, si sente il vento che scosta i capelli sui volti dei ragazzi. L'aroma dei fiori bianchi che ancora riflettono la luce del sole, si perde per un ultimo attimo nell'aria...quei fiori tanto odiati da Sarah.
-Celeste dov'é...?- chiede Gioia guardandosi intorno, notando solo ora l'assenza della compagna.
-se n'è andata con i suoi genitori...non riusciva più a rimanere qui a guardare- risponde Bethany, guardando il cielo che velocemente si è andato scurendo.
-...un po' la capisco- conclude Gioia, per poi tornare nel silenzio.
I cinque rimasti si scambiano un ultimo sguardo, uno con l'altro si augurano mentalmente buona fortuna e forza per superare tutto questo.

La prima a lasciare gli altri è Bethany, che si dirige verso la macchina dei suoi genitori, pronta a richiudersi in se stessa e a guardare l'anime preferito dall'amica che è venuta a mancare...in sua memoria.
Seguita da Gioia, che affiancata da Isabelle scambia delle ultime parole, che non arrivano alle orecchie degli altri.
-ci vediamo...- saluta amaramente Jack, con occhi freddi ed una crepa interna invisibile ai loro sguardi. Lascia sola Sarah, che rimane con i suoi pensieri ed una rosa nera nella mano.
Le ciocche ramate coprono ad intervalli i suoi occhi scuri e dalle luci ambrate. Rivolge quello sguardo gelido ed offeso al cielo, coperto da nubi nere che subito lacrimano pioggia amara e calda. Il sole finalmente esprime la sua tristezza, per quel momento buio.
Guarda contrariata quel superiore divino, che sente averla abbandonata...si chiede perché abbia lasciato la sua amica, ad un fato così orribile ed ingiusto.
Le prime gocce picchiano le guance della ragazza, le altre la carezzano per poi ferirla e bagnarle il corpo.
Abbassa il viso e schiude le labbra morbide e rosate.
-so che ti piaceva tanto quella tua rosa nera, ma l'ho bruciata...- rivela ad una presenza assente.
-...ho tinto i petali di una rosa bianca per farmi perdonare, spero ti piaccia...- continua sentendosi ascoltata dall'amica...il cui corpo giace all'interno di quella piccola cassa scura. Per un momento, un semplice letto agli occhi di lei.
Si sente ascoltata e così, con gesto solenne e mente distaccata...fuggita...alza il braccio ed apre la mano, lasciando cadere sul coperchio liscio e bagnato la rosa nera.
Con passi leggeri, corpo ed animo pesante, si allontana da lì diretta all'arco in cemento bianco.
Lasciandosi dietro un'amica, una compagna che dorme disturbata e senza quiete.
Le lacrime del cielo si riversano sui petali tinti di nero della rosa...una scia scura di colore si disperde dalla corolla soffice.
Delle lacrime nere scivolano sulla bara, insinuandosi all'interno e congiungendosi con le lacrime ghiacciate della ragazza morta.

Lacrime che si specchiano sulle guance del fantasma, che assiste con indifferenza e ricordi opachi che si frantumano nel suo petto trasparente.
Un petto con una voragine nera...un abisso freddo contornato da crepe nate dall'odio e dal dolore, che inizia a riaffiorare dalla sua carne invisibile.

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