LACRIME DI DOLORE

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Il sole risplende fuori dalla finestra, indifferente di ciò che è accaduto, non curante del dolore che preme nel cuore della donna, che si accascia sulla porta.
Nessun urlo, solo ansimi e respiri soffocati. Non può neppur parlare, sibilare una dolce parola...il dolore la soffoca e le stringe la gola. Lacrime acide e bollenti, scivolano sulle sue guance tirate in una smorfia di sofferenza, scottano la pelle rosea che presto diviene rossa. Cerca di avvicinarsi aggrappandosi allo stipite in legno della porta, agita le mani nella sua direzione credendo sia solo un illusione...ma un miraggio non è, purtroppo per lei. Cerca di chiamarla a se, di svegliarla prendendo le sue braccia fredde. Pesante e senz'anima, i suoi occhi opachi la guardano chiedendo perdono...dicendo ti adoro, ti voglio bene mamma.
Le lacrime si riversano sulle lenzuola tinte di rosso, secche ed orribilmente ruvide. Si tingono e bagnano il sangue, come quel rivolo cremisi che esce dall'occhio e si mischia col rosso dei capelli.
Un occhio solcato, in due si è spaccato.
La donna abbraccia e scalda il corpo esanime della figlia, un corpo vuoto che vorrebbe tanto ricambiare l'affetto. La sua testa si appoggia sul cuscino, affianco all'altra dalla morbida e colorata chioma. Si domanda se fosse cambiato qualcosa, se l'avesse impedito...se solo non se ne fosse andata. Se solo fosse rimasta, con lei quella notte. Guarda con odio, implorando spiegazioni, la catasta di simboli neri che sta silenziosa ai piedi del letto.
Non riesce a parlare, il dolore la rende muta. Non una dolce parola potrà sibilare, a quel fantasma che la guarda.
Il fantasma non parla...ma piange parole di perdono e d'amore, rivolte a quel dolore.
-addio...mamma...- un pensiero d'orrore, per la separazione.

La professoressa entra nella classe, le voci si abbassano fino a tacere, mentre gli alunni si mettono al loro posto...un solo banco rimane vuoto.
Gli occhi della ragazza volano sui visi dei suoi amici, in cerca di qualche risposta e del perché...non c'erano mai state assenze da parte sua, pensa. Non può averla presa, si dice.
Si mettono seduti, intanto la professoressa inizia l'appello, chiamando per cognome ogni studente. Un ragazzo dai lunghi capelli, si volta guardando interrogativo la ragazza.
"Lei dov'è? Sta male?"si domanda, l'amica comprende al volo e con un cenno lento nega.
"Non so...non so nulla."
Lui voltandosi, rivolge lo sguardo alla bionda al suo fianco che lo guarda in risposta. La domanda è già stata fatta, nessun'altra sa qualcosa. Le ragazze dall'altro lato, quella preoccupata che si lascia leggere il viso, quell'altra cerca di pensare positivo ma non è il meglio che riesce a fare. Davanti, ai primi banchi una compagna cerca conforto...cerca un motivo a quel banco vuoto.
L'appello è stato fatto, un nome saltato...per sempre cancellato.
Un espressione di rammarico, una brutta, bruttissima notizia porta tra le sue labbra ritenute acide da loro.
Un risolino e dei sorrisi ridenti, incoscienti degli avvenimenti. L'altro lato della classe scherza e parla liberamente, mentre la notizia viene fatta presente.
-la vostra compagna, Sonora Webster, ci ha lasciato questa notte...- una voce solitamente fredda si rivela spezzata e addolorata, la professoressa Pole parla.
Gli occhi si spalancano, le lacrime vengono trattenute...non tutte.
Le labbra di lei fremono, come le pupille nere vibrano realizzando il fatto.
Avrei dovuto avvertirla prima...avrei potuto fare qualcosa, pensa illudendosi.
Le dita tintinnano sul banco di legno verde, gli occhiali si abbassano per lasciar spazio al fazzoletto bianco. La mano si poggia e si incastra nella gonfia chioma azzurra, la testa bassa e lo sguardo perso...rubato dal dolore.
Quattro occhi che cercano di rimanere assenti, trattenendo le lacrime a stenti...si sentono morire a momenti.
Un cuore spezzato, non si ode il suo rumore..tanto acuto per qualcuno.
Una risata a voce alta, si impianta nella mente della ragazza.
Jessica non comprende l'errore assurdo che ha commesso, certo avrebbe dovuto stare attenta e all'ascolto di alcune parole.
Una sedia stride sul pavimento, una veloce mossa e la ragazza dell'altro lato è già in piedi. Passi veloci e un suono tirato, si percuote sulle pareti e sui volti dei presenti.
Sarah si è alzata ed ha mollato uno schiaffo, sullo zigomo dell'odiata compagna.
-possibile che pure in questi momenti, tu e tutte le tue altre troiette dobbiate fare le galline! Dovreste scambiarvi i pettegolezzi dei vostri ragazzetti altrove!- urla in faccia all'altra, che si tiene la guancia rovente, con sguardo stupefatto a bocca aperta. Le altre tacciono e Gioia si paralizza in piedi, nel tardo intento di bloccare il suo istinto di furia.
-dannazione! È morta una tua compagna di classe...Sonora è morta renditene conto!!!- le sputa in faccia queste parole, prima di voltarsi e ripercorrere il tragitto, fino al suo posto...con una lacrima nell'occhio. Sedendosi, ancora con lo sguardo velenoso, guarda davanti a se, oscurando con la rabbia il dolore che si pianta nel suo cuore.
Sguardi cechi ma presenti, si scambiano questi. Si guardano, cercando conforto per un cuore rotto. Il sole scaglia i suoi raggi gialli e caldi, sulle guance e sugli sguardi dei ragazzi. La donna in piedi non sa che altro dire, del resto come gli altri.
Il cielo limpido e contornato da qualche nuvola, non degna attenzione per quell'amara situazione. Ai suoi occhi, il sole sembrerebbe ridere per ciò.
La ragazza guarda fuori dalla finestra, scorgendo un gatto giallo nell'erba alta...una voce dolce si insinua nella sua mente, da un ricordo rinasce un discorso.
"Guarda, c'è di nuovo il gatto!"
Una voce familiare, come quella figura che non vede adombrare, dietro un albero ad osservare.
La guarda...e sa che presto l'avrà al suo fianco.
-...Sarah...-

Don't forget my eyesWo Geschichten leben. Entdecke jetzt