18 - L'Astra Pub

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3 Gennaio 2002 (Prima Parte) 

Erano passati due giorni da quella fatidica vacanza ed ero rientrata nella mia routine familiare. Quegli strani momenti vissuti alle sorgenti di Limes sembravano già vaghi ricordi.

Ero stata assorbita dall'affetto e dalla preoccupazione dei miei genitori e del mio piccolo fratellino. Al mio rientro avevano organizzato una festa con tutti i parenti ma poi, riconoscendo la mia spossatezza, mi avevano lasciata riposare per il resto della vacanza.

Solo Nicolò, mio fratello, aveva interrotto le mie dormite e mi aveva fatto divertire sfidandomi a giocare coi suoi videogiochi. Aveva esordito dicendo che, dopo tutti i mesi che ero stata lontano per università, dovevamo recuperare. Per questo motivo, nei due giorni successivi giocammo insieme notte e giorno, sotto lo sguardo più sereno di mia madre, che così poteva tenerci d'occhio entrambi.

Quella sera ormai spossata dalle troppe ore passate di fronte ad uno schermo, venni convinta dai miei amici a passare una serata tranquilla all'Astra, il pub del paese. Mi vestii serena di ritrovarli, di tornare a comportarmi come se nulla fosse successo in quel capodanno, come se fossi sempre la solita Alice. E forse era davvero così poichè arrivai  con il mio solito ritardo all'appuntamento.


La neve in paese era illuminata dalla luce gialla dei lampioni e l'atmosfera era riscaldata dallo sbuffare caldo dei comignoli sopra i tetti delle case. Attenta a non scivolare sulle lastre di ghiaccio che si erano formate qua e là per le gelate notturne, mi diressi verso il pub.

Avevo sempre amato l'Astra. Lì ero andata per il mio primo caffè con le amiche, avevo preso la mia prima birra e la relativa prima ciucca, lì avevo spiato di nascosto la mia prima cotta al liceo e sempre lì avevo ricevuto il mio primo invito ad una festa. Era un posto davvero familiare per me e amavo che lo fosse anche per i miei amici. Entrare dentro l'Astra era come ritrovarsi a casa, in una casa comune che tutti condividevamo.

Per questo, appena entrata, fu strano notare le luci abbassate, la musica spenta e il bancone di legno quasi vuoto. C'era un'atmosfera diversa, orientaleggiante, densa di un profumo speziato come di bastoncini d'incenso lasciati ad ardere. L'unico gruppo di persone presenti era seduto al tavolo in fondo all'angolo a sinistra, il nostro solito tavolo. Convinta si trattasse dei miei amici mi diressi verso di loro per chiedere spiegazioni, possibile che quella fosse una delle serate speciali a tema dell'Astra ?

Quando giunsi nei pressi del tavolo però, mi resi conto di essermi sbagliata. Gli unici presenti nel locale erano quattro uomini robusti, coperti con strani mantelli, dall'aria aggressiva. Sembravano quasi uscire da un raduno a tema storico ed uno di loro stringeva per il polso una donna avvolta anch'essa in un mantello grigio, dal cui cappuccio sfuggiva una ciocca di capelli di un biondo quasi bianco.

Mi allontanai confusa, avvicinandomi al bancone per cercare il barista ed aspettare i miei amici, stranamente in ritardo anche loro. Fu mentre pensavo a quanto sarebbe stato divertente organizzare una festa a tema che udii distrattamente le parole di uno degli uomini seduto al tavolo.

- O ci dici dove si nasconde o per te finisce male stasera!-

Mi voltai incuriosita e vidi che si stava rivolgendo alla donna, il cui sguardo fiero non sembrava essersi smosso di un centimetro per quelle minacce.

-E' lui che temo, non di certo voi.- commentò sprezzante la donna, provando a divincolarsi dalla stretta.

Uno degli uomini le afferrò il mantello sollevandolo fin sopra la spalla nuda:- E' inutile Valerio, lo vedi il tatuaggio? E' una delle loro puttane ormai.-

Mi voltai verso il bancone preoccupata: quelli non erano certo discorsi da pub e la donna mi sembrava in evidente difficoltà. Non vedendo arrivare il barista, mi sporsi sul legno per cercare  il campanello con cui eravamo soliti chiamarlo.

- Attento a come parli Sven, è pur sempre mia sorella.- disse con rabbia l'uomo che stringeva il polso alla donna. Era alto e possente, dai capelli biondo chiaro raccolti in un codino, ed il suo volto era attraversato da una strana cicatrice che proseguiva perdendosi lungo il collo. Gli occhi cupi dell'uomo si rivolsero più pacatamente alla sorella: - Siby che tu collabori o no, questa sera lui morirà e morirà per causa tua.-

Ormai le mie orecchie erano tese verso quel tavolo, mentre mi guardavo attorno cercando un telefono disponibile per chiamare i soccorsi.

Lo sguardo della donna, questa volta spaventato, si posò su quello che si dichiarava suo fratello:- Che vuoi dire?-

L'uomo di nome Valerio spiegò sottovoce:- Lo hanno tradito, gli hanno detto che ti hanno presa e visto il mostro che porti in grembo non penso ci vorrà molto prima che impazzisca e perda il titolo.-

La donna si portò istintivamente una mano al ventre e solo allora notai il suo avanzato stato di gravidanza.

Avevo sentito e visto abbastanza. Del barista non c'era traccia e nessun altro nel locale sebrava intenzionato ad intromettersi. Decisa a cercare aiuto mi sporsi sul bancone per prendere il telefono che avevo finalmente scorto, quando sentii un rumore sordo di vetri rotti e mi voltai spaventata.

Uno degli uomini aveva rotto una bottiglia e la stava puntando minaccioso contro la donna e suo fratello.

Incapace di trattenermi mi voltai di slancio gridando: - Fermatevi!-

Con la mia solita grazia, mi sporsi dallo sgabello per fargli segno di fermarsi e scivolai giù cadendo rovinosamente a terra, battendo la testa.

Chiusi gli occhi dal male e quando li riaprii notai le luci accese nel locale e vidi un Marco seriamente preoccupato sorreggermi per la schiena:- Ali ti senti bene?-

Chiusi gli occhi dal male e quando li riaprii notai le luci accese nel locale e vidi un Marco seriamente preoccupato sorreggermi per la schiena:- Ali ti senti bene?-

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