PERICOLO IN AGGUATO

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La madre era tornata a casa da lavoro da ormai dieci minuti. Aveva aperto la porta ed aveva ancora le chiavi in mano, quando chiamando sua figlia le rispose soltanto il vuoto silenzio. Saliva le scale al buio pensando a cosa poteva essere accaduto. Perché sua figlia non aveva risposto? Doveva essere in casa, pensava. Arrivata in soggiorno, notò che le finestre erano ancora aperte e da esse entrava quel freddo, che ancora si fa sentire nelle prime notti di primavera. Avrebbe dovuto chiuderle la figlia almeno un'ora fa o prima, vista la pioggia di metà pomeriggio.
La chiamò ancora per nome, in cerca di qualche rumore o di una flebile risposta.
Nulla si sentì e questo la fece preoccupare ancor di più, le si raffreddò il sangue.
Imboccò il corridoio, verso la camera della figlia. Si era fermata davanti alla porta socchiusa, attraverso lo spiraglio aveva visto del bianco. C'era buio anche in quella camera quando aprí la porta.
Ciò che vide la confuse e le scombussolò i pensieri.
Il letto, il pavimento in parquet e la scrivania della ragazza erano ricoperti da fogli stropicciati e accartocciati. Fogli bianchi attraversati, marchiati e riempiti dai stessi segni. Al primo impatto le erano sembrati scarabocchi di penna nera, rossa e qualche volta blu.
Le era parso di vedere un campo da guerra, o come se dalla finestra fosse entrato un tornado e avesse sparso tutti i disegni della figlia.
Ma la cosa che era successa, era ancor più strana ed insolita di tutto ciò.
Pronunciò nuovamente il nome della ragazza, un po' di silenzio ed un mugolio flebile si sentì lì vicino. Un suono soffocato, quasi strozzato.
Girò attorno al letto, totalmente bianco e macchiato da linee rapide e ripetute.
E fu lì che la vide.
Il cuore le era scivolato in gola, il suo fiato si era spezzato ed era svanito al di fuori delle sue labbra. I suoi pensieri e paure si erano bloccati, per poi ripartire più forti e carichi di dolore.
Ansimava, si dimenava in modo bloccato...il suo corpo era percorso da brividi e scosse. Le sue mani si muovevano a ritmo identico, tracciando sui fogli righe e righe nere. Disegnavano la stessa cosa contemporaneamente...le pareva di vivere un sogno, sarebbe stato meglio se fosse stata tutta un illusione.

Ora, la donna scuote il corpo inerme della figlia. Guardando i suoi occhi bianchi, vuoti ed opachi con le vene pulsanti, cerca di trattenere le lacrime attendendo l'ambulanza, che poco fa aveva chiamato in preda al panico. La tiene per le spalle, tirando il suo corpo freddo e pesante a se. Singhiozzando sente i mugolii sommessi provenire dalle labbra schiuse e martoriate della figlia, mentre le sue mani non smettono di scrivere e scrivere. Quel gesto lo giudica insensato, ignora ciò che la mente le sta ordinando di fare e che così le sta facendo disegnare. La madre non nota per il buio e per la paura ciò che la figlia cerca di dirle, di comunicare ed avvertire.
I suoi arti si muovono velocemente a scatti mossi da paura ed inquietudine, comandati da scosse.
Le mani girano e incidono, si sporcano con l'inchiostro e sbavando il tratto della penna sul foglio spiegazzato.
La donna attende, con un mare di paura che si scatena nel suo petto facendole battere il cuore molto forte, l'arrivo di quella tanto attesa ambulanza.
Teme non ce la faccia. Le sembra siano passate ore dalla chiamata, ha paura che tutto ciò sia frutto del duro destino.
Una donna forte come lei, in momenti simili sente di arrendersi e ancor più vuole lasciarsi andare, ma non lei e soprattutto non ora.
Tiene stretta a se la figlia, tenendo sotto controllo il battito del suo cuore sempre più forte ed accelerato. Una cosa che la fa pensare, si domanda se tutto ciò è normale...prende in considerazione l'idea di un semplice e tremendo incubo. Ma anche se fosse, qui e in questo momento non può lasciarla andare, per niente al mondo.
Tende l'udito e le orecchie, cercando un suono in lontananza che cresce.
È la sirena, un'ambulanza sfreccia sulla via diretta alla loro casa.
La donna si fa forza prendendo in braccio il corpo, sempre più freddo ed agitato della figlia. Non bada al peso, ne al dolore, alla paura che le fa tremare la voce, non teme il buio che le rende ceca la strada...una madre non teme ostacoli per la vita dei propri figli.

Precipitandosi a passi lenti all'entrata di casa, aggrappa a se il corpo della ragazza ed urla. Chiama gli infermieri in camice che stanno scendendo dall'ambulanza. Vede quattro figure balzare fuori dallo sportello spalancato, e a rilento correre verso di lei. I volti che le guardano e le voci che la attirano a loro.
Le luci rosse e blu lampeggiano davanti ai suoi occhi bagnati, abbagliano e spaccano il buio che copre tutte le figure. Danzano nell'aria pronte ad accogliere la vita, ad aiutarla.
I camici azzurri sventolano all'aria gelida, delle piccole gocce scendono dalle nubi grigie nel cielo. L'acqua tocca, bagna e scorre sulla pelle bollente delle persone. I passi pesanti sull'asfalto, l'aria che soffoca il respiro della donna compreso quello della ragazza.
La donna corre e si butta verso i salvatori, lascia nelle loro mani la vita della figlia ormai ferma e immobile. La sua pelle scivola dalle sue braccia a quelle dell'uomo che le sta davanti. La trattiene ancora a se cercando di richiamarla, ma sente che sarebbe meglio salutarla. I loro corpi si dividono, il contatto si spezza e si perde.
Guarda a bocca aperta quelle persone trasportare sulla barella il suo corpo.
I capelli appiccicati al volto ed umidi, il vento freddo che agita le fronde degli alberi e trasporta via foglie verdi.
Assiste pietrificata e senza fiato, vede lo sportello chiudersi dopo il corpo tremante e pallido della figlia. Le nuvole si accumulano e si scuriscono sopra le loro teste, pronte a riversare il loro pianto sulla terra ed accompagnare quello della donna. Un'aria pesante preme su quell'atmosfera, già troppo irreale per esser vera.
Le sirene si riaccendo e con uno stridio di ruote si allontanano.
La vede partire, scorrere sulla strada bagnata...la vede sfrecciare verso il paradiso.

Le ali nere si sono spiegate e calano, pronte ad afferrare e a far scivolare nel loro abbraccio un corpo debole e tanto atteso.

Don't forget my eyesWhere stories live. Discover now