DIPINTO DI MORTE

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Una voragine avvolta dalle fiamme, pareti scure dalle sfumature bluastre che circondano quel luogo. Dei fumi verdi si aggirano sopra le fiamme, sembrano radiazioni.
Nel buco nero e rosso d'inferno, un omino in nero cade al suo interno, sospeso nell'aria. Un'altro, una donna dalle enormi ali nere, cerca di raggiungerlo tuffandosi nell'abisso incandescente e radioattivo.
Macerie grigie e nere riempiono gli angoli della stanza crollata, tutto nell'immagine dipinta.

-scusa, me ne sono accorto solo ora- dice avvicinando il viso al mio, rendendosi conto della mia "assenza".
Sono sconvolta e inquieta.
Come ho potuto dipingere una cosa del genere, da dove ho ricavato tutto ciò?
Quell'immagine, da dove l'ho tirata fuori? Dove l'ho vista?
Ricordo solo di averla in mente fin dal mio risveglio.
-però...non capisco- dico io con un fil di voce. La mia fronte si corruga di stress e di incomprensione.
-cosa?- domanda Slender al mio fianco. Sento che anche lui si sta leggermente preoccupando.
-quell'ombra bianca...cos'è?- chiedo stranita, indicando uno sbuffo chiaro di bianco e grigio sulla superficie del dipinto.

Sembra avere una forma precisa che io non riesco a cogliere, come un velo bianco. Questa figura se ne sta sull'orlo del precipizio, guardando in basso verso le altre due figure che precipitano.
Che sia stata quella figura a provocare tutto ciò, tutto quel caos nel quadro?
Che c'entra e con che cosa ha a che fare?
-Blum...- inizia lui a bassa voce.
-si?- domando io, cercando di farlo procedere nel parlare.
-devo mostrarti una cosa...devo portarti in un posto...- continua, ora mi sta facendo preoccupare più del dovuto.
Lo osservo, guarda con espressione persa il pavimento, sembra concentrato fra i suoi pensieri.
Oppure è allarmato.

-dove siamo diretti?- la mia voce risuona sola nell'aria della foresta.
Entrambe siamo in cammino, da più di mezz'ora, verso una meta a me sconosciuta.
Gli alberi che ci circondano non sono più di un colore vivo, verde e marrone, sono grigi e scuri.
Sembra che siano andati a fuoco, eppure non l'avevo mai notato.
La foresta diviene sempre più tetra e desolata, fredda e inquietante.
Nessuno risponde alla mia domanda e questo mi turba.
I rami secchi si spezzano sotto i miei tacchi, mi sfogo con questo gesto.
Come spezzare le ossa di qualche vittima.
A questo mio pensiero e illusione, un brivido psicopatico percorre i miei arti.
Sto cambiando...sto perdendo la me stessa che avevo conosciuto mesi fa.

-Blum, non voglio che tu prenda paura o che ti senta a disagio, o peggio. Non volevo portarti fin qui per farti ricordare il dolore e tutto ciò che ti hanno fatto. Ti ho portata fin qui perché, credo ci sia qualcosa che tu debba vedere- dice lui in mia risposta, la sua voce è seria e dura.
Ora so dove vuole andare a parare, dove siamo diretti.
Non avrei mai pensato di ritornarci qui...in questa prigione.

Un edificio grigio e sporco di fuliggine, dev'essere andato a fuoco.
Le finestre sono spaccate e pezzi appuntiti di vetro si ergono ancora in bilico al loro posto.
La porta principale è aperta e il metallo è piegato su se stesso, un anta è scardinata ed ora giace inutile al suolo.
Il cortile che circonda il laboratorio è seminato di detriti e resti di corpi in decomposizione. L'alto muro che racchiudeva l'area è stato abbattuto, ed ora solo piccoli tratti dividono la centrale dalla foresta.

Un nodo serra la mia gola, impedendomi di parlare e respirare normalmente. Il petto si alza e abbassa ripetutamente, il mio respiro si fa affannoso.
La vista diventa sfuocata e davanti ai miei occhi rivedo il mio operato avvenuto mesi prima.
Provo ancora quella sensazione di vendetta contro quegli esseri, contro il dolore e gli incubi che mi hanno fatto subire.
Un gusto amaro si scioglie sulla mia lingua, i palmi della mie mani diventano freddi e gocce di sudore gli rendono fastidiosamente scivolosi.
Istintivamente allargo il nodo del mio foulard bordò, che ho stretto intorno al collo della camicia.
Non è un calore improvviso che provo, ma un colpo di paura.

Lui mi osserva comprensivo, quasi lo vedo rattristarsi, forse in pena per me e per avermi portata qui.
In questo antico e doloroso ricordo.
Mi afferra la mano, fregandosene appieno dell'umidità, me la stringe sotto le sue fredde dita affusolate.
Questo suo gesto mi rassicura un poco, è dolce da parte sua mostrami che lui c'è e ci sarà nel momento del bisogno.
Mi volto verso il suo pallido viso, lo guardo e cerco di mostrargli il mio sorriso incerto.
So che non riuscirebbe a vederlo, la mia pelle spessa non mi permette di mostrare le emozioni.
Comunque, lui sembra avermi capito e aver notato il mio intento.

Procediamo, avvicinandoci all'ingresso mano nella mano.
Io non lascio la sua, lui rimane lì per confortarmi e trasmettermi forza.
Dò una rapida occhiata al suolo.
Macchie nere dalle sfumature cremisi tingono ancora il bianco pavimento.
Ossa ricoperte da brandelli di pelle in decomposizione, arti squarciati che mostrano l'interno, con i tessuti  scuri e maleodoranti di morte.
Respingo con forza un conato di vomito, per l'odore insopportabile e pungente che aleggia nell'aria.
Sento della disperazione crescere attorno al mio cuore colmo di odio.
Mi sento triste per ciò che ho fatto, eppure se ne avessi l'opportunità lo rifarei...dovevano pagarla cara, per ciò che mi hanno fatto.

Ci immergiamo nella gelida ombra del corridoio principale. Lui sembra condurmi, come se fosse già stato qui.
Conosce la strada e sa dove portarmi.
Mi lascio guidare, osservandolo da dietro, continua a stringermi forte la mano come trascinandomi.
Sembra avere fretta, come se non avessimo ancora molto tempo.
Forse teme qualcosa alle nostre spalle, che continua ad avvicinarsi silenzioso.
Qualcosa a me ignoto.
Le pareti sono ricoperte di polvere che gratta il mio sensibile olfatto.

Saliamo per una lunga via di scale ricoperte di cartacce giallognole, le parole si possono ancora leggere.
Vari oggetti sono sparsi per gli scalini, abbandonati dai propri padroni che nella fretta gli lasciarono soli al suolo.
Bloccandoci davanti a una porta socchiusa, annerita e logora, prendiamo entrambe un respiro.
Lui sembra prepararsi per mostrami qualcosa di sconvolgente, io cerco di rilassarmi e di trattenere quell'irrefrenabile istinto di sopravvivenza.

Una vocetta nella mia testa cerca di convincermi alla fugga.
Metto a tacere quella voglia di correre via da questo luogo, anche se preferirei essere altrove. Scappare nella foresta e rifugiarmi fra le sua braccia calde, che ora mi spingono dentro quella stanza.
Una scelta piuttosto allettante, peccato che io sia più forte.
Cerco di essere coraggiosa, anche se, devo ammetterlo, questa volta per me è difficile tenere a freno le mie gambe.
Un tremito si fa più forte e brusco, scuote le mie mani e le gambe vacillano.
Sudore freddo ricopre la mia pelle gelata.

Sento qualcuno abbracciarmi da dietro, due braccia avvolgono il mio petto e riscaldano il mio cuore impaurito.
Mi dice all'orecchio in un sussurro dolce e piacevole -ci sono io qui con te, non aver paura, è tutto finito ormai- le sue parole sciolgono i miei tremiti.
Un soffio gelido fa rabbrividire la pelle del mio collo, il suo respiro risveglia la decisione che c'è in me.
Il mio corpo e le mie sensazioni si quietano del tutto.
Afferro la maniglia arrugginita della porta e la apro lentamente con fare indifferente e freddo.
Solo con le sue parole, i miei pensieri e il mio modo di fare è cambiato del tutto.
Lui è e sarà l'unico in grado di dominare il mio potere...la me che si nasconde sotto questi strati di anima nera.

Don't forget my eyesWhere stories live. Discover now